Un nuovo teste salverà i fratelli condannati all'ergastolo a Cuneo?

Un nuovo teste salverà i fratelli condannati all'ergastolo a Cuneo? Un nuovo teste salverà i fratelli condannati all'ergastolo a Cuneo? Scontano la pena per un duplice omicidio commesso a Cherasco nel '45 - Un detenuto scrive ai difensori: «So che sono innocenti, posso provarlo» - Deciderà la Cassazione (Dal nostro corrispondente) Cuneo, 5 ottobre. Un nuovo teste si è inserito nella vicenda dei due ergastolani di Cherasco, i fratelli Giovanni e Mario Mina, i quali da quindici anni si battono invano — unitamente alla vecchia madre — per provare la loro innocenza. I Mina erano stati ritenuti responsabili dell' uccisione dell' agricoltore Giuseppe Marengo e del figlio Vittoria e del ferimento dei due bimbi di quest'ultimo. Il delitto avvenne la sera del 20 settembre 1945 nella campagna di Cherasco. Due uomini armati di mitra penetravano nella cascina abitata dal Marèngo per commettere una rapina e scaricavano le armi sul Marengo e sui suoi familiari, che erano stati costretti ad addossarsi ad un muro con le mani alzate. Uno degli scampati, Giuseppe Marengo, indicò ai carabinieri Mario Mina. Arrestati, i due fratelli negarono. Un loro amico, Giovanni Fissore, anch'egli arrestato, spiegò che la sera del delitto egli era rimasto a far da « palo »: per questo fu condannato a sedici anni di carcere. Una prima istanza di revisione del processo era stata respinta nel 1954 dalla Supre-1 ma Corte, che non aveva attribuito alcun valore alla confessione resa in punto di morte, a Porto Azzurro, dall'ergastolano Zaverio Bono, il quale 1 aveva scagionato i fratelli Mi¬ nbLnaddcssdsus1uèPptzs 1 hanno na attribuendosi la responsabilità del crimine di Cherasco. Le circostanze della confessione e le infruttuose indagini avevano indotto i supremi giudici a confermare il verdetto di Cuneo. «Nessun elemento nuovo»: con questa formula furono respinti anche i successivi passi dei Mina e della loro madre. Probabilmente identica sorte sarebbe toccata anche a una nuova istanza che la Cassazione dovrebbe discutere il 18 ottobre ma in questi giorni un < espresso » di Mario Mina è giunto, dal penitenziario di Procida, all'avv. Dino Andreis, patrono dei due ergastolani. La missiva contiene una lettera indirizzata al Mina da un detenuto nel carcere di Saluzzo, Giovanni Cavallini. Costui spiega rli essere stato tempo fa compagno di cella di Giovanni Fissore — il presunto complice dei due fratelli — e di averne raccolto le confidenze. Stando al Cavallini il Fissore gli avrebbe raccontato che la sua confessione di diciotto anni fa non fu sincera; gli. sarebbe stata strappata dai carabinieri dopo sfibranti interrogatori. La lettera del Cavallini cpsì conclude: * Tutti quelli che \i conosciuto sanno che voi due siete innocenti. Anch'io ne sono fermamente convinto e perciò voglio prestarmi a far qualcosa per far risultare la vostra innocenza». L'avv. Andreis si è affrettato ad inoltrare il documento alla cancelleria della Suprema Corte, chiedendo nel contempo il rinvio dell'udienza del 18 ottobre. Le speranze dei fratelli Mina si sono rafforzate. Ma sarà sufficiente l'intervento del recluso di Saluzzo perché si celebri uri nuovo processo? n. m.