Due secoli d'arte e di civiltà piemontese rivivono in una raffinata e fastosa rassegna di Marziano Bernardi

Due secoli d'arte e di civiltà piemontese rivivono in una raffinata e fastosa rassegna STAMANE SI INAUGURA A TORINO LA MOSTRA DEL BAROCCO Due secoli d'arte e di civiltà piemontese rivivono in una raffinata e fastosa rassegna Centinaia di opere belle e preziose, migliaia di oggetti sono esposti in tre sedi, che rappresentano la più alta espressione dell'età barocca - A Palazzo Madama, cuore antico di Torino, il visitatore si accosta all'architettura ed alla scenografia, la più tipica espressione di quell'età - Nella «palazzina di caccia» a Stupinigi, domina il'gusto per il bel mobile ed il leggiadro ornamento - In Palazzo Reale sono raccolti gli arazzi e gli argenti, i quadri é le ceramiche, le sculture ed i libri ed i ricami - Alcuni «pezzi» sono giunti anche dall'America; mai ci fu una esposizione così felicemente completa e spettacolare per i profani H grandioso, affascinante spettacolo che s'inizia stamani a Torino — l'immensa mostra del Barocco piemontese — non vuole essere' soltanto una delle più vaste e complesse rassegne artistiche finora tentate in Italia, ma, come abbiamo cercato di far intendere nell'articolo di ieri, lo specchio fedele nei suoi vari seducenti riflessi del costume e della civiltà del popolo subalpino durante circa due secoli, il Sei e Settecento. Non mancherà certo occasione nel corso di quattro mesi, cioè fino a tutto ottobre, di ritornare con un discorso critico sopra un tema che sempre più va interessando gli studi internazionali, 1 quali finalmente rivendicano al Piemonte il posto che gli compete nella storia dell'arte europea. Oggi, per il chiarimento del lettore, ci limiteremo alla pura cronaca. La mostra si ricollega idealmente a quella che Vittorio Viale, direttore dei civici musei torinesi, allestì nel lontano 1937 in una cinquantina di sale del Palazzo Carignano. Fu appunto l'eccezionale successo riscosso allora, sia presso una critica cui per la prima volta venivano delineati i caratteri fondamentali dell'arte piemontese nei secoli XVII e XVIII, sia presso decine di migliaia di visitatori, a far proporre dal Viale stesso, nel '59, una riedizione della mirabile espo< sizione per < Italia 61 ». Per motivi vari si rinunziò al progetto, che tuttavia, fortemente finanziato dall'amministrazione municipale, non fu abbandonato e trova adesso la sua bellissima realizzazione. Tre « musei» vivi Si tratta dunque semplicemente d'una replica? Tutt'altro. A parte il fatto che in un venticinquennio gli studi sull'arte piemontese si sono tanto approfonditi da esigere parecchie revisioni e nuove interpretazioni, la topografia stessa della mostra è assai diversa ed ampliata. Essa, da una sola, si è di' ramata in tre sedi illustri e notissime: 11 Palazzo Reale, che nei suoi fastosi saloni al piano nobile, di recente restaurati, ripuliti e riordinati dal soprintendente ai Monumenti, Umberto Chierici, costituiscono un permanente museo dell'arte barocca in Piemonte, e come tali' sono una specie di prologo alla visita della mostra vera e propria; il Palazzo Madama, cuore antico di Torino che insieme con le torri romane e snedioevali racchiude sale sei-settecentesche magnifiche per legni intagliati e dorati, stucchi, pitture; e infine la Palazzina di Caccia di Stupinigi, capolavoro architettonico di Filippo Juvarra che negli ariosi leggiadri ambienti, anch'essi recentemente risistematl sotto la direzione di Noemi Gabrielli, soprintendente alle Gallerie, ospita il delizioso Museo dell'ammobiliamento e dell'arredamento piemontese del Settecento. In questi tre storici edifici è quindi diramata la mostra ideata e diretta in modo Impareggiabile anche questa voi ta da Vittorio Viale: . in Palazzo Madama le sezioni dell'architettura, al primo piano cui si accede per uno dei più meravigliosi scaloni d'Europa, opera del Juvarra e della scenografia e del teatro al pianterreno, nel salone < voltato > sopra il primitivo cortile del palazzo per ordine di Maria Cristina di Francia; in Palazzo Reale le sezioni della pittura, della scultura dei mobili, degli arazzi, delle ceramiche e porcellane, degli argenti sacri e profani, dei ferri battuti, delle monete medaglie, dei tessuti e ricami religiosi e civili, dei libri delle rilegature; nella Palazzina di Stupinigi, il Museo che s'è detto. Con un biglietto d'ingresso cumulati vo, di sole 300 lire (metà del prezzo d'un normale spettacolo cinematografico), la visita completa — facilitata da un servizio d'autobus fra Torino e Stupinigi — di questi straordinari tesori. // miglior prologo ssaDa dove cominciarla? E probabile che il visitatore mosso da curiosità per ciò che è più vicino all'antiquariato di moda (ma subito conviene avvertire, poiché già son corse in proposito voci errate, che questa mostra nulla ha in comune con le esposizioni anti quarie di Milano e di Firen ze, essendo ogni oggetto espo sto di gelosa proprietà di musei e dì collezionisti privati italiani e stranieri che hanno concesso il generoso prestito ad esclusivo fine di cultura) diriga i suoi passi verso il Palazzo Reale. Vorremmo con¬ sigliargli invece un inizio forse meno eccitante, ma più adatto ad introdurlo nel clima barocco del Piemonte: cioè una attenta sosta nella sezione dell'architettura, a Palazzo Madama. Qui, dopo una lunga esplorazione dell'intera regione piemontese, Nino Carboneri ha presentato 260 fotografie, disegni originali, stampe, pitture, oltre alcuni modelli in legno (fra : quali Superga, 11 Castello di Rivoli, il Palazzo del Senato, oggi del Tribunale) fatti eseguire, dagli architetti progettisti, da valentissimi maestri « minusieri > del Piemonte settecentesco come Carlo Maria Ugliengo. E' una documentazione perfetta, resa anche più suggestiva dalla perizia del bravissimo fotografo Augusto Pedrini, che ha fornito ingrandimenti d'una evidenza insuperabile. L'evolversi dell'architettura in Piemonte vien cosi seguita passo passo, d'immagine in Immagine! dai primi esempi ancora manieristici di Ascanio Vittozzi — che il Carboneri di chiara sul catalogo il <vero artefice del primo barocco piemontese » — come le chiese del Monte dei Cappuccini, della SS. Trinità, del Corpus Domini, fino a Filippo Castelli, morto nel 1820, del quale resta a Torino, fra l'altro, la facciata delle scuderie dei principi di Carignano in piazza Carlo Alberto, d'accenti già quasi neoclassici. Protagonisti principali di questa esemplare lezione visiva, Ercole Negro di Sanfront, Carlo di Castellamonte, Andrea Costaguta, Francesco Lanfranchi, Giovenale Boetto, Andrea Pozzo, Amedeo di Castellamonte, Guarino Guarini, il Baroncelli, il Garove, ' Sebastiano Guala, il Taricco, il Bertela, il Falletti di Barolo, Francesco Gallo, 11 Plantery, Filippo Juvarra, Benedetto Al neri, 11 Vittone, gli Scapitta, il Tavigliano, i Martinez, il Devincenti, il Nicolis di Robilant, il Magnocavallo, il Borra, il Feroggio, il Rana, il Quarini, il Barberis, il Dellala di Beinasco. Al pianterreno, la sezione dedicata alla scenografia ed al teatro è; s'intende, strettamente legata a quella architettonica; ma pensiamo che Mercedes Ferrerò Viale, che l'ha dottamente curata in essa riassumendo 1 suoi lunghi studi in materia (esce in questi giorni, presso le edizioni Pozzo, il suo libro sulla Scenografia del Settecento e i Galliari), sia d'accordo con noi nel considerarla come la logica conclusione dell'intera mostra del Barocco. Passione del teatro La scenografia barocca ci appare infatti come una proiezione fantastica della vita e del costume nella finzione teatrale: proiezione e finzione che l'arte sei-settecentesca stringe in unità inscindibile come in nessun'altra civiltà artistica. E lo vediamo nelle incisioni del Boetto, nelle illustrazioni del Borgonio per feste, balletti, melodrammi, nei bozzetti dei Mauro, di Ferdinando Bibiena, del Juvarra, dell'Orlandi, del Righini, del Bellavite, dell'Alfieri, dell'Olivero, dì Giuseppe Blbiena, del Crosato, e particolarmente dei Galliari — soprattutto di Bernardino e Fabrizio — che per decenni furono gli scenografi acclamatissimi del Teatro Regio, fiancheggiati per 1 costumi da Leonardo Marini. Se si considera che tutta l'arte barocca si presenta come un immenso apparato scenico che sceglie nel mondo, nella società, gli elementi più tipici per costruire un teatro ideale, è chiaro che l'esempllflIcazione migliore ci è- data qui dai dieci «teatrini» composti dalla scuola di scenografia dell'Accademia Albertina, sotto la direzione di Enrico Kaneclìn, su disegni del Borgonio, del Juvarra, del Righini, dei Galliari; e l'intera sezione, curata come quella precedente, nella sistemazione architettonica, da Maria Grazia Daprà, ha- per suggello il divertente quadro dell'Olivero, che raffigura forse la serata inaugurale, nel 1740, del Teatro Regio con VArsace; ed i disegni e le stampe di feste e cerimonie torinesi, del Morello, del Boetto, del Juvarra, del Vittone; del Borra, dei Galliari, del Nicolis di Robilant, dell'Alfieri, del Guarini, del Birago di Borgaro, del Marini. Ora possiamo entrare in Palazzo Reale; e dopo aver percorso i meravigliosi saloni ai piano nobile — con la guida inserita nel catalogo da Andreina Griseri, cioè le sale delle Guardie, degli Staffieri, dei Paggi, del Trono, dell'Udieruirza, del Consiglio, il Gabinetto Cinese, il Medagliere, la Galleria delle Armi, la Camera da Letto e il Pregadio di Carlo Alberto, la Sala della Colazione con l'attigua Alcova, la Galleria del Daniele, l'Appartamento della Regina, e via via tutti gli altri ambienti stupendamente decorati fino al Salone da Ballo — ci troviamo, per cominciare la visita della mostra ospitata in questo palazzo, nel Salone degli Svizzeri. Qui ci attende una delle sorprendenti «trovate» cui ci ha abituati Vittorio Viale, maestro di museogratìa. L'intero salone è trasformato in una spettacolosa parata di arazzi, sistemati dall'architetto Andrea Bruno su giganteschi pannelli illuminati dall'alto e dal basso, Sono i famosi prodotti dell'Arazzeria Torinese, scelti e commentati sul catalogo da Mercedes Ferrerò Viale, che della storia dell'arazzo s'è fatta un'altra specializzazione: le serie delle storie di Alessandro, di Cesare, di. Ciro, di Annibale, 1 soggetti d'architettura e le marine, le «boscarec ce», le «bambocciate»; para menti tessuti in gran parte sotto la direzione di Vittorio e Francesco Demignot e del Dini, su bozzetti in prevalenza del Beaumont, ma anche di altri insigni pittori quali il De Mura per la Storia di Enea. La visione è entusiasmante, ma non scende di tono col procedere della visita lungo la Galleria della Sindone (dalla quale ci si può affacciare alla favolosa Cappella guariniana), la Galleria delle Battaglie, le Camere degli Archivi, sempre al piano nobile ed accessibili al pubblico per la prima volta. Varietà d'influssi ilpiacumssdlctdcnpdzE' la parata delle stoffe trapunte d'oro e d'argento e smaglianti di colori, e dei ricami riuniti dal Viale in un complesso d'indicibile bellezza: come quella, al pari splendida, dei libri sei-settecenteschi e delle ricchissime rilegature coeve, che la soprintendente bibliografica del Piemonte, Marina Bersano Begey, ha scelto con alta competenza, ottenendo anche dal Museo di Baltimora un raro codice miniato illustrante la storia di casa Savoia dalle origini al 1243. Ma a questo punto occorre un chiarimento. Uno dei criteri seguiti dal Viale nell'allestimento è stato di creare, quando era possibile, degli « ambienti » perfettamente caratterizzati. Il visitatore ha cosi l'impressione di percorrere delle sale « arredate » due o trecent'anni fa. Si tratta invece di mobili, dipinti, sculture, ceramiche, ed altri oggetti artistici disposti ir0 nome per le sue indefesse in modo da suscitare quest'il lusione. Sia nella scelta dei prestiti che nel collocamento, il Viale è stato validamente aiutato da Pietro Accorsi. Perciò ci sarebbe' impossibile in uno spazio limitato descrivere minutamente la straordinaria sequenza di divani, seggioloni, sgabelli, stipi, tavolini, armadi, cassettoni, letti, appliques. lampadari, specchiere dalle cornici rococò, porte dorate trasferite dal Museo Civico o da illustri palazzi, e via dicendo. In questo abbacinante panorama di inestimabili tesori (i mobili del Piffetti venuti dal Quirinale valgono dozzine di milioni, e non sono-da meno quelli del Bonzanigò e di altri ebanisti piemontesi)vcon viene tuttavìa isolare alcune sezioni importantissime. Anzitutto la pittura, fatica particolare d'una studiosa docente universitaria di chia ricerche e acutissime intuizioni, Andreina Griseri. La pittura infatti, documentata a cominciare dal!'Argenta (15101573), ritrattista di Emanuele Filiberto, fino ai Cignaroli, ai Rapous, al Testo, al Pécheux, è quella che con le presenze del Gentileschi, del Valentin, del Cerano, del Cairo, dell'Albani, del Guercino, del Dufour, del Miei, del Dauphin, del De Ferrari, del Maratta, del Seyter, del Legnanino, del Solimena, di Sebastiano Ricci, del Trevisani, del Conca, del Giaquinto, del Van Loo, del Crosato, del De Mura, dell'Ami goni, del Guglielmi, del Nogari, testimonia le componen- ti «forestiere» della pittura ■ 11111 r 11 imi unir 1111111111111111 ! 111 ■ 1 piemontese barocca; che ha i suol rappresentanti < indigeni » nel Tanzio, nel Musso, nel Vermiglio, nel Holineri, nel Caravoglia, nel Beaumont, nel Molinari, nella Clementi, nel Guala, nell'Aliberti, nell'Olive ro, nel Graneri, in Vittorio Amedeo Cignaroli, nella Gili e in altri qui presenti. Cercheremo dunque i rapporti, le ascendenze, il gioco sottile delle interferenze nei quadri appesi alle pareti, negli affreschi dei soffitti, nei pannelli degli zoccoli, attorno e sopra i magnifici complessi di ammobiliamento e arredamento. Un'opera fondamentale e e i e a a a e i è l l , l , , Passeremo poi, con uguali intendimenti, alla scultura curata egregiamente da Luigi Malie; e movendo da un altare valsesiano osserveremo ora 1 soffitti intagliati dai Dugar, dai Botto, dal Neurone, ora, in Palazzo Madama, gli stucchi dei maestri luganesi, e sistemate a Palazzo. Reale, le sculture del Duquesnoy, del Lemoyne, del Plura, del Beretta, del Ladatte, del Clemente, del Bernero, dei fratelli Collino. C'è una certa affinità fra questa sezione e quella della numismatica, affidata ad Anna Serena Fava ed a Luigi Sachero: ed anche qui esemplari stupendi presentati in eccellenti condizioni di visibilità. Una rivelazione sarà per molti visitatori il gruppo magnifico degli argenti; perché Augusto Bargoni, che ha scelto col Viale questi 199 pezzi ammirevoli, ci dà per la prima volta, con lo studio attentissimo dei punzoni e dei marchi di assaggio e controassaggio, parecchie interessanti attribuzioni, ponendo le sicure basi a una storia dell'argenteria barocca piemontese. Infine Uno squisito spettacolo conclude, coi ferri battuti, la visita: quello allestito dal Viale nelle vetrine dedicate alle ceramiche delle maioliche delle manifatture torinesi, alle porcellane delle fabbriche di Torino (1737-1763) e di Vische, ed ai tanto pregiati «Vinovo». Da questi cenni sommari il lettore avrà tratto almeno un'idea della eccezionale vastità della mostra (24 sale soltanto al secondo piano del Palazzo Reale, cui il visitatore accede per lo scalone juvarriano delle «Forbici»), e della sua straordinaria complessità. E' imminente l'uscita del monumentale catalogo in tre volumi, dove, sotto la direzione del Viale, ogni curatore delle singole sezioni, dopo 1 capitoli critici introduttivi, ha minutamente schedato migliaia di oggetti. Un'opera che resterà fondamentale per la conoscenza del Barocco piemontese. Marziano Bernardi a 1111 ■ ì 1111111 ■ i m 11111 ) 1111111111111111111111111 : i < 11111111 ■ Una scena popolaresca del pittore settecentista piemontese Olivero, ricercatissimo autore di a bambocciate» Scrivania-libreria del 1750 con intarsi d'avorio di straordinaria eleganza. E* un capolavoro di Pietro Piffetti