Nell'Italia d'oggi i partiti sono davvero il «tiranno senza volto»» della vita politica?

Nell'Italia d'oggi i partiti sono davvero il «tiranno senza volto»» della vita politica? Nell'Italia d'oggi i partiti sono davvero il «tiranno senza volto»» della vita politica? Per Giuseppe Maraninl II tiranno senza volto (Bompiani, 1963) che domina la vita politica in Italia è il partito. La storia degli ultimi quindici anni, afferma il nòto costituzionalista, ha provato che le segreterie del movimenti politici hanno conquistato un potere pressoché assoluto nel paese, condizionando non solo 11 successo dei governi e le elezioni delle più alte cariche dello Stato, ma a volte persino le decisioni minori che le leggi affidano agli altri organismi previsti dall'ordinamento repubblicano. Il Parlamento, per Maraninl, è un docile strumento di cui i partiti si servono per rendere legali le proprie deliberazioni; e gli altri organi costituzionali non riescono, per il modo stesso in cui sono stati creati, ad arginare questa « tirannide » e ad esplicare un'utile funzione di equilibrio. L'origine dello strapotere del partiti (afferma) risale al primo dopoguerra. La Costituzione repubblicana, nata nello spirito della Resistenza e nell'ammirazione degli antifascisti per le istituzioni anglosassoni, aveva posto le Camere (ed attraverso di esse i movimenti politici) in posizione dominante; ma aveva previsto altri centri autonomi di decisione, dalla Corte Costituzionale alia magistratura, dal¬ la Presidenza della Repubblica alle regioni. Durante la prima legislatura, tuttavia, i problemi della ricostruzione impegnarono le migliori energie del paese e contribuirono a ritardare gli adempimenti costituzionali necessari a creare un valido contrappeso alle assemblee. E poi proprio in quegli anni, osserva Maraninl, nasceva il partito moderno, dominato dai funzionari e dall'apparato; in cui gli iscritti potevano far sentire con efficacia sempre minore la propria voce. I gruppi di potere sorti all'interno del movimenti poterono deciderne la linea d'azione, controllare sempre di più deputati e senatori ed esercitare un peso risolutivo nella lotta politica. Nel 19-' i, finalmente, alcuni istituti vennero attuati: fu crea.a ir. Corte costituzionale cric nel '66 iniziò la revisione delle leggi ordinarle per adeguarle alla Costituzione, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro potè tenere le sue prime riunioni e la magistratura ebbe nel '58 la legge sul Consiglio superiore (che Maraninl a ragione critica per la sua dubbia costituzionalità). Sorsero, insomma, 1 primi contrappesi al regime di assemblea e di partito. Ma, dopo le esperienze di questi anni, l'autore ritiene che l'effetto di quegli adempimenti sia stato limitato. Nessuno dei nuovi organismi è riuscito a sottrarre ai partiti 1 poteri reali di decisione; anzi l'involuzione si è fatta più chiara e preoccupante. Per superarla, Maraninl suggerisce alcuni emendamenti costituzionali, tra i quali ti controllo con leggi sui partiti ed il governo di legislatura (l'attuazione, cioè, di quel meccanismo per cui il voto di sfiducia del Parlamento verso il governo provoca lo scioglimento automatico dell'uno e dell'altro organiamo). Egli è inoltre convinto che il ritorno al collegio uninominale nelle elezioni politiche consentirebbe al corpo elettorale un'influenza assai maggiore nelle vicende parlamentari. Le proposte dell'autore, tuttavia, persuadono meno della sua attenta analisi e sembrano derivare solo in parte dalla lezione di questo dopoguerra. Si può essere d'accordo con lo studioso quando egli lamenta l'imperfetto funzionamento degli organi costituzionali creati negli ultimi anni ed auspica modifiche legislative nel governo della magistratura, nella struttura della Corte costituzionale e nelle funzioni del Senato, ridotto ad un mero doppione della camera. E' difficile seguirlo nella sua polemica contro i partiti. Malgrado tutte le loro deficienze e gli innegabili abusi, i movimenti politici sono stati finora strumenti preziosi della lotta democratica ed attraverso di "essi hanno avuto modo di esprimersi le esigenze della maggioranza. Quanto al collegio uninominale, non si riesce a credere come basti questo meccanismo elettorale a ristabilire uno stretto contatto tra eletti ed elettori ed a limitare -la disciplina di partito. Né si può trascurare 11 pericolo di una nuova radicalizzazione della vita politica con divisione dei voti tra cattolici e comunisti. Nicola Tranfafflia

Persone citate: Giuseppe Maraninl Ii

Luoghi citati: Italia