I gollisti non formano un vero partito sono una chiusa società di «fedeli» di Sandro Volta

I gollisti non formano un vero partito sono una chiusa società di «fedeli» — UNO SPREGIUDICATO LIBRO POLEMICO DI VIANSON-PONTÉ — I gollisti non formano un vero partito sono una chiusa società di «fedeli» Il gollismo non ha né dottrina, né autonomia organizzativa - La sua forza sta nel legame, mistico e mitico, che unisce gli aderenti ad un Uomo insostituibile: il Generale (Dal nostro corrispondente) Parigi, luglio. «Il gollismo è qualche volta mille fedeli, qualche volta il Paese intero: tutti sono stati, sono o saranno gollisti ». La definizione è dello stesso Charles De Canile e riflette non soltanto lo scetticismo del generale e il suo distacco verso coloro che lo seguono, ma anche l'estrema fluidità del partito che ha oggi la maggioranza quasi assoluta della rappresentanza nazionale. Partendo da questa definizione, uno dei più autorevoli commentatori delle vicende parlamentari francesi ha pubblicato un libro che non ha forse precedenti nella letteratura politica contemporanea: « I gollisti », di Pierre ViansonPonte, apparso in questi giorni nella collezione l'Histoire immediate delle < Editions du Seuil ». Un libro spesso irritante, ma indispensabile a de cifrare l'insolita vicenda della Francia attuale. Se il gollismo è come lo ha definito il generale, come ci si può stupire che ci siano infiniti gollismi? E' stato tenta to più volte di distinguerli e di classificarli, ma il tentativo è sempre fallito davanti all'in consistenza della materia in esame. Tuttavia, il gollismo è, nel 1963, una realtà che non si può negare: secondo Vian son-Ponté, «la sua autopsia rivela che non costituisce né una dottrina né un'organizzazione, ma semplicemente una esperienza vissuta ». L'esperienza personale del generale ne è all'origine: la sua passione per la Francia, la concezione del potere incarnato e dello Stato che dirige la nazione, la tecnica dell'azione positivista e pragmatista, la persuasione della grandezza del Paese e dell'infantilismo del popolo. Viene poi l'esperienza vissuta nelle relazioni fra il generale e 1 suoi fedeli (i féals): al centro vi è il principio della fedeltà, in un legame feudale di natura mistica e mitica. Il gollismo è anzitutto un'avventura cameratesca: il legame, per i veri camerati, è indistruttibile. Secondo l'autore, anche dopo essersi rivoltato ed essere stato espulso ed esiliato, Jacques Soustelle rimane membro del clan. In queste condizioni, ci si può chiedere chi sono in realtà 1 gollisti, quale criterio permette di considerare uno piuttosto che un altro fra i féals. Per poterlo fare non c'è forse un mezzo migliore di considerarli uno per uno, ed è appunto ciò che ha fatto ViansonPonté pubblicando questo libro, che è una specie di Who's who del gollismo, ossia un dizionario biografico dei principali protagonisti dell'avventura gollista. Sono, in tutto, un centinaio di nomi, molti dei quali pres soché Ignoti; ma non dì meno nomi di uomini che si dividono oggi fra di loro il potere, incontrastati in ogni attività del la vita pubblica. Precede l'elenco una succinta descrizione della liturgia attraverso la quale sì manifesta la fedeltà gollista. Presentando la propria opera, l'autore si augura «che i personaggi citati non vi vedano malizia, che il sovrano non vi veda sacrilegio ». Una certa malizia sarebbe tuttavia difficile non vederla in qualcuna delle definizioni biografiche. A proposito del primo ministro, per esempio, Vianson-Ponté, ricorda che « Georges Pompidou, secondo i suoi biografi, sarebbe stato professore. Poi avrebbe appZi-l cato il diritto al Consiglio di Stato c al Consiglio costitu-1 zinnale. Nello stesso tempo'.•lurebbe diretto una banca i'l'affari. Sarebbe anche l'auto- jre d'una recente opera inicili si manifesta una passio-ine per Baudelaire, dell'inclinazione per Apollinaìre e del gusto per Eluard. Alcuni as Sicurano di averlo visto tra-Upiantare rose nel giardinoìd'una casa bianca di Orvil-\liers. Ed è lo stesso uomo chelsarebbe diventato, nell'aprile'.1962, primo ministro della Quinta Repubblica». L'autore spiega poi il mistero di tante metamorfosi, per concludere: « E' l'ambizione che lo ha perduto: alla lista prestigiosa delle qualità successive o simultanee che ornavano già il suo biglietto di visita, ha voluto aggiungere il titolo deprezzato di ex capo del governo della Quinta Repubblica. Ha voluto abbagliare il suo paese natale, Montboudif, che lo ha visto nascere e di cui ha meditato lungamente di diventare sindaco e, forse, chissà, consigliere generale. Domani, affinché la sua rinomanza si estenda ai limiti del Cantal, può aspirare a succedere a De Gaulle. Stia attento: può non essere il solo a pensarci». Su Michel Debré, a conclusione d'una lunga biografia in cui vengono messe in rilievo tutte le contraddizioni della sua carriera politica, l'autore scrive: «Diventato "leader" della maggioranza, è rimasto in fondo al proprio cuore il capo dell'opposizione di sua maestà e lo farà ben vedere. Perché mira ormai più alto e più lontano. Quando verrà il momento, se potrà, sarà il candidato della fedeltà ». l Tralasciamo i personaggi meno noti, sui quali la per1 fidia dell'autore si esercita '.ancor più pungente. Ma co ime non riferire questo ritrat jtino di Olivier Guichard, la ivittima esemplare della ingraititudine sovrana? «In seno alla famiglia gollista, il suo compito è particolarmente difficile eppure necessario. Quan Ulo un oppositore si lamenta ìche "essi" accaparrano tutti \i posti, che "essi" si sono aslsicurati tutte le grandi pre'.bende, Olivier Guichard viene a o n o a e " o l a . o à l citato ritualmente ». Ed ecco André Malraux: « Non è più il genio incandescente e prestigioso che inquieta e seduce, l'enfant terrible del gollismo: è il vecchio zio del quale si tollerano i capricci con una indulgenza divertita, perché agli occhi dei vicini di casa onora la famiglia ». In quanto a Francois Mauriac, * provocante o sarcastico, spesso irritato, qualche volta violento, sempre suscettibile, è prima di tutto un polemista; il migliore della nostra epoca, senza possibilità di contestazione. Però, è troppo gran signore per poter militare, per poter dipendere da un partito ». In conclusione, fra De Gaulle e Mauriac, « non c'è mai stata intimità reale, né vera complicità. Il primo, forte di tutta la sua certezza, non ha nell'azione uno sguardo né un pensiero altro che fuggitivo per il secondo, che, viscerale e angosciato, magnifica interpreta, ma esita anche e s'interroga ». Non mancheranno le polemiche intorno alle centonovanta paginette di questo libro. Molte delle persone prese dì mira sono d'altronde amici personali di Pierre Vianson-Ponté, che a vent'anni ha preso parte attiva alla Resistenza ed è stato perciò anche lui tino dei primi seguaci del generale De Gaulle. Dopo la Libe.-azior.e, ha fatto una brillante carriera giornalistica: redattore capo del settimanale L'Express dal primo numero fino al 1958, poi per cinque anni capo «lei servizi politici di Le. Monde. Sandro Volta III Milli: un illllllllinillllllllllllllllllllllll

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