L'ombra dell'«Anschluss» rende più difficile un'associamone dell'Anstria al Mercato comune di Giovanni Giovannini

L'ombra dell'«Anschluss» rende più difficile un'associamone dell'Anstria al Mercato comune E' GIÀ' MOLTO FORTE LA PRESENZA TEDESCA NELLA PICCOLA REPUBBLICA L'ombra dell'«Anschluss» rende più difficile un'associamone dell'Anstria al Mercato comune Sotto l'aspetto economico, sarebbe la soluzione migliore; ma come può conciliarsi con gli obblighi della neutralità? - Mosca non ha rifiutato, ma nemmeno promesso il suo consenso - Gli occidentali sono reticenti, perché temono che l'Austria finisca per « sparire » nel più vasto mercato germanico - Già oggi un terzo del commercio austriaco si svolge con Bonn, due terzi dei turisti provengono dalla Repubblica federale, il governo di Vienna ha dovuto porre dei limiti alla penetrazione dei capitali tedeschi (Dal nostro inviato speciale) Vienna, maggio. Importante per tutti i paesi, il problema dell'associazione alla Comunità Economica Europea trascende in Austria il puro campo economico, si confonde con quello della funzione stessa dello Stato, della caratteristica essenziale di questa repubblica alla frontiera tra due mondi. Naturali legami, non solo di interessi pratici, spingono Vienna verso l'Occidente; precise disposizioni internazionali (il < trattato di Stato > del '55) e costituzionali, le impongono un'assoluta, permanente neutralità. E' «n problema quindi, che non è soltanto interno ma interessa direttamente tutte le grandi potenze ed i paesi che con l'Austria confinano. In un mondo caratterizzato dall'esistenza e dalla formazione di grandi blòcchi economici, un piccolo e non ricco mercato di sette milioni di uomini costituisce un sempre più. evidente anacronismo. Tagliati fuori dal Mercato Comune, gli austria¬ niiiiiin 1 iiiimiiiiiimiiiiinn 1 ci credettero di vedere nell'Efta una via di salvezza: una semplice zona di libero scambio come quella costituita dalla Gran Bretagna con altri sei paesi, non avrebbe sollevato obiezioni in tema di neutralità da parte dei sovietici e avrebbe portato a qualche miglioramento della situazione. Le obiezioni non furono sollevate, ma i miglioramenti non vennero. Troppo scarse sono le correnti di traffico con l'Efta: importazioni ed esportazioni con tutta la miinniiimiiumiiiiiiiiiiiuiiiiinmiiiiiiiiiiii Zona di libero scambio non hanno costituito l'anno scorso che il 13 e il 15% di tutto il commercio estero austriaco contro, rispettivamente, il 59 e il 51% con il Mercato Comune (e VII e il H% con l'Europa Orientale). A questa realtà il governo di Vienna ha dovuto piegarsi chiedendo ai Sei di Bruxelles non l'ammissione ma l'associazione alla Comunità Economica Europea. La distinzione è di estrema importanza, su di essa si basano tutte le speranze austriache di ottenere dall'Unione Sovietica — garante e custode insieme a Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, della neutralità viennese — il consenso ad un accordo col Mec, che riduca al minimo il significato politico del passo e ne delimiti strettamente la portata al campo commerciale. Non è un'impresa facile. A più riprese e in vari modi, la Russia ha tuonato contro qualsiasi accostamento a « quello strumento economico dell'imperialismo Nato che è il Mec »; ma gli austriaci, coll' allenamento di tutto il loro difficile dopoguerra, non si sono né impressionati né rassegnati. Pazientemente e tenacemente, il cancelliere democristiano Gorbach ed il suo ministro socialista Kreishy sono andati anche a Mosca a dare ogni possibile assicurazione stilla loro sempiterna neutralità, sul significato puramente economico di una eventuale associazione all'Europa dei Sei. Senza compromettersi, i russi avrebbero intanto chiesto a Vienna di riservare loro in ogni caso lo stesso trattamento che concederà ai partners del Mec, ed i due ministri si sarebbero affrettati a rispondere positivamente. A che punto sia di preciso il negoziato con i sovietici, è difficile dire: anche conversando in privato con noi, sia il ministro degli esteri Kreishy sia il suo collega delle partecipazioni statali Pittermann si sono limitati a dichiararsi ottimisti. Difficoltà, però, esistono anche ad Occidente dove molti si chiedono se sia opportuna una qualsiasi, benché minima modifica dalla situazione internazionale dell' Austria. Una certa freddezza degli Stati Uniti ha procurato a Gorbach c Kreisky nella loro visita a Parigi le più calorose accoglienze e assicurazioni di De Gaulle: ma gli altri partners del Mec non si sono finora pronunciati in modo chiaro. Anche in Europa, infatti, il naturale impulso ad accogliere nella comunità un paese chiaramente occidentale come l'Austria è frenato da molte considerazioni, e non soltanto dal timore di annacquare politicamente il Mec, aggregandovi troppi Stati e soprattutto i neutrali. C'è, non, ultima, anche quella preoccupazione che Mosca ha sbandierato nelle molte e rumorose note in cui ha ricordato a Vienna l'art. 4 del « trattato di Stato »: « E' probità l'unione politica o economica tra l'Austria e la Germania... L'Austria non concluderà alcun accordo con la Germania né inizierà alcuna trattativa commerciale né adotterà alcuna misura che sia destinata a promuovere indirettamente o direttamente un'unione politica o economica con la Germania ». Inquadrare alla luce di questo divieto di ogni Anschltiss la pura e semplice associazione al Mec, è certo, oggi, quanto meno eccessivo. « Ma — dicono gli avversari, anche austriaci — è meglio aver ben presente che se il 59 % delle importazioni ed il 51 % delle esportazioni austriache avvengono con l'Europa dei Sei, il 42 % — rispettivamente — e il 28,3 % avvengono con uno solo dei Sei dell'Europa, e cioè con la Repubblica federale tedesca. Se questo accade oggi che Austria c Germania sono in due diversi blocchi economici, cosa potrà accadere domani dopo l'adesione di Vienna al Mercato Comune T ». Negli ultimi anni, gli acquisti — o i tentativi di acquisto — di terreni e di case, di giornali e. di industrie in Austria da parte di cittadini tedéschi hanno assunto proporzioni tali che il governo ha dovuto porre certe limitazioni. E non si tratta solo di afflusso di capitali ma di presenza umana; i due terzi dei turisti entrati lo scorso anno in Austria erano tedeschi: quasi quattro milioni, su meno di sei milioni di stranieri. Favoriti dal benessere medio nella Repubblica di Bonn e dai prezzi bassi, i tedeschi considerano sempre più l'Austria come il loro paese delle vacanze. Il turismo è la massima risorsa austriaca, i marchi sono naturalmente i benvenuti, più tedeschi vengono e meglio è. Ma a Vienna un vecchio socialista ci ricorda: « Sa quale fu il più efficace mezzo di pressione hitleriana contro l'Austria prenazista f Non certo le divisioni corazzate ma l'imposizione di una tassa di mille marchi per ogni visto sul passaporto verso l'Austria: il flusso turistico cessò di colpo, molti albergatori furono rovinati, tutti furono preda di scontenti ed irritazioni preziosi per i piani del dittatore ». Sono rievocazioni fuori del tempo, non ci sono più Hitler in giro, Germania ed Austria sono paesi democratici, la neutralità di Vienna è vollista dal popolo c garantita dalle grandi potenze: qualsiasi confronto con venticinque anni addietro sarebbe semplicemente insensato. E' vero soltanto il fatto che anche economicamente i vincoli tra i due paesi sono eccezionalmente stretti, è lecito il dubbio sull'opportunità di approfondirli ulteriormente, è più che encomiabile la prudenza nel condurre e delimitare passi come quello dell'associazione all'Europa dei Sei. La validità di questa triplice constatazione non potrebbe trovar miglior conferma del diverso atteggiamento dei partiti austriaci di fronte al problema del Mec. Mentre in maggior misura i socialisti, ma sostanzialmente anche i popolari, affrontano il problema dell'ac¬ costamento all' Occidente e dei buoni rapporti con l'Unione Sovietica con tutte le cautele del caso, solo l'estrema destra nazional-liberale (che non pochi definiscono, senz1 altro, neonazista) inneggia all' Europa con un entusiasmo ed un clamore inversamente proporzionale alla sua scarsa entità numerica. Non è un sospetto, è una certezza; tra costoro e gli altri, e tutti noi, o'è un equivoco: non parliamo della stessa Europa. Giovanni Giovannini

Persone citate: De Gaulle, Gorbach, Hitler, Kreisky