James Baldwin la voce nuova dei negri d'America di Furio Colombo

James Baldwin la voce nuova dei negri d'America James Baldwin la voce nuova dei negri d'America «Xi negro è sempre stato come un pilastro,- come una stella immobile, nell'universo dei bianchi. Se si muove, se cambia di posto, il cielo e la terra sono scossi dalle fondamenta». Cosi lo scrittore negro James Baldwin spiega nella «Lettera al nipote James» perché la tensione razziale va facendosi più violenta in America, perché l'ultimo capitolo della lotta di liberazione dei negri si annuncia come 11 più pericoloso e drammatico. La «Lettera» è parte del libro The Fire next Time («La prossima volta il fuoco») che ha consacrato definitivamente Baldwin come uno dei più interessanti autori americani di questa generazione. Scrivendo in un modo appassionato e diretto che non è né romanzo né saggio, con un tono a momenti solenne e sempre abilissimo da predicatore (Baldwin è figlio di un predicatore e quando era più giovane ha tenuto sermoni lui stesso, nella chiesa del padre) il giovane scrittore ricapitola tutti gli aspetti del problema razziale dal punto di vista della minoranza oppressa. Ma con molta intelligenza esplora anche il «furore del bianco» incapace di rassegnarsi alla morte della sua immagine di padre padrone,, disorientato dalla fine del suo prestigio più ancora che dalla fine del suo potere. < Questi uomini che pensano di salvarsi chiudendoti in una prigione hanno perso il contatto con la realtà. Eppure sono i tuoi fratelli. I tuoi perduti fratelli minori». Non è un generico appello alla comprensione cristiana. Baldwin anzi, come tutti gli scrittori negri di questi ultimi anni, affronta il problema con intransigenza, afferma e ripete che aspettare ancora o rallentare questo grande epilogo nella lotta per la emancipazione del negro sarebbe Impossibile. Ma da intellettuale non può ignorare la radice profonda che lega i bianchi e i negri d'America allo stesso male e alla stessa salvezza. «Tu sai, io so che questo paese sta celebrando il centenario della liberazione degli schiavi. Ma con cento anni di anticipo. Perché noi non possiamo essere liberi finché essi ' non sono Uberi ». Dal pregiudizio, dalla bigotteria, dalle tradizioni sbagliate. Baldwin ha certamente il merito di avere posto con più chiarezza e con più ostinazione di altri 11 problema dell'identità dell'uomo negro immerso in una civiltà di bianchi. Chi è 11 negro americano, infatti? La risposta a questa domanda è essenziale, non c'è legge che possa dare garanzie sufficienti senza che questa coscienza di sé, gruppo e individui, sia conquistata. Serve la storia, a un negro, all'intellettuale negro ad esempio, per chiarire la propria Immagine? Ma la storia del negri d'America o è storia di schiavitù e d'oppressione, o è storia americana, semplicemente. Cioè:- le due radici sono legate e intricate fin dal princìpio. Amati e respinti, perseguitati e liberati, tenuti in segregazione eppure ben vivi e in crescita dentro l'America, i negri degli Stati Uniti sono ora presi nella contraddizione di due diversi affetti e richiami: il paese che li ha completamente formati, in tutto il loro patrimonio di grandezza, progresso e dolore. O l'Africa delle decine di paesi appena indipendenti, la terra ora libera dalla quale un tempo sono stati strappati. Quando un ambasciatore o un capo di Stato africano avvolto in mantèlli colorati passa per le strade di Harlem, la contraddizione del negro americano subito si manifesta in una sequenza di scene toccanti: le ovazioni, la commozione, gli applausi. Ma è come il ■ film di un sogno, Quella che passa per Harlem è l'immagine di un negro libero, ma senza l'Africa. Intellettualmente il negro americano pensa all'Africa come ci pensa un bianco, ne sa come chi l'ha studiata a scuola, seguendone i confini sul mappamondo. Oppure l'Africa è uno stato d'animo, un luogo di nostalgia. Ma ben diversa, più magica e irreale dell'Italia per gli italiani di America, dell'Irlanda per 1 figli degli emigranti. Alle finestre delle case di Harlem si affacciano migliaia e migliaia di americani di pelle nera il cui spirito di insofferenza e di rivolta contro ogni limite di libertà è il più americano del sentimenti. E se rinunciano all'America, come a qualcuno può accadere al colmo della delusione e della amarezza, non c'è altra patria né altra identità da assumere. Richard Wright, l'autore del famoso Ragazzo negro, aveva trovato il suo rifugio a Parigi. Ma da intellettuale, da uomo di lettere. James Baldwin rifiuta Parigi dopo un suo lungo soggiorno in Europa. Si era accorto che molta della sua libertà e del suo prestigio gli derivavano dall'essere scrittore e dall'essere americano. <I negri delle colonie francesi non erano certo trattati come me, a Parigi », ha detto di recente in una intervista spiegando il suo ritorno in America. Nato e vissuto in Harlem, Baldwin sa bene quale può essere il tormento di un giovane negro intelligente, fra l'ottusità dei razzisti e 11 gelo conformista degli altri. Ma sa che non c'è salvezza per i negri da soli, che non c'è liberazione se non- comune, che l'Identità del negro è l'identità dell'uomo più certe caratteristiche nazionali e di cultura che lo hanno-formato. E conclude nella « Lettera al nipote»: <Per piacere, ricordati che ciò che i bianchi dicono di te e ciò che essi fanno per mantenere U tuo stato di vita così com'è, non testimonia detta tua situazione di inferiorità, ma della loro disumanità e della loro paura. Non c'è ragione che tu sogni di diventare bianco e non c'è ragione per l'impertinente liberalismo di ohi pensa ohe tu debba diventare come loro, e che essi atta fine ti debbano accettare. La vera cosa terribili», amico mio, è che tu devi accettare loro. Voglio dire: li devi accettare con amore». Furio Colombo

Persone citate: Baldwin, James Baldwin, Richard Wright