L'attrice Françoise Prévost

L'attrice Françoise Prévost CONFESSIONI X>I PROFESSIONISTE) "ARRIVATE/» L'attrice Françoise Prévost 1 desta — io lo superavo al ' Francoise Prévost è divenuta attrice dopò essere stata par alcuni anni una apprezzata giornalista. Sua madre, la romanziera Marcelle Auclair, 4 celebre anche per le rubriche e gli articoli che pubblica sulla rivista parigina « MarieClaire ». Suo (rateilo, Jean Prévost, è uno dei più apprezzati scrittori delle nuove leve. Francoise, dopo le sue ultime Interpretazioni — particolarmente € I sequestrati d'Altona > di Sartre — è considerata una delle migliori e più intelligenti attrici del cinema internazionale. Penso ohe tutte le attrici abbiano oominoiato la loro carriera allo stesso modo, alquanto stupido: una ragazzina chiusa a chiave nella propria camera si contempla allo specchio e si sforna di piangere, recitando le battute più patetiche di un autore celebre. Io avevo quindici anni e l'autore era Raoine: « Je t'aimais inconstant, Hue aurais-je fait fldèlef». Piangevo. Ma non si trattava di commozione autentica, non aneora. Avevo gli occhi molto delicati — li ho tuttora, del resto — e bastava che li tenessi tutti aperti, sgranati, senta sbattere le palpebre fino alla fine della battuta. L'insegnante di recitazione scoprì subito il trucco. E io capii che a un attore non basta piangere per dimostrare il proprio talento, che un attore che piange non vuol dire che abbia talento. Che se qualcuno deve piangere non è l'attore ma il pubblico e che i trucchi, quali che siano, sono da scartare. Dopo alcuni mesi di scuola arrivai a questa conclusione scoraggiante e apparentemente contraddittoria: che per recitare ci vuole mestiere, sì, ma tanto da riuscire a dimenticarlo. Studiavo sempre con lo stesso «partner»; scelto non perché avesse talento ma perché era laborioso e intelligente e perché io volevo studiare. Era di statura mo- meno di un palmo — e aveva un fisico da contabile. Eppure è stato lui il mio Don Giovanni, il mio Ippolito, il mio Cid, il mio romantico amante, il mio eroi. Formavamo una coppia ri- ' contare- quattro-anni di g\?r-*\^nalismo — ma non sono ancora riuscita. Diciamo che le cose cominciano a met- dicola ma gli sono ancora riconoscente per la sua perseveranza. Poi ho saputo ohe aveva lasciato il teatro e ohe aveva tradotto in francese «Il pacifico 'Don* di Boiolokov. Uno di ' più che ha abbandonato il mestiere. Noi allievi ci ripetevamo con orrore questa massima: ci vogliono dieci anni per riuscire. Era un calcolo esatto. Io ho recitato in 18 commedie e ti film — senza tersi bene. Non parlo così per modestia: al contrario, per ambizione. Un'ambizione astratta ohe chiamerei piuttosto senso della realtà pra- tica. Sogno il mio nome a grandi lettere sui manifesti ma non per vanità. Soltanto perché a una grande attrice si offrono tutte le possibilità. Un gran nome, nel cinema, è come un titolo di Borsa a quotazione alta: è una merce costosa ohe si deve curare, proteggere. Vn grande attore — e questo è l'importante — può scegliere le parti da interpretare. Viene ritratto dai migliori fotogra- \^^^°^v°no^ìmi^igiornalisti, viene fotografato dagli operatori migliori. I più importanti registi lo richiedono a questo mestiere — talvolta avvilente, disperante pi» spesso — che diviene infine appassionante. Inquietante, anche. Ho appena finito di girare « Un tentativo sentimentale » di Festa Campanile e Franciosa. Mi pare ohe sia quanto ho fatto di meglio, finora. Due sere fa ho rivisto il film, per la settima volta; e sono verso me stessa un giudice intransigente, mai benevolo. Vi sono scene e primi piani che mi piacciono, di cui sono soddisfatta, altri che mi lasoiano addosso una certa scontentezza, ben nota, quasi un rimpianto: potevo far meglio. Ci sono voluti anni perché cominciassi a riconoscermi, sullo schermo: a ritrovare chiare e precise le intensioni che avevo messo in uno sguardo, in un gesto. Mi à capitato spesso di non ritrovarvi nulla; Io sguardo vuoto, il personaggio inespresso. Oli attori francesi, in questi casi, dicono; «Bene il tale, ma.è come se non ci fosse, se avesse dimenticato di venire e fosse rimasto a casa». Proprio così: bisogna esserci tutti i giorni durante settimane, a ore determinate, non soelte da te ma da altri, come la cassiera di uno spaccio di sale e tabacchi o delle Poste. Rientrare nel personaggio, una donna sempre diversa, del quale dobbiamo essere noi a inventare gli atteggia- menti, il passo, il modo di muoversi e di parlare. A parte la pettinatura e il trucco — artifizi secondari, questi — (a -Carla di « Un tentativo sentimentale > non cammina né parla come la Leni dei «Sequestrati di Altona». Nella sua mente vi sono idee tutte diverse che bisogna tradurre nello sguardo. Non è facile. Bono contenta quando mi pare di essere riuscita a esprimere ciò ohe mi proponevo in una scena, un primo piano: eppure sono proprio quelle di cui non sono soddisfatta a rassicurarmi: quelle che mi provano che ho ancora qualcosa da imparare. So che ritroverò, all'inizio di un nuovo film, la paura e i dubbi senza i quali né un pittore né un architetto né uno 'scrittore né_un attore possano fare qualcosa di valido. Quella paura, quei dubbi, sono come mìcrobi senza i quali l'uomo non può vivere. Bisogna accettarli, addomesticarli e dominarli. Ammiravo moltissimo Marilyn Monroe; aerti miei amici americani che la conoscevano bene mi hanno parlato spesso di lei: mi hanno detto che è morta di paura. Frangoise Prévost Francoiee Prévost, ohe nel film «Un tentativo sentimentale» di Pesta Oampanile e Franciosa manifesta le sue eccezionali doti di attrice completa giunta al cinema attraverso esperienze giornalistiche e letterarie

Persone citate: Auclair, Festa Campanile, Franciosa, Francoise, Ippolito, Jean Prévost, Marilyn Monroe, Sartre