Scrittori deportati da Stalin e ungheresi ribelli al convegno di Leningrado sulla libertà dell'arte di Enzo Biagi

Scrittori deportati da Stalin e ungheresi ribelli al convegno di Leningrado sulla libertà dell'arte NEL PAESE CHE IGNORA ANCORA L'ESISTENZA DI KAFKA E DI JOYCE Scrittori deportati da Stalin e ungheresi ribelli al convegno di Leningrado sulla libertà dell'arte Sono presenti romanzieri di tutte le Nazioni europee di varia tendenza politica - Il folto gruppo degli italiani - Il poeta Ungaretti ha tenuto il discorso di apertura rievocando gli anarchici lucchesi della sua giovinezza - E' assente Evtuscenko, che medita nella solitudine i suoi «errori»; atteso per oggi Ehrenburg, il «padre del disgelo» • Le riunioni in un palazzo ottocentesco, carico di stucchi e tappeti (Dal nostro Inviato speciale) Leningrado, 5 agosto. Il soffitto della grande sala è carico di stucchi, le pareti sono d'un tenue colore azzurro. Qui, fino al 1917, ballavano gli amici del conte aceremetiev. Adesso il palazzo ospita gli scrittori di Leningrado, e nella stanza da pranzo, fra i severi mobili di legno scuro, domina un ritratto di Dante. Nel vestibolo, circondato da. pianticelle di sempreverde, un busto di Lenin accoglie i vi¬ sitatori. La poesia e la politica sono dunque rappresentate da due autorevoli personaggi. In questo gradevole ambiente ottocentesco, tendine inamidate, divani coperti di tela grigia, tappeti di buona fattura, i delegati della Comunità europea degli scrittori discutono del romanzo contemporaneo. Il problema viene trattato in un Paese che sta appena adesso tra-; ducendo Proust e che ignora ancora l'esistenza di Kaf- ka e di Joyce: due autori che sono noti certamente ai letterati, ma che si ritengono non adatti alla formazione spirituale delle masse. Si capisce che la disputa estetica sottintende anche un più impegnativo discorso sui doveri dello scrittore, e sulla libertà dell'artista. Ed è probabile che l'interpretazione *occidentale> dell'arte, che contrasta col compito educativo e rivoluzionario dei seguaci del « realismo socialista >, offrirà più d'un motivo alla polemica. Da quarantacinque anni narratori, musicisti e pittori sovietici seguono le direttive del partito che impongono di soddisfare quelle che sono ritenute, le esigenze popolari: «Gli scrittori», diceva Massimo Gorki, « debbono sentirsi ingegneri delle anime », e Majakowski sottolinea il suo impegno: « Voglio che la mia penna sia come una baionetta >. Hanno combattuto molte battaglie gli artisti dell'Urss e non pochi — negli anni crudeli del sospetto e della denuncia — sono caduti. E' importante, e consola, vedere raccolta attorno allo stesso tavolo gente che esprime diverse culture ed opposte ideologie. La delegazione italiana è composta da Giuseppe Ungaretti, Giancarlo Vigorelli, Giacomo Debenedetti, Enrico Emanuela, Enzo Paci, Leone Piccioni, Guido Piovene e Domenico Porzio. Si aspetta Pasolini, mentre mancano Pratolini e Moravia. I francesi hanno mandato Jean-Paul Sartre e, naturalmente, Simone de Beauvoir, poi i sostenitori del nouveau roman, Robbe-GrUlet e Nathalie Sarrault, e .infine Roger Caillois, Robert Pingaud e Albert Frénaud. Dall'Inghilterra sono arrivati Angus Wilson, John Lehman, William Golding e Bernard Wal. Non si è visto ancora il tedesco Alfred Andersh, l'autore di Zanzibar e di Le ciliegie della libertà, e il premio Nobel-Arthur Lvndqvist, vientré^^na^preaenìil jugoslavi, polacchi, ungheresi e, per la Germania Orientale, Stephan H'ermling e Bruno Abitz. Spagnoli e portoghesi non hanno ottenuto i visti dai loro governi. I russi hanno scelto Sciolokov, il romanziere contadino che gode della considerazione di Kruscev, tanto che lo seguì anche durante il viaggio negli Stati Uniti: Sciolokov è noto anche ai lettori italiani (Il placido Don, Terre dissodate^; Fedin, presidente dell'Unione degli scrittori, amico ' di Pasternak, che rifiutò di sottoscrivere le proteste di quei disciplinati collegKi che deploravano l'eretico, Simonov CI vivi e i mortU, e Paustowski. Domani, dicono, verrà Ilja Ehrenburg: da quando nel marzo scorso Kruscev richiamò gli artisti ai loro doveri, ricordando che soltanto il sozrealism ha diritto di cittadinanza da queste parti (il teorico Ilicev trovò modo di aggiungere che « i pittori astratti non rappresentano altro che delle eccentricità patologiche >), l'autore del Disgelo, che aveva sostenuto la necessità di parlare francamente dei problemi russi, burocrazia, antisemitismo, ingiustizie che. ancora non hanno trovato riparazione, ha ritenuto opportuno raccogliersi nella solittidine della sua dacia anche perché molti gli rinfacciano le concessioni del periodo stalinista. Dicono di lui: «Cade sempre in piedi». Domani dovrebbe venire anche Aleksandr Solzenitsyn. Fa il professore in una lontana provincia, sembra sia gravemente malato. Ha passato da non molto i quaranta, ha fatto la guerra guadagnandosi due decorazioni, per un'accusa falsa ha trascorso undici anni in un campo di Stalin. Una giornata dì Ivan Den isso vie narra le sue esperienze di prigioniero. Pochissimi lo conoscono, perché vive ritirato. Non verrà di certo Evtuscenko: da alcuni mesi, da quando venne ammonito, lo si vede raramente in giro, e nessuna rivista, nessun editore, ha più pubblicato i suoi versi. E' stato a caccia in Crimea, ed ora è ritornato al suo paese, nella taiga siberiana. Il ragazzo viziato dal successo e tentato dalle lusinghe borghesi deve scontare il suo peccato. ■Neì^tempo di Kruscev, ' cf'~'èì"MbmìoT al silenzio. Circolano invece nelle sale di Palazzo Sceremetiev un uomo e una donna che hanno alle spalle una vita dura, molto dolore. Tibor Deri, comunista, che appoggiò il governo Nagy nei giorni dell'insurrezione di Budapesi, e che ha scontato la sua condanna nella grande prigiono 'di Kerepes, un signore riservato, capelli bianchi, occhi lucidi, curiosi, che la moglie accompagna ovunque, e Olga Bergoltz, poetessa e cittadina di Leningrado, che ha perduto due figli nella guerra e il marito in un processo staliniano. Ieri, nel cimitero che raccoglie i seicentomila morti di fame durante l'assedio nazista, la piccola donna Olga Bergoltz, la faccia bianca, le labbra tremolanti, ha detto alcuni suoi versi. Era l'ora del tramonto, dagli altoparlanti uscivano le note del poema che Sciostakovic ha dedicato a quei seicentomila morti, il vento del mare portava il profumo amaro dei fiori che marciscono sulle immense fosse comuni, « Non si può riparare alla vita», ha scritto Tibor Deri La cronaca non offre lo spunto per particolari considerazioni. Il discorso di apertura è stato tenuto da Ungaretti, che presiede i lavori. Il vecchio poeta ha ri cordato la sua giovinezza ad Alessandria d'Egitto, e gli emigranti di Lucca e di Carrara, quasi tutti anarchici, che offrivano ospitalità ai marinai russi: avevano saputo delle cannonate sparate dall'incrociatore « Aurora » per dare il ' segnale d'attacco della Rivoluzione, disertavano per appoggiare Lenin, per seguire l'esempio dei compagni. Ha detto che l'arte del romanzo, oggi, deve trovare un rapporto tra il mondo interiore di ogni creatura umana e il mondo esterno. Poi ha preso brevemente la parola Sciolokov, che si è limitato a qualche facezia. Si è dipinto come un forte polemista, ha trovato che Leningrado è sede più opportuna di Mosca per discussióni accese, proponendo , se il calore dovesse raggiungere intensità fuori del comune, un esodo verso rinfrescanti località siberiane. Giancarlo Vigorelli, segretario generale della Comunità, ha giustamente messo in rilievo che molta strada è stata percorsa da quando Salvador de Madariaga sosteneva che non si deve stringere la mano ad uno scrittore socialista. Ha detto che si può essere non comunisti, ma che chi si dichiara anticomunista è già fascista. Un'opinione discutibile e molto personale, che meriterebbe almeno qualche esemplificazione. Ha concluso affermando: « Non siamo qui per convertirci a vicenda, ma per cercare insieme un'unica fede nell'uomo ». Nel pomeriggio ha letto la sua relazione Constantin Fedin. Ha tracciato una breve storia del romanzo russo fra le due guerre, sottolineando il grave compito degli scrittori che — dopo la Rivoluzione — dovevano, in condizioni difficili, salvare la vecchia cultura e crearne una nuova. < Le scelte degli uomini di lettere — ha detto — dipendono anche dall'ambiente che li circonda e dalla società in cui vivono ». La lotta all'analfabetismo ha trasformato nell'Urss il mondo del lettori; si tratta di parlare a milioni di persone, in modo comprensibile, poi dì iniziarle al senso della bellezza. Per questo gli scrittori sovietici vogliono realizzare l'umanesimo socialista; la loro morale è la fiducia nell'uomo. Nel discorso di Fedin c'era molta misura; ha reso persino omaggio al simbolista Blok, all'immaginista Essenin, all'isolata Achmatova, testimone di tante tempeste. Essenin aveva scritto: < Darò la mia vita a ottobre e a maggio, ma non darò la mia cetra diletta ». Enzo Biagi