Il presidente interroga i finanzieri accusati sulla consistenza dei loro beni immobili di Gigi Ghirotti

Il presidente interroga i finanzieri accusati sulla consistenza dei loro beni immobili Giornata abbastanza tranquilla ai processo «fi Imo di Il presidente interroga i finanzieri accusati sulla consistenza dei loro beni immobili In seguito all'allarme tra gli avvocati difensori, il giudice rivela che gli sono giunte numerose lettere anonime da Vigevano, Genova, Venezia e Milano - Infruttuoso confronto fra il maresciallo che condusse le indagini e il parroco che sarebbe intervenuto in favore degli imputati - Le udienze sono sfiate rinviate al 19 settembre . (Dal nostro-inviato speciale) v, Lodi, 12 settembre. ■ Tf prviesFO contro i quattordici finanzieri della. Brigata di Lodi è prose., -lito quest'oggi, con l'audizione di testi piuttosto incolori. Le udienze, dopo la giornata odierna, sono state sospese; riprenderanno giovedì 19 settembre. i Primo a salire la pedana è stamane il dott. Pietro Invernizzi, che fu curatore fallimentare della ditta Steffenini, per la lavorazione del legname. Dopo aver subito la verifica fiscale che le costò tanto cara,' l'azienda Steffenini cominciò a barcollare. Alla fine, fu dichiarata la bancarotta e lo Steffenini venne 'incarcerato. In quella occasione, la moglie e la cognata dell'industriale si recarono dal dott. Invernizzi per discutere il caso dell'azienda. Teste Invernizzi — Io cercavo di sapere dove fossero finite le scritture contabili dell'azienda, ebe non si trovavano. Le due donne mi riferirono ebe quei documenti erano stati distrutti dallo Steffenini per consiglio del sottufficiali della Guardia di Finanza, in occasione della loro verifica. Io alle due donne diedi allora un suggerimento: ripetere quéste cose ai carabinieri. ìn effetti, furono queste rivelazioni ad accendere la miccia: per aver voluto andare a fondo delle cose nel fallimento Steffenini, il dott. In vernizzi riusci a mettere un niiiitiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiiiiiiriiiiiiiiii poti^erq-y materiale., ^ccusatpiio nelle mani del marersciallo'.Xiòcci, dei carabinieri, il quale incominciò subito l'inchiesta. in borghese, si presenta il colonnello Silvio Quaglia, comandante della Legione della Guardia di Finanzr rli Jf ila no. Interrogato dal presidente, il colonnello riferisce efie in base al nuovo regolamento della Guardia di Finanza,, in vigore dal 1959, gli Ufficiali, anziché limitarsi a controllare le cose dall'alto, hanno compiti esecutivi, e cioè possono e devono intervenire nel lavoro dei subalterni, soprattutto nelle operazioni di verifica compiute dalla Guardia di Finanza. Il teste è poi interrogato su un episodio che risale al novembre del 1961. Il maresciallo Gigino Filippini, comandante della Brigata di Lodi, si sarebbe recato in quell'epoca nella vetreria di una delle parti lése, il signor Malaspina, per fare degli acquisti. In quella ocpasione (l'inchiesta era già incominciata), il Malaspina avrebbe confidato al maresciallo di non aver potuto chiudere occhio tutta la notte per Ù rimorso di aver presentato una denuncia contro i sottufficiali della Guardia di Finanza che FePcttcdcsGi1alcznavevano compiuto la verificai nelia sua azienda. Coprendosi gli occhi, il Malaspina avrebbe anche soggiunto di essere stato « costretto > a fare questa denuncia dal maresciallo Locci. Presidente — E' vero, signor colonnello, che il maresciallo iiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiisttttiiiiiritiiiifrTiiiiiiiiiifiiii Filippini - le racconto-.' questo: episodio? Col. Quaglia — 'Sì,-e vero. Avv. Luigi Degli Occhi — Può dirci il colonnello se il cap. Pagani fosse un elemento scelto, particolarmente attivo, che per questo suo zelo sarebbe stato sovente incaricato di delicate missioni, anche fuori della sua zona? Teste col. Quaglia — Si, il cap. Pagani, per la sua preparazione professionale e per la sua energia, era spesso scelto a dirigere operazioni molto complesse, anche fuori zona. Avv. Degli Occhi — Le risulta che il cap. Pagani fosse piuttosto rigoroso con i subalterni? Teste Quaglia — Si tratta di un ufficiale particolarmente brillante. Devo però dire che era di modi piuttosto rudi con 1 subalterni. Anzi, sul suo conto il Comando della Guardia di Finanza apri una inchiesta, nella primavera del 1951. Un giornale di inistra aveva pubblicato, in anonimo, la lettera di alcuni ufficiali che si lamentavano per il comportamento del cap. Pagani, impulsivo ed autoritario. Si ascolta quindi la deposizione della aignora Alessia Donati, amica di famiglia di una delle parti lese, il signor Cor¬ rù. E' atta signora Donati che il Corri aveva ricorso per ottenere in prestito duecentomila lire della cifra complessiva che gli era stata richiesta per soddisfarà « brevi man*. > le pretese ' dei sottufficiali della iiiii iutsit ■■■siiiu*asis*ssissis«sias«Mt ■«ssasitissitisa Guardia .di Finanza, capitati nella sua-azienda in ispezione, ìf Corrà nel chiederle questo' danaro le aveva spiegato che gli serviva per ammansir", la Guardia di Finanza, a scanso di più gravi danni. Un mite consulente contabile, il signor Giuseppe Forti, un vecchietto calvo, occhialuto, si porta ora alla pedana. Egli aiutava lo Steffenini nella tenuta della > contabilità aziendale. Teste Forti — Lo Steffenini è sordo e semianalfabeta. Ricorreva a me per tutte le piccole cose, persino per il bollo dell'automobile quando doveva rinnovarlo. Quando lo Steffenini subì quella verifica della Guardia di Finanza, mi Incaricò di recarmi in banca, per riscuoter» due assegni, perché, mi disse, doveva consegnare danaro contante al sottufficiali che erano venuti a fargli l'ispezione. Nella ripresa pomeridiana una piccola novità. Al banco del Pubblico Ministero, anziché il dott. Novello compare un suo giovane sostituto, il dott. Angelucci. E' alle viste il confronto tra. il maresciallo dei carabinieri Làcci e il parroco di San Rocco, don Giuseppe Rinaldi. Pare che il dott. Novello, cattolico di rìgida osservanza, preferisca non assistere a questo episodio processuale. Presidente — Lei, maresciallo, ha detto che il sacerdote qui presente le confidò di aver ricevuto dai finanzieri l'ammissione di aver percepito indebitamente delle' somme, e che però essi si dicevano pronti a restituirle. Conferma? Locci — SI, don Rinaldi mi disse che alcuni sottufficiali della Finanza dì Lodi gli avevano confidato queste cose. Non so però se don Rinaldi abbia fatto un po' di confusione. Presidente — Don Rinaldi, ha sentito? Teste don Rinaldi — Ho sentito! E' tutto frutto della fantasia del maresciallo! Non è vero niente. Io ripeto di a/ver ricevuto l'ordine dal mio Vescovo di recarmi dalla parte lesa signor Calai per ottenere che non calcasse troppo la mano nella sua denunzia contro i sottufficiali della brigata di Lodi. Un'opera di carità... Non ebbi perciò nessun contatto con i finanzieri di Lodi. Nel parlare con II maresciallo Locci, usai presso a poco queste ' parole: cNoi sfamo sacerdoti, e siamo qui per fare del bene. Si pre sentano a noi tante persone, che sono nei guai, e dobbiamo cercare di aiutarle >. Può darsi che il maresciallo abbia capito una cosa per un'altra. 71 maresciallo scuote energi camente la testa. Don Rinaldi lo guarda in tralice, tenendo la mano sotto il mento. Il confronto è finito senza die fié il sottufficiale, né il sacerdote mutassero in nulla ta loro posizione. Il presidente, all'improvviso, chiama a questo punto l'imputato Primo Pagani, il capitano comandante della < Volante aocertUmemiH >. 'Presidente'— Lei,' Piagsni, possiede immobili? Pagani — Mia moglie possiede una quota parte in un albergo, ereditato dal padre, a Brienno, in provincia div Como. La parte residua è pure di mia moglie, ma figura, per motivi fiscali, intestata a me. Presidente — Possiede altri immobili? Pagani — Ho avuto in eredità da mio padre una casa, ma la vendetti nel 1953. Presidente — Sua moglie possiede altri immobili? Pagani — Due appartamenti, uno ereditato da lei, uno da mia suocera. Sono intestati perù, entrambi, a mia moglie. Avv. Luigi Degli Occhi — Si è parlato anche delle macchine del cap. Pagani. Si può saperne qualcosa di preciso? Pagani — Ho sempre avuto l'automobile, dal giorno del mio matrimonio, cioè dal 1947. Anche mia moglie ha una macchina... Congedato il cap. Pagani, èi la volta del maresciallo Filip-, pini ad essere improvvisamente! evocato dal banco degli accusati. Presidente — Lei possiede immobili? Filippini — Qualche anno fa ho ereditato da mio padre un negozietto, sito in Verona. Presidente — Altri immobili? Filippini — Io no, ma mio suocero possiede campi in provincia di Verona, e alcune case coloniche. Questo indagare del presidente intorno ai beni degli accusati getta qualche allarme tra i difensori. L'avvocato Degli Occhi chiede la citazione di quasi tutti i familiari del Pagani, e anche del notaio di famiglia, perché confermino le dichiarazioni dell'imputato. Pagani — Devo anche dire, signor presidente, che circa la provenienza dei beni dei miei suoceri ci saranno state una quarantina di inchieste, da parte dei miei comandi superiori, prima e dopo il mio matrimonio. Ogni volta che arrivava una lettera anonima su di me, subito seguiva una Inchiesta. E' stata stabilita la provenienza di questi beni dagli avi dei miei suoceri, si sa tutto fino al centesimo! E basta. Intanto però la burrasca si è mossa intorno a queste curiosità estemporanee del presidente. Gli avvocati si agitano per conoscere il motivo di queste domande, e il presidente informa allora che gli sono giunte lettere anonime, da Vi gevano, da Genova, da Vene zia, da Milano, riguardanti le figure di alcuni imputati <La Procura della Repubblica — dice il presidente — sfa compiendo indagini intorno a que sti anonimi. Degli anonimi non si può tener conto, ma delle indagini della Procura della Repubblica, sì ». Gli avvocati protestano vivacemente, amareggiati perché documenti cosi spuri siano presi a base di ricerche giudiziarie e perché ne è stata re¬ ta nota alle parti l'esistenza soltanto dopo alcuni giorni. ' Presidente — Il Tribunale non ne terrà conto. Li teniamo qui, questi anonimi, soltanto come pezzi di carta. Avv. Del Pennino — Ma lei questi pezzi di carta li ha letti?! Presidente — Be', le lettere che arrivano bisogna pur leggerle. Del Pennino — Allora dobbiamo leggerle anche noi! Il presidente non ha nulla in contrario, e l'u,dienza si chiude con uno sfarfallare di toghe intorno al banco del Tribunale, per la lettura di questi messaggi anonimi. Il processo, come si è detto, riprenderà ti giorno 19. Gigi Ghirotti