Due ventenni di Giaveno si sfracellano precipitando dalla cresta del Pagliaio

Due ventenni di Giaveno si sfracellano precipitando dalla cresta del Pagliaio Due ventenni di Giaveno si sfracellano precipitando dalla cresta del Pagliaio La sciagura ieri mattina durante la scalata del torrione Wullmann, alto duecento metri - Le salme avvistate nel pomeriggio da un alpinista solitario e recuperate a tarda sera dalle squadre di soccorso a e a e e i . i e a o e e n a l i a a o o i - iihiiiiiiiiihiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiìiii:miiiihi DAL NOSTIIO INVIATO Giaveno, lunedi mattina. Due giovani alpinisti di Giaveno, Pierluigi Terzago di 19 anni e Alberto Cuaito, ventunenne, hanno perso ieri la vita precipitando dal Torrione Wulmann nella catena del Pagliaio,, in alta Val Sangone, che stavano scalando. - Non si sa come la sciagura sia avvenuta, poiché i due corpi, orrendamente sfracellati dopo un volo di oltre duecento metri, sono stati avvistati soltanto verso le H, da uno scalatore solitario che si allenava nella stessa zona, una palestra di roccia assai frequentata dagli alpinisti torinesi e pinerolesi. La disgrazia poteva risalire a qualche ora prima e nessuno ne è stato testimone, né ha visto i due giovani in cordata avventurarsi sulla parete. Pierluigi Terzago .e Alberto Cuatto erano partiti da Giaveno a bordo di una < millecentc familiare » appartenente al padre del primo, Giuseppe, che ha una tabaccheria in piazza San Lorenzo, poco lontano dalla farmacia del fratello, dottor Marco. Il Terzago padre è stato in gioventù un appassionato alpinista ed aveva incoraggiato nel figlio il medesimo amore per la montagna. Il giovane era tra l'altro assai dotato per divenire un provetto rocciatore: alto oltre uno e novanta, slanciato, muscoloso, affrontava le fatiche delle scalate senza palese sforzo. Suo compagno inseparabile d'ascensione era Alberto Cuatto, di due anni maggiore di lui, (doveva partire fra poco per il servizio militare) anch'egli di alta statura e di fisico robusto. Studente di terza liceo il primo, dipendente della Biv il secondo, dedicavano al loro sport prediletto ogni ora libera. Alberto Cuatto, il cui padre è dipendente della Fiat, mentre la madre si occupa di un piccolo negozio di casalinghi in via XX Settembre 6 dove pure è l'abitazione della famiglia, non aveva, pur ■ lavorando, interrotto gli studi di perito Industriale che si apprestava ad ultimare frequentando un corso serale presso l'istituto tecnico < Amedeo Avogadro » di Torino. Avvistati i due corpi nereggianti sotto il sole sulle rocce, V alpinista solitario cui è toccato il tragico rinvenimento, e che si trovava a una quota superiore, si i calato in basso e li ha raggiunti, constatando purtroppo, come nulla si potesse ormai tentare per salvarli. Allora di buon passo 6 sceso a valle fino alla borgata Cervelli di Coazze, base di partenza per chi sale alla Cresta del Pagliaio e dove era parcheggiata l'auto delle vittime. Di qui ha ottenuto un passaggio fino a Giaveno dove è corso a dare l'allarme alla stazione dei carabinieri. Il comandante, maresciallo Cristarella, ha immediatamente chiesto lo intervento della squadra di Soccorso alpino del Cai di Giaveno che si è raccolta poco dopo agli ordini del capogruppo Eraldo Ostorero. La discesa dell' alpinista dal luogo della sciagura all'inizio della carrozzabile e poi fino a Giaveno, aveva richiesto del tempo e soltanto verso le 17,30 carabinieri eci uomini della squadra di soccorso hanno potuto partire in auto alla volta di Cervelli, per iniziare di qui la marcia sulla montagna, per la prima parte su una mulattiera e poi su ripidi sentieri. 71 rocciatore, di cui si ignora il nome, ma che è a quanto si sa, un torinese, faceva loro da guida. Dalla borgata Cervelli, a quota S79, dove ò il rifugio Val Sangone del Cai, alla base del torrione Wulmann, il dislivello da superare è di un migliaio di metri, che richiedono da due a tre ore di marcia. Era già caduta la notte, quindi, allorché la squadra è giunta presso i due cadaveri, componendoli pietosamente su barelle e cominciando il trasporto a valle. Soltanto verso mezzanotte la faticosa discesa verso Cervelli si ò conclusa, con l'Intervento anche di una seconda squadra partita a notte fatta da Giaveno per dar man forte al portatori. La componevano alcuni giovani alpinisti giavenesi, amici tutti dei due scomparsi. L'Identità delle vittime era stata subito nota a Giaveno, trapelando quindi in ogni ambiente, accolta con dolore e costernazione, poiché, a quanto pare, prima di lasciare i due cadaveri, l'alpinista che li a,veva avvistati aveva avuto cura di estrarre dai loro abiti i portafogli e consultarne i documenti che ha poi consegnato ai carabinieri. Con ogni cautela pietosi amici provvedevano a preparare le famiglie alla tragica notizia. Giuseppe Terzago, padre di uno dei caduti ed alpinista egli stesso, coma già si è detto, intuiva immediatamente la terribile verità e non esitava a salire fino a Cervelli di Coazze per attendervi la salma straziata del figlio. Più tardi, prima che il triste corteo vi giungesse, si .riusciva ad allontanarlo per risparmiargli la vista dei resti insanguinati del suo primogenito. Egli acconsentiva infatti a scendere a Giaveno, quando gli si faceva presente come il suo posto fosse in quel momento accanto alla moglie, signora Teresina Pollone a cui qualcosa era, non si sa come, giunto alle orecchie, precipitandola in un grave stato di prostrazione. Accanto alla donna era soltanto l'altro figlio, Franco, di appena nove anni. Analoghe scene di dolore avvenivano contemporaneamente in casa di Alberto Cuatto e doveva intervenir* anche il medico per assistere la madre del giovane, signora Teresina Pricóo, colpita da un collasso. Al capezzale dell'infelice erano il marito e la figlia Rosangela, di 25 anni, applicata di segreteria al municipio di Giaveno. Diffìcilmente le salme raggiungeranno subito Giaveno dovendosi attendere il nulla osta dell'autorità giudiziaria;' il pretore di Avigliana, competente per territorio, è assente dal suo ufficio per le ferie estive e ad autorizzare la rimozione dei cadaveri a la messa a disposizione delle famiglie sarà la Procura della Repubblica di Torino,, su rapporto dei carabinieri. Sulle cause della sciagura non si poss" per ora avanzare che congetture. Nessuno vi ha assistito ed il solitario alpinista che sarebbe in grado, forse, di fornire qualche ragguaglio, non ha potuto finora essere interrogato. Si presume ohe la corda'che teneva avvinti i due alpinisti si sia lacerata contro uno spuntone di roccia provocandone la caduta. Non è impossibile - peraltro che a Pierluigi Terzago abbia ceduto un appiglio e che snella caduta il suo maggior peso, non meno di 80 chili, abbia trascinato nel baratro il compagno non perfettamente in sicurezza. La morte deve essere stata istantanea. Domi Gianoglia Alberto Ouatto (a sinistra) e Pierluigi Terzago, i. due giovani vittime della sciagura sulla Cresta del Pagliaio vaiar Fioccamo 2178 *A|/, '.^vA"w,(ra^ifti(