Moro ha rinunciato a formare il governo Nenni e la direzione socialista si dimettono di Vittorio Gorresio

Moro ha rinunciato a formare il governo Nenni e la direzione socialista si dimettono LE CONSEGUENZE DEI VIOLENTI CONTRASTI E DELLA CONFUSIONE NEL PSI Moro ha rinunciato a formare il governo Nenni e la direzione socialista si dimettono La decisione del segretario de comunicala all'on. Segni - Il Capo dello Stato apre nuove consultazioni; riceve Nenni, Saragat, Reale, Merzagora e Leone - Socialdemocratici e repubblicani dichiarano di essere disponibili per una sola maggioranza: il centro-sinistra - La democrazia cristiana consiglia un monocolore provvisorio e attacca duramente il « voi. taf accia» dei socialisti - Sono proseguiti i lavori al Comitato Centrale del psi - Pertini rimprovera a Lombardi d'aver pugnalato Nenni alla schiena: «E' stato un altro 25 luglio» Predomina l'incertezza (Dal nostro corrispondente) Roma, 18 giugno. Fallito il tentativo dell'onorevole Moro per la costituzione di un nuovo governo di centro-sinistra, i dirigenti responsabili dei partiti che il Presidente della Repubblica ha sino ad ora ricevuto gli hanno confermato di essere disposti ad appoggiare solo un governò di centro-sinistra. Lo ha detto Moro nella stessa motivazione della propria rinuncia all'incarico che gli era stato conferito; lo hanno dichiarato Saragat e Reale a nome rispettivamente dei socialdemocratici e dei repubblicani, e finalmente Nenni ha fatto ancora un passo avanti sulla via della medesima risoluzione, indicando a Segni il nome dell'onorevole Saragat come quello dell'uomo politico che a giudizio del psi sarebbe il più idoneo a raccogliere l'eredità governativa nel momento presente. Sono dichiarazioni e atteggiamenti che possono anche apparire paradossali, ma che invece rispondono a una concreta logica politica. La de, designando il proprio segretario per la formazione di un governo di centro-sinistra, si era a suo tempo solidalmente . impegnata a favore di questa formula, e fino a quando Moro — che della formula è stato il primo vero autore — continuerà a tenere l'ufficio di segretario, l'atteggiamento del partito non può mutare. Socialdemocratici e repubblicani hanno più volte, responsabilmente, escluso la possibilità di entrare a far parte di governi che non avessero l'appoggio dei socialisti; e pertanto le odierne dichiarazioni di Saragat e Reale altro non sono che la ni'ituale ed onorevole conferma di un impegno già assunto. Per quello che riguarda i socialisti, la fedeltà della maggioranza del partito alla formula di centro-sinistra rimane fuori di dubbio, nonostante ciò che è accaduto negli ultimi due giorni. Si può ben deplorare la condotta dell'on. Lombardi e del gruppo che.it è raccolto attorno a lui/rantumando la corrente autonomista e provocando le dimissioni dell' on. Nenni da segretario del partito, ma se si vuol cercare una motivazione plausibile del suo atteggiamento, questa si trova solo in una certa valutazione di merito, secondo la quale, a giudizio di Lombardi, il programma di Moro e la cosiddetta « carica politica » del governo da lui progettato non erano abbastanza chiaramente di centro-sinistra. Nel colloquio con l'on. Segni, Nenni ha suggerito al capo dello Stato che l'incarico ministeriale venga affidato all'onorevole Saragat. Le probabilità che la designazione venga accolta sono evidentemente assai scarse, e Nenni stesso ne è pienamente consapevole. Si tratta in ogni modo di una designazione dimostrativa, avanzata allo scopo di far intendere che nella presente situazione italiana il psi non vede alternative alla vecchia formula, che anzi esso si propone e si augura di veder meglio garantita e rafforzata. Nessuno ha sino ad ora concretamente proposto soluzioni diverse, per il semplice motivo che anche i governi cosiddetti monocolori, o d'affari, o di transizione, hanno bisogno come tutti gli altri di una maggioranza di voti in Parlamento, e non si vede come la de possa agevolmente superare o ritrattare la preclusione posta da Moro contro i voti determinanti del partito libérale, che non sarebbero peraltro nemmeno sufficienti, presi da soli. Dopo essersi esposto e compromesso con il coraggio che ha mostrato in questi giorni, Moro dovrebbe dunque invertire la rotta e navigare nelle acque della estrema destra, per ottenere una maggioranza in Parlamento, improbabile ipotesi. Non facendo un governo monocolore, escludendo l'accoglimento dell'indicazione di Nenni a favore di Saragat, altro non resterebbe che ripiegare sul rinvio del governo Fanfani davanti alle Camere. Fanfani a Segni aveva presentato le dimissioni il 16 maggio scorso, e il Presidente della Repubblica si era « riservato di decidere» pregandolo di rimanere in carica per il disbrigo degli affari di ordinaria amministrazione. Per Segni, quindi, tutte le vie restano aperte, tutto essendosi svolto fino ad ora nei termini della più corretta prassi costituzionale. Un rinvio di Fanfani al Parlamento avrebbe il vantaggio tecnico di assicurare tempestivamente l'approva¬ zione dell'esercizio provvisorio del bilancio, che come è noto deve essere votato entro domenica 30 giugno. A questo scopo, uno di questi prossimi giorni si dovrà riunire il Consiglio dei ministri per approvare il disegno di legge preparato dalJ'on. Tremelloni che sarà poi trasmesso ai presidenti della Camera e del Senato per l'esame da parte delle commissioni e delle assemblee plenarie. Si fa osservare che, a rigore di termini, l'esercizio provvisorio del bilancio potrebbe anche venire deliberato mercé un semplice decreto legge, a norma dell'art. 77 della Costituzione. Il decreto, comunque, dovrebbe essere presentato alle Camere lo stesso giorno per la sua conversione, ed entro cinque giorni le Camere si debbono riunire. La convocazione del Parlamento, in altri termini, non può essere evitata in alcun modo, e sarà sempre il governo in carica, anche se per la sola ordinaria amministrazione, a presentarsi alle assemblee. Si tratta quindi, per il Capo dello Stato, di valutare la possibilità di costituire entro pochissimi giorni un nuovo governo monocolore, capace di ottenere a tempo di record la fiducia del Parlamento: in caso contrario non resterebbe che rinviare a tempo indeterminato la soluzione della crisi, lasciando che nel frattempo Fanfani si presenti al Parlamento nella condizione di capo di un governo ancora sub judice. Una soluzione di questo genere è tecnicamente e costituzionalmente possibile, ma sembra destinata ad aggravare il deterioramento della situazione politica che è già in corso, sicché i partiti — e coi partiti gli stessi presidenti delle assemblee — non la considerano auspicabile. Rimane l'ipotesi di imo scioglimento delle Camere e la convocazione di nuove elezioni. Da qualche parte è già stata fatta, ma essendo la soluzione indubbiamente più grave fra tutte le possibili, non si ritiene di doverla prendere in considerazione immediatamente, quando cioè non ancora si è avuta la prova obbiettiva che il Parlamento uscito dalle elezioni del 28 aprile sia di fatto un Parlamento ingovernabile. A un Parlamento che non ha ancora avuto il modo di pronunciarsi neppure una volta nessuno infatti può attribuire nessuna qualifica. Vittorio Gorresio Moro lascia U Quirinale dopo aver comunicato al presidènte Segni la sua rinuncia a formare il governo (Tel.)

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