Il vecchio Ford domina a Locarno coi gloriosi personaggi di «Ombre rosse»

Il vecchio Ford domina a Locarno coi gloriosi personaggi di «Ombre rosse»Il vecchio Ford domina a Locarno coi gloriosi personaggi di «Ombre rosse» I film del creatore del western, presentati in retrospettiva, sono ancora freschi e avvincenti - Proteste di tedeschi contro «Le quattro giornate di Napoli» - Oggi una pellicola canadese e una polacca (Dal nostro inviato speciale) Locarno, 18 luglio. Dalla finestra della nostra camera d'albergo occhieggiamo le gloriose immagini di < Ombre rosse ». Per ora è il vecchio Ford con la suo < re trospettiva» il dominatore di questo sedicesimo Festival di Locarno, non ancora entrato nella zona competitiva, riservata quest'anno a < opere prime » di registi, attori, sceneggiatori e musicisti. Si è infatti cominciato con due «fuori concorso »: « Le quattro giornate di Napoli > di Nanni Loy che ha avuto la sera dell'inaugurazione un caldissimo successo, ialvo, s'intende, da parte Ut certa clientela tedesca che s'ostina a negare la storia, e alla quale (gli affari sono affali) si deve se nell'atrio dell'albergo presso cui si svolge il Festival è comparso stamani un curioso cartello in cui ia direzione dichiara di scin dere la propria responsabilità da quella degli organizzatori della Mostra in merito alla proiezione del film di Loy; e il film cecoslovacco «C'era una volta un gatto» di Vojitech Jasny, vivido impasto di commedia e di balletto a colori bellissimi, del quale vi è stato già ampiamente parlato dall'ultimo Festival di Cannes ove ottenne un meritato premio. Ma si diceva di Ford. Impe gnato nella lavorazione di un nuovo film, difficilmente il re gista, come ha mandato a dire con .ammarico, potrà essere presente sulle rive del Verbano in occasione di que sta sua beneficiata. Lo hanno rappresentato finora, pfU che degnamente, due delle undici opere che la direzione del Festival ha scelto dalla sua sterminata produzione come materia per un profilo criticostorico: « The Iron horse » (19£5) e «Stagecoach> (1939). La prima appartiene quasi alla preistoria di Ford, al secolo Sean Aloysius Feeney, nato sessantotto anni fa nel Maine (Stati Uniti) da ceppo irlandese. Dopo una produzione commerciale e anonima di western interpretati da Harry Carey il successo di Carneo Kirby, con John Gilbert, indusse Ford a firmare i suoi lavori, e il primo fu appunto The iron horse (*. il cavallo d'acciaio *) western epico dove la figura del presidente Lincoln è abil mente collegata alle vicende della prima ferrovia transcontinentale. In questa primizia, che ebbe anche il merito di ri velare l'attore George O' Brien (uno dei tanti tenuti a battesimo dal nostro), il pubblirn di Locarno ha riconoscili- to gli albori di un maestro: quei maestro che subito dopo ha rivisto giunto a perfezione nel famoso Stagecoach (meglio conosciuto in Italia col proverbiale titolo « Ombre rosse >), un film da cui ricomincia, come genere artistico, la storia del western, fino allora più o meno mescolata a quella dello spettacolo da circo. Proprio dei classici è di non portare polvere: e lucido, teso e avvincente il film è apparso ancora oggi, dopo tanto logorio di anni e di imitazioni. Ford era entrato nella sua grande vena anche per merito dello scrittore Dudley Nichols, suo fedele e illuminante collaboratore per tanti anni.'Ma la storia ricorda anche il nome del produttore di Ombre rosse, W. Wanger, a cui piacque il soggetto e lo difese dalle ingerenze della censura (storia vecchia, sempre nuova), alla quale non poteva piacere una vicenda che aveva per personaggi un bandito evaso, una prostituta, un alcoolizzato e un baro. Eppure da questa qente di malaffare uscì, se uscì mai, la poesia del western. La retrospettiva continuerà con Pattuglia sperduta, Traditore, Tutta la città ne parla, La più grande avventura, Furore, Il lungo viaggio di ritorno. Sfida infernale e altro memorabili tappe dell'evoluzione fordiana. Col Canada (Solo e con altri; e la Polonia (Oro) avrà inizio la rassegna dei film in concorso, dei quali giudicherà una giurìa composta dal ■produttore Philipp Lifchitz (Francia), dall'attore Michel Simon (Svizzera), dal regista Roberto Siodmak (Stati Uniti), dal regista Valerio Zurlini (Italia) e dal regista Jiri Weiss (Cecoslovacchia). Leo Pestelli