Attualità e impegno del cinema antifascista

Attualità e impegno del cinema antifascista IL CONVEGNO NELLA CITTÀ MARTIRE DI GRUGLIASCO Attualità e impegno del cinema antifascista Nel quadro delle celebrazioni per il ventennale della lotta di Liberazione, si inaugureranno tra qualche giorno, nella città martire di Grugliasco (Torino), una rassegna e un convegno sul cinema antifascista in Italia. Occorre subito rilevare l'opportunità dell'iniziativa. Oltre a riproporre documenti, film sull'argomento — per un riesame critico sul piano culturale ed espressivo — essa darà l'avvio a un dibattito che ci si augura ampio e articolato, tale da coinvolgere la situazione del nostro cinema negli ultimi anni. Forse sarebbe conveniente che riferimenti venissero fatti in un contesto ancora più vasto, prendendo in considerazione prodotti significativi, passati e recenti, di altri paesi. Alludiamo, per esempio, ai francesi // giorno e l'ora, ultimo film di René Clcmcnt, e La traversata di Parigi di Claude Autant-Lara. Il film di Autant-Lara, pubblicato nel 1957, ci sembra infatti assai indicativo nell'ambito del malessere e sbandamento di una società — non soltanto francese — che appare sempre più preoccupante e che dell'errore ha fatto il suo « compagno quotidiano ». Desunto da un rac conto di Marcel Aymc, La traversata di Parigi intende offrire un quadro della capitale occu pata, attraverso le vicende di due uomini. Martin, conducente di auto pubbliche, senza lavoro per la penuria di benzina, costretto a vivere di « borsa nera », e che peraltro conserva una fondamentale onestà-, Grangil, noto e ricco pittore che quel « mestiere » sceglie per una notte, quale divertimento. La natura di quest'ultimo rimanda a quanto si è detto del Marat di Dróie de jeu. Come per il protagonista del romanzo di Roger Vailland la Resistiti za, cosi per Grangil la « borsa nera » è soltanto una « forma di vita », imposta dalle circostanze e che assomiglia a un eccitante al pari dell'alcol o della droga destinato a far vivere più intensamente, a far superare se stessi nella « noia ». Considerando la vita soprattutto fatta di incontri imprevisti, di pericolo, a Grangil sembra importante riuscire in un'azione di « borsa ne ra », come a Mara; in un'azione di sabotaggio. In questo clima al di fuori della legge, questa esistenza marginale, entrambi vedono nell'avventura un gioco, « al quale può dedicarsi lo spirito superiore, l'uomo li berato da ogni legame ». Sorpresi dai tedeschi men tre attraversano clandestinamen te Parigi — dalla «Rive gau che » a Montmartre — Martin viene mandato in un campo di concentramento; il pittore è invece rimesso in libertà. La satira con la quale è descritta la sorte dell'uno e dell'altro, lascia perplessi. Il livellamento d simpatia tra i due personaggi sembra contraddire le intenzioni dichiarate dal regista: quel « riso vendicatore » cui tenderebbe, e volto a condannare nostalgici ritorni. A un gusto e uno stile eccessivamente naturalistici, si accompagna un mordace disprezzo per ogni avvenimento storico, o comunque un totale pessimismo dinanzi a una lotta di Liberazione — del resto neppure accennata in modo diretto nel film — che nulla avrebbe cambiato, ma tutto lasciato come prima. Il finale è eloquente al riguardo : i due si ritrovano, per caso, a guerra finita; il pittore più fiorente e ricco di prima; l'ex tassista rinsecchito <• ridotto a fare il facchino. Dove rintracciare quel qualcosa che non va e di cui lo stesso Autant-Lara afferma di non rendersi conto? L'ambiguità che diventa sistema, la confusione tra il giusto e l'ingiusto, tra l'o eroe » e il vigliacco, il qualunquismo a un grado di raffinatezza e decomposizione inimmaginabili, corrispondono certo, come si è «sservato, all'atmosfera che si andava creando in Francia e altrove. Ma ciò non basta a spiegare questa indiretta revisione della Resistenza che, pur non essendo denigrazione, esclude la carica popolare che, sia pure in quel caso in modo disperso, il movimento ebbe. Nel constatare che le cose non sono andate come avrebbero dovuto, un « riso vendicatore » di tale natura — cinicamente pessimista, cioè — è impotente a frenare i rigurgiti nostalgici, an zi li favorisce e aumenta. Autant-Lara non riconosce che una rivoluzione, per quanto « tradita », possa sempre produrre, come produce in una certa misura e in una parte degli uomini, un-, nuova coscienza, una diversa orospettiva. Si >.-• jene — osservava Alvaro — che la vita è ingiusta, che la storia fa vittime sulla sua strada: accade in tutti gli organismi, in tutte le società, in tutti i tempi; ma accade per una lotta, per una evoluzione naturale, per una reazione, per una conquista faticosa della società: li«fndmrstmplclesdilgdnizvumagfigqztèsfztl liberamente, non per decréto'. « Accade in un giorno di trionfo, in cui si ha ragione di un nemico. Un'altra società succede, commetterà altre ingiustizie, ma assiste la speranza che si arriverà un giorno a ridurre queste al minimo possibile e sopportabile, che sta a noi sceglierci i maestri, i profeti, i martiri, i precursori, e a noi stessi spetta la libertà di opporci ». ' In Autant-Lara la Parigi occupata, vista del resto nei suoi lati negativi, si riduce davvero e soltanto a un pretesto per misurare gli errori degli uomini e della società,' quasi questa fosse impotente di fronte a essi, all'» assurdità » del mondo. Il regista è naturalmente influenzato da Marcel Aymé, che in Uranus (1948) offre un'immagine ironica e crudele della Liberazione. Persino quel libro, tuttavia, non è del tutto pessimista: un professore, che sembra espri mere le idee del romanziere, dà a una delle vittime qualche ragionevole speranza. Autant-Lara finisce invece col condividere il giudizio che della Resistenza, di quel periodo, consegna il Clou zot di Manon: il «riso vendicatore » cui entrambi rimandano è analogo, almeno nei risultati se non nelle intenzioni. Autant-Lara è parimenti influenzato dalla cosiddetta « reazione neoclassica » nella letteratura francese, di cui appunto Aymc è uno dei padri spirituali. Come noto, verso il 1950 un cambiamento di clima si verifi ca con l'apparizione di scrittori che, in genere, non hanno partecipato agli eventi del '40, sebbene ne abbiano subito le conseguenze. Soprattutto essi non si sentono a loro agio nella Fran eia del dopoguerra, — ricorda Maurice Nadeau —: senza perdere la sua influenza, Sartre non esercita più il medesimo interesse; questa eclissi dell'esisten zialismo, sul piano filosofico letterario (e su quello cinematografico, possiamo aggiungere), coincide con la fine delle illusioni che nutrivano gli ex partigiani e con uno scivolamento nello stato di cose anteriore alla guerra. Si sente appunto « che in fondo "niente è mutato " e che "tutto ritorna come prima non sembra più utile proseguire le dispute sull'impegno ». Poiché non possiamo far niente, limitiamoci all'esercizio del nostro mestiere: tale è anche il ragionari:-_iito di Clcmcnt in // gdfigrrrsstdAmdistrrcvtrpcvfliimiiiimiiiimiiiiMiiiiniuiiiiiiiimiiiiiiiiiiii giorno e Vora, che nel migliore dei casi possiamo definire un film di disimpegno nell'impegno: la storia d'amore tra una ricca francese e un aviatore americano, le loro avventure durante l'occupazione e la Resistenza in Francia, entrambe viste sullo sfondo e in modo del tutto superficiale. Certo non possiamo concludere dicendo che sia il film di Autant-Lara sia quello di Clément, — al pari di molti altri, di diversa nazionalità e anche italiani, — servono a una precisa connotazione storica e di natura civile: quella natura che ritroviamo a esempio nella lettera scritta agli amici, prima della condanna a morte, dal diciannovenne Giacomo Ulivi, studente: tNo, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché noti ne avete più voluto sapere ». . Guido Aristarco

Persone citate: Città Martire, Claude Autant-lara, Giacomo Ulivi, Guido Aristarco, Manon, Marcel Aymé, Maurice Nadeau, René Clcmcnt, Roger Vailland, Sartre