Ritrattano i giovani che confessarono d'aver ucciso la gioielliera di Torino

Ritrattano i giovani che confessarono d'aver ucciso la gioielliera di Torino In Corte d'Assise II tragico assalto all'oreficeria Albera Ritrattano i giovani che confessarono d'aver ucciso la gioielliera di Torino Il 29 marzo dell'anno scórso, alle 20, tre individui penetrarono nel negozio di via Berthollet - Uno era mascherato e armato di pistola • Credendo che la proprietaria e il suo commesso tentassero una reazione, sparò, fulminando la signora - Poi fuggirono senza asportare nulla - Due degli imputati dicono di avere ammesso la loro responsabilità per timore della polizia Il processo per ' il delitto di via Berthollet è cominciato ieri davanti'la Corte d'Assise di Torino. L'assurdo omicidio, commesso forse più per panico chei. per ferocia, fu uno degli episodi di delinquenza che maggiormente colpirono, in questi ultimi tempi, l'immaginazione dei torinesi. Una gioieliiera. Maria Barbiroglio in Albera, fu uccisa a colpi di rivoltella mentre si apprestava i chiudere il negozio n i o o , è a n a i e r e li ba ro a a. n d o, di a il o. i insieme con il commesso, Bruno Bertulli. Bra il 29 marzo dello scorso anno, pochi minuti dopo le SO Tre giovani, uno dei quali con il volto seminascosto da una sciarpa di seta granata, entrarono nella gioielleria, il primo, che stringeva in pugno una pistola, disse: « Quattrini, merce o morte ». Una frase truculenta, da giornale a fumetti. Il Bertulli, istintivamente, si addossò alla parete e,forse fece un gèsto che fu male interpretato. Subito partirono i cólpi- di pistola ed uno ferì a morte la signora Albera. I banditi riuscirono a fuggire, senza toccare un solo prezioso. La polizia, nelle difficili e laboriose indagini, tro vò un bandolo dell'intricata matassa. Qualcuno, nei giorni precedenti il delitto, aveva cercato una pistola negli ambienti di Porta Nuova, tra gl individui senza lavoro o dai mestieri strani che pullulano in quel quartiere specialmente nelle ore notturne. A questo personaggio si riuscì dare un nome: Mariano Della Maggiora, S9 anni, residente a Pieve San Paolo, in provin eia di Lucca. La polizia lo arre sto al paese, dove s'era fatto rimpatriare con foglio di via pochi giorni dopo il fatto. Della Maggiora confessò fece i nomi dei complici: Ma rio Mighetto, £5 anni, da Re francore d'Asti, conosciuto con il nome di « Franco » e Filippo Manicone, H anni, da Ta ranto, detto « il romano ». An che questi ultimi due, dopo l'arresto, confessarono, alla polizia ed al magistrato, ren (fendo versioni che, in sostanza, si accordavano tra di loro Una divergenza, del resto comprensibile, stava ad esempio nel fatto che il Manicone il Mighetto si accusavano reciprocamente di aver sparato contro la gioieliiera. In seguito, tuttavia, i tre — sui quali pesano le accuse <ii| omicidio, tentato omicidio del commesso e tentata rapina — ritrattarono le loro ammissio- mdpsuscceprii ni, proclamandosi del tutto in-, nocenti. Ciascuno di essi si\cpreoccupò anche di ricordare un « alibi » e di fornire spiegazioni attendibili sul prò dgfiptio comportamento contrad i rdittarlo. i»in questo clima di incertezza si è aperto il processo. La corte è presieduta dal dott. Moscone, che ha come giudice a latere il dott. Scaffa, cancelliere il dott. Santostefano. La accusa è affidata al sostituto procuratore della Repubblica dott. Caccia. Siedono al banco _, „ ... ,. . . . \rdell" difesa gì, avv. Andre sDal P\az, Del Vecchio, Forchino, Liliana Longhetto Rigoni Franco Trebbi. L'avv. Bertele rappresenta il marito dell'assassinata, che si è costituito parte civile. Dopo l'appello dei numerosi testimoni, il presidente di chiara aperta l'udienza. Gli^imputati non siedono vicini]0Anche fisicamente vogliono dl-\tmostrare che non sono del\ututto d'accordo. Della Maqgio-\sra non è sul banco degli „c-\tDa l a e e o d a o a i a ai o nea e n e o a a e n pa n o a n no mo nitt\mdaanolsupcusati, insieme con gli altri, ma siede in un angolo, tra due carabinieri. Si passa all'interrogatorio di Mariano Della Maggiora. Il giovanotto è molto nervoso e il presidente lo fa sedere nell'emiciclo, sulla sedia dei testimoni. Presidente — Cosa ha da dire sulle sue imputazioni! Della Maggiora — Non ho fatto nulla. Quella sera sono rimasto al posto di ristoro della stazione con i miei amici Fascina e Cavallo. Giuro sulla tomba di mia madre che, se avessi commesso quel delitto, in coscienza lo avrei già confessato. Presidente — Lasciamo stare le tombe e la coscienza. Lei ha già detto un mucchio di bugie e sempre appellandosi alla coscienza. L'imputato ammette di aver conosciuto il Mighetto e il Manicone, ma dice che si trattava di conoscenze occasionali. Nega invece, recisamente, di aver mai cercato una pistola, anche quando il dott. Moscone gli fa osservare che alcuni testimoni lo smentiscono. Della Maggiora — In questura io ho solo firmato i verbali. I primi giorni mi hanno tenuto senza mangiare. Poi mi hanno lusingato, ed io ho costruito insieme con loro una versione dei fatti completamente inventata, solo per compiacerli. Presidente — afa in carcere, davanti al magistrato, che bisogno aveva di continuare a mentire t Della Maggiora — L'ho fatto per stare al gioco, perché in questura mi avevano promesso la libertà per Pasqua, un mi lione di taglia e un posto di lavoro. E poi, ero state anche maltrattato da alcuni poliziotti e avevo paura. Lei non sa, signor presidente, come si sta in questura e in carcere. In certi momenti, pur di essere libero, avrei incolpato anche mio padre. L'interrogatorio continua per ore, ma l'imputato non am- ncddssfzgc mette nulla. Resta trincerato dietro le pretese pressioni, soprattutto morali, che avrebbe subito in questura. Ma non riesce a spiegare in modo convincente perché, non essendo colpevole, si è accusato di un orribile delitto, indicando anche i nomi dei complici. Ad un dccerto Punt0> *«"ouio, afferma di aver saputo da un non meglio identificato « Giorgio > che fi Manicone era in grado di i rendere oggetti preziosi m Li i»"r,aa ^'interrogatorio del Manico \rilevare che la cenctta non fu og 3„ ^ ^ videro in parecch,. Ma d,ce ]0"6 st trattava d'una «Beret\ta 7-65» del delitto - \una cal- 9)- affidatagli da un \sìciUano e venduta prima del \tragico assalto alla gioielleria. Dice anche d'aver parlato ge- ne comincia alle 17. Il secondo imputato si dimostra più scal tro, ma cade subito in una con traddizione: c Sono completa \mente estraneo al delitto — dice —; quella sera partecipai ad una festicciola in casa di amici ». Il dott. Moscone gli fa pshfnicone, senza scomporsi: < Con o senza cena, io rimasi tutta la sera con i miei amici ». Il giovanotto ammette anche senza difficoltà, di avere avuto una pistola. Sarebbe troppo pericoloso negarlo, perché glie e o o o i a e , e i i i r i. i a, e eernericamente, con Mighetto e con Della Maggiora, di colpi da compiere, e in particolare d'una rapina in via Po. « Afa si trattava di imprese impos sìbili e non se ne fece nulla* Per quanto riguarda la confessione, resa prima alla polizia e poi al magistrato, le sue giustificazioni appaiono sconcertanti. « Ero stanco, avevo paura di essere maltrattato. Mi ero già buscato un paio di schiaffi. Così decisi di " inventare " una confessione, per far piacere al brig. Rizzo. Ma in sostanza, da parte mia, mi limitai a firmare il verbale». Il dott. Caccia interviene, « Anche in carcere, davanti al magistrato, ha firmato solo il verbale t ». Manicone —- Questo non lo ricordo. La risposta è meno assurda di quella che, alla stessa do manda, il Manicone diede in istruttoria. « Confessai — dis se allora — per non far per dere tempo al magistrato ». Stamane ascolteremo Mario Mighetto, l'ex sergente degli alpini che circa un'ora prima del delitto fu visto a Pinerolo. g. a L'imputato Mariano Della Maggiora interrogato ieri in Corte d'Assise a Torino

Luoghi citati: Bra, Lucca, Pinerolo, San Paolo, Torino