Atene, Saluzzo e Parigi erano rappresentate nelle feste di Certaldo per onorare il Boccaccio

Atene, Saluzzo e Parigi erano rappresentate nelle feste di Certaldo per onorare il Boccaccio ===== Giornata di alta cultura \n un'atmosfera di sagra paesana =========== Atene, Saluzzo e Parigi erano rappresentate nelle feste di Certaldo per onorare il Boccaccio Il 650° anniversario della nascita dello scrittore è stato commemorato, nel suo paese, con un convegno internazionale - Ma, accanto ai dotti discorsi, c'è stato un vero spettacolo, con la recitazione di novelle « mimate » - Tornato il silenzio, qualcosa resta: una bella mostra di arte toscana (Dal nostro inviato speciale) |Certaldo. settembre, .Grande giornata dei classici è stata questa domenica: Pico a Mirandola, Matteo Bandello a Castelnuovo Scrivìa, il Bodonl a Saluzzo, e a Certaldo il Boccaccio. Cosicché gli studiosi, le pazienti autorità ufficiali, i colti in genere e i curiosi erano sparsi un po' dappertutto, e si aspettavano magari in un luogo quelli che erano impegnati in un altro. Quanto al Boccaccio, si trattava del 650° anniversario della sua nascita (1313), ma a Certaldo il suo poeta si celebra, da qualche tempo, pressoché annualmente, è quasi una tradizione, e quest'anno era solo qualcosa di più, per il quale s'era addirittura costituito un comitato nazionale, occasione di un impegnatissimo discorso di Raffaello Ramat, insigne docente dì lettere italiane in Firenze. Discorso che spero di leggere pubblicato, perché, tra il bel sole che bruciando stancava un poco e il chiassetto dei bambini che sporgevano divertiti le teste dalle fine strelle delle vecchie torri in torno, poco si è potuto senti re. Ma la festa c'è stata, con quel tono familiare che prendon le cose nei paesi di To scana. Intanto il paese è bel lissimo. < Certaldo, come voi forse avete potuto udire, è un costei di Val d'Elsa posto nel nostro contado, il quale, quantunque picciol sia, già di no bili uomini e d'agiati fu abi tato »: così; il Boccaccio, là do ve parla di frate Cipolla. E' sopra un colle in mezzo a un gorgo di altri colli che si mol tiplicano a perdita d'occhio, con infilate di cipressi, e l'orizzonte ne è tutto chiuso. Da un lato si profilano in lontananza le torri di San Gimi gnano. Verso le 10 del mattino, tra una doppia schiera di popolo, un corteo di gonfaloni, prece duti dagli squilli delle clarine 'argentee dei donzelli di Fi¬ |renze, si mosse per la via Boc.caccio, dov'è la casa natale di quel grande, la quale via ascen: i n l ' n , a a , e de, tre le case e le torri antiche rossastre di mattoni, fino al palazzo vicarile tutto costellato, di stemmi e tondi di maiolica a colori. Là, su un rialzo e sotto una tettoia di legno, li attendevano i maggiorenti, l'oratore ufficiale, gl'invitati e l'attore Arnoldo Foà vestito di un robone rosso e un tocco nero in capo, preparato a leggere le novelle del Boccaccio, fingendosi, credo, il novellatore in persona. Venivan su con passo solenne gli uomini in costume coi vessilli delle città e delle province: poiché quest'anno la pensata fu che partecipassero alla celebrazione (bene e liberalmente organizzata) le rappresentanze di quei luoghi dove il Boccaccio era stato o che aveva nominato nei suoi racconti. Perciò mi rallegrai che ci fosse anche il Piemonte, col gonfalone dì Saluzzo perché, vi ricorderete, la storia di Griselda di Saluzzo (anzi, pare, di Villanovetta) chiude il Decameron: lo chiude con un esempio di fedeltà severa, di sopportazione quasi eroica che insomma fa onore alla nostra più piccola patria. Per la stessa (ragione era presente il sin daco di Atene, aveva mandato un telegramma la città di Parigi (ci si ostina a supporre che il Boccaccio, da amore il legittimo del padre, vi sia na to), e non so per quale altra ragione ho visto un giapponese, forse uno studioso. E' stato dunque un omag gio non solo italiano al Boccaccio, significantissimo, poiché, come ha scritto il nostro Sapegno, l'Europa intera si è potuta riconoscere nella ricreazione fantastica, operata dal Boccaccio, di una civiltà, « la quale contiene in germe tutto lo sviluppo della storia moderna *. Il prof. Carlo Pel legrini, che presiede l'Ente nazionale Boccaccio istituito nel '58, ha annunciato pro¬ grammi vari di lavoro, tra l'altro un grosso volume già pronto sul Certaldese, a cura di studiosi di tutto il mondo. A un certo momento, fra l'attenzione subito divertita del popolo, Foà ha letto due novelle (e nel pomeriggio una terza) che alcuni giovani attori presero a mimare. Si poteva « rappresentare » diversamente il Boccaccio? O leggerlo soltanto, giocando di yoce e di volto (così come sapeva fare Severino Ferrari con grandissimo compiacimento del Carducci), o far come si è fatto, mettendo in moto i personaggi quasi uscissero dalle pagine secondo un ritmo evocativo. Così fu rappresentata la storia di Lisabetta da Messina, di una gentile malinconia e demenza di amore e di morte (anche il Keats la ri cantò, come il Boccaccio la; tessè su un'antica canzone popolare) e poi quella della grande indulgenza di re Agilulfo, che, ingrandendola, è poi la grande indulgenza, ovvero comprensione, del poeta per le colpe terrene dei sensi, fatali ma non corruttrici, e riconoscimento di tutto ciò che è natura, stimolo vitale dei sentimenti e delle opere umane. Ma è doveroso ricordare anche altro di questa bella giornata: direi anzi che un eccellente motivo per correre a Certaldo (e lo è ancora Ano a tutto ottobre) è pure stata la straordinaria mostra di sei secoli d'arte in Val d'Elsa. Tesori grandi e piccoli, noti e ignoti o mal noti, che provengono da pievi e badie sparse in questo territorio. Con un bel catalogo pronto a tempo, si ammira, nelle antiche stanze del palazzo del Vicario, come meglio non potrebbero figurare, dal crocifìsso ligneo di San Gersolé, gigantesco Cristo giovane, con le braccia stese quasi in pace e lo sguardo più di stupefazione che di dolore, ai dipinti che Mno^a^SeruTaT^I zo, il Tacca scultore, e Taddeo Gaddi e il Sassetta e il Pollaiolo, per dire dei più grandi e non solo dei più curiosi (come il Sollazzino). E, quel che mi ha incantato, una Madonna con putto di Filippo Lippi. Sentii dire che il volto doveva sicuramente essere quello della sua amante Lucrezia Buti, la « suora giovane >, la monaca rapita. Bella giovane davvero! Au.v cheveux de Un, gli occhi rivolti a un sogno malinconico, la bocca corrucciata. Franco Antonicelli