L'alpinismo italiano nacque quando Sella scalò il Monviso

L'alpinismo italiano nacque quando Sella scalò il Monviso Domani il centenario della memorabile ascensione L'alpinismo italiano nacque quando Sella scalò il Monviso Lo statista biellese raggiunse la cima il 12 agosto 1863, con un deputato e altri cinque compagni - Fu in tale occasione che egli decise di costituire il Club Alpino Italiano - Centinaia di persone saliranno sul monte per ricordare l'avvenimento (Dal nostro inviato speciale) .sCasteldelfino, 10 agosto. Tema quasi d'obbligo nelle conversazioni dei villeggianti — che, finalmente, in questo periodo di Ferragosto danno un po' d'animazione alla solitaria Val Varaita — è la rievocazione dell'impresa alpinistica compiuta cento anni fa da Quintino Sella insieme a sei compagni con la prima scalata italiana del Monviso, Quasi tutti ne parlano. Un numero minore, ma pur sempre ragguardevole di villeggianti domani sera si metterà in cammino da Castello verso il vallone Vallanta e il passo delle Forciolline per ripetere il cammino tracciato dal ministro biellese. Si ritiene che lunedì 12 agosto, giorno in cui scoccherà il centenario, qualche centinaio di persone salirà sulla vetta del Monviso. Qui sarà celebrata una Messa e verrà scoperta una lapide a ricordo dell'ascensione del Sei la, che in tale occasione decise di costituire il Club Alpino Italiano a somiglianza di quanto già compiuto in Inghilterra con qualche anno di anticipo. Un così eccezionale transito di escursionisti, più o meno esperti, sulle malferme rocce del Viso, ha giustamente suscitato preoccupazioni, soprattutto da parte della guida Mario Abba (pronipote di quel Giovanni Abba da Verzuolo che nel 1863 condusse in cima la comitiva del Sella) capo della XIV zona del soccorso alpino. Di conseguenza tutte le comitive saranno inquadrate da veri alpinisti, né mancherà un collegamento radio per disporre eventuali servizi di emergenza- Insomma, prese queste precauzioni e visto che il tempo promette bene, quella di lunedì sul Viso sarà una bella festa, una grandiosa commemorazione. Forse — qualcuno potrebbe obbiettare — anche troppo « festa » e anche troppo « grandiosa ». Nella inevitabile rumorosa confusione sarà certo difficile ai partecipanti ricreare idealmente l'atmosfera di mistero, quel senso quasi di sgomento religioso, che probabilmente avvolse i primi salitori italiani. La loro emozione ri grande e per svariate ragioni. Lo dimostra il tono, insolitameRte iperbolico, usato dal compassato ministro biellese per comunicare la notizia della sca lata all'amico prof. Gastaldi in una lettera divenuta fa mosa. Il Mi è il di nmpsatsrfdmftrnamcvctnptitIdmfrlsctprmoa Il Monviso — è il caso di ricordare — fu a lungo tra le montagne più famose del nostro arco alpino. La sua mole possente, l'ardita cuspide finale, avevano fatto pensare ad un'altezza ben superiore quella reale (che è di 3841 metri). Del Viso parlò Virgi lio noi X libro dell'Eneide (« pinif -ir Vesulus ») ; vi accen narono Dante e il Petrarca tentò fantasiosamente di descriverlo nel XVI secolo fra Leandro Alberti. Ma sol tanti all'inizio del secolo scorso lo storico saluzzese Eandì compì un'accurata esplorazione della sua base. Cosi ardito e aguzzo com'è il Monviso fini per destare l'interesse dei primissimi alpinisti, naturalmente inglesi. Nel 1854 Whately e Jenkinson compirono il primo serio tentativo di scalata, senza sue cesso. Furono imitati l'anno appresso da Mathews e addi rittura da Whymper (che sa rà l'ostinato conquistatore del Cervino). Tuttavia soltanto nel 1861 il già citato Mathews con il connazionale Jacomb, e le guide di Chamonix Jean e Michel Croz, riuscì a giungere sulla vetta nel mattino del 30 agosto. L'impresa, narrata in una minuziosa relazione, destò emozìone e persino incredulità. I valligiani piemontesi ritenevano invincibili le pareti «quasi verticali» del monte, e il Mathews nella sua relazione narra in proposito un gustoso particolare: prima di avviarsi alla scalata, acquistò a Casteldelfino copiose e ghiotte provvigioni, ma stentò ad ottenere dall'oste delle bottiglie di vino poiché il brav'uomo riteneva per certo che nell'ine vitabile catastrofica fine della spedizione i suoi vetri sareb bero andati in frantumi. Fu necessario pagarglieli in anticipo. Questa prima scalata, avve nuta dal passo delle Forciol line, lungo la parete sud per la via ora detta normale, fu ripetuta nel luglio del 1862 da un'altra spedizione straniera della quale però faceva parte anche il montanaro di Bobbio Pellice Bartolomeo Peyrot, che v.i quindi considerato come il primo salitore italiano al Viso. Quintino Sella, quando nel 1863 decise dì tentare l'impresa, pose in gioco una questione di prestìgio nazionale e volle perciò con sé soltanto italiani: i fratelli Paolo e Giacinto di Saint Robert, il deputato calabrese Giovanni Barracco e le tre guide locali Raimondo Gertoux, Giuseppe Bouduin e Giovan Battista Abba Il Sella fu tra quei patrioti non usi a sbracciarsi molto, pronti magari a rilevare con riteclofi1WRndnlmpllmlts sincera amarezza gli aspetti negativi del nostro carattere, ma altrettanto pronti ad adoperarsi in tutti i campi per far sì che il nome d'Italia, da poco assurta al ruolo di grande potenza, ottenesse lustro e considerazione. Era un gentleman ricco e sportivo, anglomane forse e sinceramente amante della montagna. Ma quando si mise in marcia da Caste.'delfìno verso il Viso non pensava tanto al fascino dell'avventurosa scalata, quanto alla risonanza che un successo avrebbe avuto. E, bravo ingegnere com'era, non sbagliò i suoi calcoli. La scalata italiana del Monviso fu argomento di chiacchiere entusiastiche nei salotti eleganti come nelle porti; nerie delle case operaie; fu riportata dalle gazzette, immortalata da litografìe e contribuì in modo considerevole a suscitare passione per l'alpinismo. Il Sella, comprensibilmente radicato alle guerre del Risorgimento, probabilmente riteneva fosse molto importante formare dei bravi soldati alpini per la sicurezza militare del Paese. Poi risultò che l'alpinismo, come tutti gli sport sani ed attivi, era. destinato, a dare ben più importanti benefici di carattere sociale. Vi è da sperare che tra gli improvvisati scalatori che domani ripeteranno l'ascensione di Quintino Sella (elementare oggi che il cammino è trac q«pnQpdsVatSptld.Srtdpgdslrlcngssdcdciato, ma difficile e pericolosa |■ 'allora quando sì procedeva verso l'Ignoto) vi sia chi tragga dall'esperienza una vera passione per l'alpinismo. Il quale oggi, a cento anni dalla « prima » italiana al Viso, non può certo dirsi- rigoglioso di nuove linfe. Remo Griglie

Luoghi citati: Bobbio Pellice, Casteldelfino, Inghilterra, Italia, Verzuolo