Mastrella rivela che anche in altre dogane si sapeva quando arrivavano gli ispettori di Gigi Ghirotti

Mastrella rivela che anche in altre dogane si sapeva quando arrivavano gli ispettori Perché i controlli finivano sempre con un "tutto bene,, Mastrella rivela che anche in altre dogane si sapeva quando arrivavano gli ispettori La direzione centrale di Roma non aveva segreti per nessuno - L'imputato era avvertito persino del contenuto delle lettere anonime sul suo conto - Ha lasciato capire che le informazioni venivano dalle numerose impiegate, parenti di alti funzionari - Presidente: « Cosicché lei aveva forte ascendente su qualcuna di queste donne?» - Mastrella: « Non ho detto questo, d'altronde non faccio nomi» (Dal nostro inviato speciale) Terni,, 31 maggio. Le « bustarelle > esistevano? L'Imputato continua a dire dì si, e indica la <Terni» come la sua grande corruttrice. Stamane è stato interrogato l'ingegner Enrico Vanni, .che fu alto dirigente della «Terni» all'epoca in cui venne istituita la famosa sezione doganale. L'ing. Vanni ha spiegato che, in un " colloquio avuto a Roma con il comm. Federico, allora capo della circoscrizione doganale, si stabilì che la sezione sarebbe stata istituita, a patto che la « Terni» avesse, in qualche modo contribuito alle spese. «Dato che a Terni non ci voleva venire nessuno, il commendator Federico, con alto spirito di umanità, mi pregò di rivolgermi alla mia azienda per che provvedesse d'alloggio il direttore. La direzione della "Terni" consentì: non appena arrivò il Mastrella gli fu corrisposto un assegno mensile. La cifra, che doveva coprire il canone d'affitto e le spese varie, fu stabilita in cinquantamila lire. Il dott. Mastrella ci rilasciò sempre ricevuta regolare ». Purtroppo il comm. Federico è morto, e del colloquio con l'estinto non esiste né un verbale, né una lettera, né un testimonio all'infuori dell'ing. Vanni. « Badi — gli fa il presidente — che l'ex direttore superiore delle dogane dott. Gioia esclude che possano essere stati stabiliti simili accordi tra la dogana e un importatore privato ». « Ne sono davvero' stupito ». « Come mai — insiste l'avv. Ciardulli, parte civile, per lo Stato — quest'assegno die agli inizi era di diecimila lire fu portato poi a cinquantamilat ». Il teste spiega che la cosa non aveva grande importanza, ai suoi occhi. « Si faceva tutto alla luce del sole, lo sapevano tutti di quest'assegiio ». « Veramente — obbietta Ciardulli — no» lo apprendiamo soltanto adesso: ma oltre a queste cifre fu corrisposto qualche altro premio al dott. Mastrcllaf ». « No! dice il teste. Anche perché i nostri amministratori sono sempre stati un po' tirati... ». « Difatti — riprende Ciardulli — quando Mastrella fu arrestato, l'assegno non fu più corrisposto al suo successore*. A questo punto, Mastrella si alza e contraddice il teste. Il « rimborso spese » famoso non fu per lui che il cacio sui maccheroni, come suol dirsi, e cioè soltanto il « fisso » mensile. Tra i favori ricevuti dalla « Terni », l'imputato elenca l'uso dell'automobile (« bastava un colpo di telefono al garage! »), il materiale di cancelleria Sfacevo ogni due o tre mesi un elenco di ciò che mi serviva, e un commesso della " Terni ", certo Barburossa, veniva a portarmi ogni cosa; era sempre così gentile e premuroso che gli davo ogni volta cinquecento lire di mancia! »); per ciò che riguarda le spese del telefono provvedeva lui, Mastrella, a spedire le notule, ogni trimestre, suddividendo la spesa tra la « Terni », la « Folymer » e se stesso. Aveva inoltre due dattilografe (tma quelle me le pagavo io »). Infine, quando cambiò di casa, ed entrò in un alloggio di sua proprietà, l'assegno della « Terni » continuò puntualmente ad arrivare. « La direzione delle dogane sapeva o non sapeva* ». « Per forza. Non ha mai pagato una lira per il telefono, per la cancelleria ». Intorno ai rapporti tra la « Terni » e la sezione doganale che avrebbe dovuto controllarne l'attività s'indaga anche attraverso una seconda deposizione ad alto livello: quella dell'ing. Umbro Fornaci, altro dirigente della società. Ma anche l'ing. Fornaci è quasi del tutto all'oscuro, a quel che sembra, di ciò che avveniva tra i suoi uffici e quelli de) Mastrella. Il capitolo degli ispettori è riaperto dalla testimonianza di un vecchio signore di vasta corporatura, il dott. Giuseppe Mastrobuono, ispettore (a riposo) del ministero delle Finanze. Quando un funzionario della delicata amministrazione fiscale cadeva nel sospetto, era affidato a luì il compito di andare e di indagare. Già sappiamo dell'ondata di lettere anonime che investi quasi ogni ufficio statale per far presente — nel 1959 — che il dinamico direttore della dogana dì Terni scialava clamorosamente « e compiva ogni sorta di malefatte con le merci d'importazione ». Una di,queste lettere volitò sul tavolo del direttore generale che spedì il Mastrobuono a Terni. Fini come già è stato detto nei giorni scorsi: Mastrobuono scoprì che Mastrella giocava al Totocalcio e che vinceva. Gli diede una tiratina d'orec chi, perché giocava troppo, e nella sua relazione scrisse che era opportuno allontanarlo (la Terni, dato che sua moglie la signora Aletta, esercitava un commercio — l'Istituto di bellezza — che non sembrava confacente alla dignità del consorte, pubblico funzionario. La proposta cadde, misteriosamente, nel nulla. Ma vediamo come si svolse l'ispezione, anzi l'inchiesta. Mastrobuono parte alla volta dell'ispezionanda sezione di Terni senza aver visto lo scritto anonimo che aveva fatti scattare la molla; senza, inoltre, aver preso conoscenza del fascicolo personale del funzionario inquisito; infine, ' senza attingere ad altre fonti che non fossero l'Intendente di Finanza (e probabilmente la Tributaria) e lo stesso Mastrella. Arrivato a Terni, il Mastrella lo accompagnò alla banca e gli fece mostrare l'elenco dei deposti da lui fatti in occasione delle vincite al Totocalcio: quarantaquattro milioni. A questa rivelazione, il Mastrobuono sbarrò gli occhi, chiuse l'inchiesta e se ne tornò a Roma a compilare il suo rapportino. « Ma è assurdo che non le sia stata fatta vedere la letr fera anonima. In essa si parlava degli sciali del Mastrella, del suo tenor di vita». « Visitai il negozio di sua moglie: mi fu detto che era stato comperato a rate, come pure l'automobile, una "1100"». «E lei ci credette? Come spiega che con tutto quel danaro vinto al Totocalcio, il Mastrella avesse bisogno di comperare mobili e immobili a rate?». Mastrobuono non spiega. * Strano! Quando si tratta] di.accertare i redditi, per la "Complementare" so che voi dell' amministrazione finanziaria andate bene a fondo su queste ■ cose », osserva il presidente. Ed il P. M.: <Lei compì una inchiesta alla rovescia. Non doveva indagare sulle vincite, ma sulle somme che giocava. La lettera anonima diceva chiaro e tondo che Mastrella faceva giocate per mezzo milione alla settimana e che stipendiava due dipendenti perché gli facessero i "sistemi"». « Inoltre — insorge il giudice a latere Blasi — nell'anonima si parlava di malefatte in dogana. Lei andò negli ufftcit Esaminò i registri delle importazioni? ». Il testimonio, con un filo di voce, finisce' per ammettere che la sua visita fu piuttosto superficiale; anzi, dal punto dì vista dei controlli in dogana, quasi inesistente: non stette lì a ficcare il naso tra] gli scartafacci dell'inquisito perché, dice, « dopo che mi fu mostrata la scheda delle sue vincite al Totocalcio ritenni che l'accusa dell'anonimo fosse infondata ». « Me ne meraviglio! Io, se fossi stato in lei, trattandosi d'un funzionario ' colpito da un'accusa così grave sarei andato a sentire anche da qualche altra autorità, avrai voluto parlare con gli importatori», fa il presidente. Anche l'avvocato Ciardulli è in piedi, con un «dossier» di contestazioni pesantissime: a tutte, il testimonio risponde con desolati gesti delle braccia: anche lui, dopotutto, era abbagliato dalla personalità del Mastrella, di cui la dogana non voleva sentir parlar male. « Delle due, l'ima — gli dice il presidente — o le sono state date istruzioni limitate o lei ha eseguito male la sua inchiesta. Ci vuol dire come stanno le cose? ». Il testimonio, ora, è tra la incudine e il martello: non sa se sconfessare i suoi antichi superiori che lo spedirono in missione a Terni o dirsi incapace d'una indagine a regola d'arte. «Almeno — fa il presidente — la sua ispezione fu improvvisa? ». « Certo, certo », assicura il dott. Mastrobuono. Ma l'imputato, dal suo box, lo smentisce: non solo Cesare Mastrella, anche in quell'occasione, ricevette da Roma la solita telefonata confidenziale, che gli préannunciava l'arrivo dell'ispettore, ma era anche al corrente della lettera anonima giunta alla direzione e che il suo fascicolo stava girando da una scrivania all'altra. « E come ha fatto a saperlo ? », domanda il presidente. Mastrella; « I segreti della, dir. rezionè generale èrano conosciuti in tutta la circoscrizione, perché a Roma gli uffici sono pieni di donne: figlie, cognate, mogli, parenti, insomma, degli alti funzionari... ». « E lei aveva ascendente su queste donne? ». « No, ma quando una donna sa, fa presto il segreto a uscire... ». « Allora, il suo informatore, se aveva bisogno d'una confidenza femminile, non era un funzionario di alto grado!». <Di alto o di basso o di medio, non voglie dire chi fosse!», risponde seccamente Ma¬ streila' °. torna a sedersi-nella sua pa -a. tra le sue donne sbadiglianti. La deposizioni: del dott. Mastrobuono (è fratello d'un prefetto, ora defunto, di cui si parlò al primo insorgere dell'affare Montesi) termina con una ridda di nuove contesta- zioni sulle quali, però, non si ncava nulla di concreto. Spazientito, il Tribunale si volge ancora una volta a Mastrella, che ha l'aria di aver qualcosa da aggiungere, in coda alla testimonianza del suo bonario ispettore d'un tempo. « Ma è una storia lunga, signor Presidente! ». E poiché sono già le 14, tutti d'accordo: Tribunala, avvocati e imputato, si rimanda a lunedì. Gigi Ghirotti L'ingegner Enrico Vanni della società «Terni» depone durante l'udienza di ieri al processo Mastrella (Tel.)

Luoghi citati: Roma, Terni