Paolo VI forse sarà il primo Pontefice che si recherà a visitare gli Stati Uniti di Vittorio Gorresio

Paolo VI forse sarà il primo Pontefice che si recherà a visitare gli Stati Uniti COLLOQUIO DI 40 MINUTI IN VATICANO TRA KENNEDY E IL PAPA Paolo VI forse sarà il primo Pontefice che si recherà a visitare gli Stati Uniti Il Presidente americano gli ha rivolto un caloroso invito a nome dei cattolici del suo Paese - In una allocuzione in inglese il Papa ha rilevato che nei discorsi di Kennedy si riscontra « una spontanea armonia » con la Pacem in tetris di Giovanni XXIII - Riferendosi al problema razziale, ha aggiunto : « Noi ricordiamo sempre gli sforzi che ella compie per assicurare a tutti i concittadini gli uguali benefici della cittadinanza che hanno per fondamento l'eguaglianza di tutti gli uomini» (Nostro servizio particolare) Città del Vaticano, 2 luglio. Paolo VI non ha escluso la possibilità di recarsi negli Stati Uniti: rispondendo stamane alla calorosa esortazione che il presidente Kennedy gli rivolgeva a nome di tutti i cattolici del Nord America, il Papa infatti si è limitato ad alzare le braccia, divaricate, le palme delle mani aperte verso l'alto, come a indicare che l'attuazione del disegno è solamente devoluta alle buone disposizioni della Provvidenza. Se la Provvidenza vorrà, un Papa per la prima volta nella storia traverserà l'Atlantico a portare la sua parola e la sua benedizione al Nuovo Mondo. Perché ciò avvenga, tuttavia, è necessario che la Provvidenza sia opportunamente coadiuvata dalla buo¬ na volontà degli uomini, ed a questo riguardo sono già abbastanza chiare le condizioni alle quali, secondo la Segreteria di Stato vaticana, è possibile che Paolo VI accolga t'invito di Kennedy. La prima, ed essenziale, è che gli Stati Uniti finalmente arrivino a riconoscere la posizione della Santa Sede anche sul piano diplomatico, seguendo l'esempio di quasi tutti, ormai, i Paesi del mondo, anche ie abitati da popolazioni in maggioranza non cattoliche. In secondo luogo — come si deduce da un passaggio del discorso ufficiale pronunciato dal Papa stamattina in Vaticano — si ritiene necessario che negli Stati Uniti si raggiunga preventivamente una soluzione ai conflitti che contrappongono in questo momento i cittadini di vario colore, non tutti ancora pienamente equiparati nel godimento dei diritti civili. Il colloquio tra Paolo VI è il presidente Kennedy ha avuto stamattina una durata eccezionalmente lunga, circa quaranta minuti, senza alcun altro interlocutore nella biblioteca privata, neppure in funzione di interprete, dato che il Papa parla e intende correntemente l'inglese. Kennedy è arrivato in Vaticano in leggero ritardo sull'orario previsto — alle 10,11 anziché alle 10 — ,e subito è stato introdotto, da solo, alla presenza del Papa. Le regole del cerimoniale, per il breve corteo dal cortile di San Damaso fino alla seconda loggia e di qui per la sala Clementina e quella dei Sediari, dei Gendarmi, della Guardia Palatina e degli Arazzi, per la cappella Barberini fl.no alla sala del Trono e a quella del Tronetto, erano le norme per le visite private, quindi con poco spiegamento di corpi armati e dignitari. Tuttavia, l'accoglienza era del tutto eccezionale, al di là delle forme protocollari, e straordinario l'interesse. Se ne coglieva il segno, facilmente, dalla stessa vivacità del primo dialogo avvenuto fra il segretario di Stato, cardinale Cicognani, e il presidente Kennedy nella sala del Tronetto. Sul cardinale, fragile d'aspetto e di ninute proporzioni, il Presidente inclinava dall'alto della sua statura il rosso capo ricciuto piegato benevolmente, e il cardinale parlava rapido, accompagnando con lé"mani appena disgiunte, a piccoli scatti, le parole fluenti; e Kennedy, dall'alto, pareva annuire. Poi, quando Kennedy disparve oltre la soglia della biblioteca privata del Pontefice, nella sala del Tronetto il cardinale Cicognani restò a lungo seduto in conversazione col suo collega segretario di Stato Dean Rusk, che teneva le mani incrociate sulle ginocchia, guardava in alto, guardava avanti, generalmente annuiva; senza forse, fmpe- giiSrsi su yiesSUrl punto cony cretamente, ma dimostrando in ogni modo un'attentissima partecipazioìie. Tutto intorno, frattanto, nelle anticamere pontificie, avanti e indietro passeggiando tra bussolanti, guardie svizzere, sediari, camerieri | segreti di spada e cappa in vesti spagnolesche, e mo?isignori dai mantelli paonazzi, si aggiravano le marsine indorate dei dignitari della corte pontificia, l'uniforme bianca dell'aiutante navale di Kennedy, capitano Tazwell T. Shepard, l'uniforme grigiazzurra del brigadiere generale Godfrey T. McHugh, aiutante aeronautico, le sobrie giacchette di colore scuro del capo del protocollo, Angier Biddle Duìce, dell'assistente particolare Me George Bundu, del consigliere particolare Theodore C. Sorensen, del capo dell'ufficio stampa Pierre E. G. Salinger, e finalmente i pizzi, i veli svolazzanti e le trine trapunte dell'elegante acconciatura della sorella di Kennedy, Eunice Shriver, la sola donna nel corteggio presidenziale. L'attesa dei distinti personaggi americani nelle anticamere pontificie è durata una quarantina di minuti, essendo in corso il colloquio tra il Papa e il Presidente. Circa alle undici si sono aperte le porte della bibHoteca privata, sono state fatte le presentazioni e il Papa ha letto un indirizzo, in inglese, di benvenuto all'ospite e di elogio alla sua politica. Ha cominciato a ricordare che Kennedy, ancor giovane, venuto a Roma per l'incoronazione di Pio XII era entrato in Vaticano per la prima volta nel 1939, incontrandovi a quei tempi il minutante della Segreteria dì Stato, monsignor G. B. Montini. Ha ricordato ancora i propri viaggi negli Stati Uniti traendone spunto ed occasione per elogiare, oltre che l'operosità, lo schietto e profondo spirito religioso del popolo americano, la sua generosità, il suo spirito di pacifica intraprendenza, anche rivolto all'esplorazione degli spazi, in imprese che possono giovare «al vero e pacifico progresso che unisca gli uomini in una stretta relazione di fraternità universale ». A questo punto, sono cominciate le dichiarazioni di valore, niù'propriamente politico. Un primo accenno è stato dedicato alla concorrenza che il Papa ha riscontrato frequentemente fra i discorsi di Kennedy e l'enciclica di Giovanni XXIII «Pacem in terrisi. Ha detto Paolo VI: « Con questa chiarezza, nei vostri discorsi sono richiamati gli alti principi morali di verità, di giustizia, di libertà! Noi vi troviamo una spontanea armonia con quello che il nostro venerabile predecessore, Papa Giovanni XXIII, disse nella sua ultima enciclica " Pacem in terris " quando egli presentò al mondo il costante insegnamento della Chiesa sulla dignità della persona umana, dignità che Iddio conferì all'uomo nel crearlo a propria immagine e somiglianza ». Dal discorso generale sulla pace, a quello sulla dignità della persona umana in quanto tale, l'avvìo era facile alla considerazione del problema della convivenza ed uguaglianza tra le razze negli Usa: «Noi ricordiamo sempre nelle nostre preghiere — ha detto infatti il Papa a Kennedy — gli sforzi che ella compie per assicurare a tutti i suoi concitta- dini gli uguali benefici della cittadinanza, che hanno per fondamento l'uguaglianza di tutti gli uomini a motivo della loro dignità come persone umane e come figli di Dio ». Kennedy ha ascoltato il discorso ufficiale con severa e tesa attenzione, le braccia conserte, il capo volto nettamente verso destra, dove il Papa sedeva, leggendo l'indirizzo di saluto. Il Papa, al termine, si è alzato, si è tolto gli occhiali, ha porto la mano a Kennedy che per due volte, con un franco vigore cordiale, l'ha stretta fra le sue, cogliendo anzi l'occasione del momento per esortare il Papa a compiere un viaggio negli Stati Uniti. Paolo VI ha risposto levando le braccia nell'invocazione del consenso della Provvidenza al compimento del disegno, che rimane subordinato, come si è detto in principio, a due fondamentali condizioni. Il discorso è poi proseguito sul tema generale della pace, e su questo argomento è avvenuto il congedo sulla soglia della sala del Tronetto. Speditamente, Kennedy ha ripercorso la teoria delle sale, è disceso nel cortile di San Damaso, vi è stato accolto dalla squillante banda della guardia palatina che in suo onore ha intonato l'inno pontificio di Gounot. Gli squilli erano alti, tanto alti ohe dal cortile in basso salivano ad invadere la sala Clementina, dove frattanto il Papa stava porgendo il suo saluto e la sua benedizione agli alunni del collegio ecclesiastico nord americano. Diceva loro: «Ho ricevuto il vostro Presidente e voi conoscete quale sia stato l'argomento del colloquio: soprattutto la pace nel mondo, sotto la protezione di Cristo ». Ma, per farsi sentire dagli alunni americani, Paolo VI ha dovuto ripetere due volte il suo breve messaggio, dopo che gli scoppi • gli squilli della fanfara che suonava nella corte in onore di Kennedy finalmente si furono placati. Allora solo ha potuto ripetere ciò che aveva già detto al Presidente ed al suo seguito: «E' altamente da elogiarsi l'instancabile sua attività per conseguire la pace nel mondo. Noi siamo fiduciosi che queste sue fatiche troveranno pronta risposta da parte di tutti gli uomini di buona volontà. La pace universale, nella carità e nella giustizia, può essere raggiunta, • noi pensiamo che gli sforzi degli Stati Uniti saranno fruttuosi e contribuiranno ad assicurare a tutti ì popoli di questo mondo travagliato, quella pace che li metterà in grado di prosperare • di godere le benedizioni ad essi riservate da Dio. A tale fine, seguendo l'esempio dei nostri predecessori, noi pure consacriamo le nostre preghiere, le no3tre energie e la nostra vita». Vittorio Gorresio