La leggerezza dei funzionari della «Terni» permise al Mastrella di rubare un miliardo di Gigi Ghirotti

La leggerezza dei funzionari della «Terni» permise al Mastrella di rubare un miliardo Troppo facili i trucchi contabili del direttore di dogana La leggerezza dei funzionari della «Terni» permise al Mastrella di rubare un miliardo I procuratori doganali delle acciaierie dello Stato versavano i milioni all'imputato senza controllare i conti e chiedere le ricevute - Presidente: «Se però i soldi fossero stati vostri, avreste trovato tempo e modo di vedere dove andavano e di pretendere i relativi documenti» - Rivolgendosi al procuratore capo: «Con un po' di diligenza tanti imbrogli sarebbero stati evitati, no?» - Teste: «Capirà, il Mastrella era un funzionario statale e non potevamo mica dubitare di lui» (Dal nostro inviato speciale) Terni, 21 maggio. «Il brogliaccio? SI, l'ho visto qualche volta, ma non ne so nulla di preciso. Noti dipendeva da me questa partita... ». Questo è il testimone Emilio Donati, impiegato della .«'Terni», da ventun anni addetto ai servizi di svincolo delle merci in arrivo. «Il brogliaccio? Quando presi possesso dell'ufficio trovai che questo registro esisteva di già: era la prassi, e non so chi l'avesse introdotta, né mi adoperai per cambiarla...»: questo è il testimone rag. Gastone Quadraccia, responsabile dell'ufficio doganale della società « Terni ». «Il brogliaccio? Ma io su questo registro ho notato che c'erano 1 timbri della sezione doganale di Terni. Lo consideravo perfettamente regolare e non mi sono mai sognato di dubitare della sua validità... »: e questo è il comm. Antonio Garnero, procuratore doganale della società « Terni», presidente della Camera di Commercio della provincia, industriale in proprio. In un crescendo di autorità, abbiamo descritto le posizioni fondamentali emerse stamattina dalle deposizioni degli operatori delle acciaierie nei confronti di quel quaderno dalla copertina azzurra, formato protocollo, entro cui Cesare Mastrella annotava il dare e l'avere della « Terni » con il proprio ufficio. Diavolo d'un Mastrella: con un paio di timbrai tt apposti sulla copertina d'un ■ quaderno da duecento lire è riuscito a dar parvenza di legalità a un documento che non esiste, anzi la cui esistenza è assolutamente esclusa e vietata da ogni prassi e regolamento, da ogni circolare ministeriale, da ogni più lontana legge che riguardi la corretta gestione del pubblico danaro. Sia la « Terni » sia la Dogana centrale avrebbero dovuto tener gli occhi aperti sul l'operato della sezione dogana le diretta da Cesare Mastrel la: la a Terni », per non tro varsi a mani vuote quando la Dogana centrale avesse chiesto ragione del suo operato; la Dogana centrale, per non vedersi dirottare i milioni a centinaia verso destinazioni come la boutique di madame Aletta o di mademoiselle Anna Maria, le schedine, i flippers e le fuoriserie... Ma vediamo in azione questi famosi ispettori doganali provenienti da Roma. « Lei ne ha visti, ne ha conosciuti alcuni di questi ispettori? », domanda al teste Domiti il presidente. « Oh, si! Capirà, con tanti anni che lavoro nel ramo». « Ma dove li ha visti? ». < Venivano in visita alle acIciaierie ». « E non nell'ufficio doganale della "Terni"?». «No: nel mio ufficio non li ho mai visti! ». « Nemmeno uno? Nemmeno per una verifica tra " madri " e "figlie '? ». « Ch'io mi sappia, mai... ». il rag. Quadrasela, un uomo alto e aecco, dal pigliò sicuro e l'espressione sempre atteggiata al sorriso, ha dato una lunga descrizione dei mètodi usati dal suo ufficio per ■ definire le pratiche d'importazione. « E! dei misteri di questa gestione privata tra la " Terni " e il Mastrella, che cosa ci pu^ dire? », fa il presidente; Iti istruttoria il rag. Quadraccia ha già subito sei o sette interrogatori: in Tribunale ripete e conferma tutto, e soggiunge alcuni particolari d'indubbio interesse. Ha detto, in sostanza, d'avere già trovato nel suo ufficio introdotte e correnti le procedure che oggi formano oggetto di tante indagini e di tanto sospetto: non ha inventato nulla, non ha fatto nulla per Cambiare l'indirizzo delle cose. Dovendo importare una partita di merci, la « Terni »' chiedeva al Mastrella l'autorizzazione, precisando di che si trattava. Mastrella rispondeva chiedendo il pagamento dei « diritti », maggiorati della « cresta » di cui abbiamo detto. La « Terni » versava al Mastrella tali importi in certificati doganali (che valgono danaro, e sono spiccati dalla Banca d'Italia) e in ■ cambio ne otteneva prontamente l'autorizzazione di svincolo. Manca, come s'è visto, una fase intermedia: la ricevuta. «Lei si rende conto — fa il presidente dott. Taglienti al testimonio — si rende conto che per ogni lira che lo Stato incassa fornisce la ricevuta?». Il rag. Quadraccia ammet te: «Un po' di negligenza, forse », ma, dopotutto, fa capire che alla sua società interessavano più le merci che le ricevute, più la celerità nelle operazioni di svincolo che la loro regolarità: «Noi compilavamo un prospetto analitico e sintetico in cui erano riassunte, mese per mese, le operazioni' effettuate con la dogana di Terni. Ogni mese, ci s'incontrava con il Mastrella e si facevano le verifiche. Lui controllava nel suo brogliaccio, noi nei nostri prospetti». «Quando c'erano crediti in eccedenza — continua il teste — venivano riportati al mese seguente ». «Ma erano sempre in eccedenza! — osserva il presidente —. Quel dieci per cento in più, la " Terni " non lo reclamava mai indietro! ». «No, signor presidente: perché noi avevamo un continuo bisogno di liquidare partite doganali. Lo si lasciava 11, per il mese venturo... ». « Se fossero stati soldi suoi, ragioniere, i controlli li avrebbe fatti a pranzo, a cena e a colazione: altro che lasciar 11 i crediti, segnati sul brogliaccio del Mastrella! », esclama il presidente. « Siccome si trattava d'un funzionario di Stato, qualificato, operante nella pienezza del suo mandato, noi dovevamo presumere la sua rettitudine: perciò eravamo tranquilli», fa il Quadraccia. 1 nodi, però, vennero al pettine anche agli occhi della « Terni >: da tutte le parti, la barca' di Cesare Mastrella faceva acqua. Siamo al t ottobre is«» • Mastrella, come sappiamo, fu arrestato l'8 novembre successivo. Il racconto di quest'ultimo, affannoso precipitare, di eventi, ha occupato gran parte della deposizione Quadraccia e della successiva deposizione Garnero. Avvenne, in pratica, questo: prigioniere s'accorse, esattamente « 6 ottobre dell'anno scorso, che i crediti segnati sui « brogliaccio » erano negli ultimi tempi aumentati in modo impressionante; si consultò con i suoi dirigenti sul da farsi e ne ebbe l'incarico <f* sollecitare dal Mastrella la consegna delle ricevute. Ma l'ispettore cominciò a tergiversare, a prender tempo. Si giunse al 6 novembre — Vantivigilia dell'arresto — e alle otto e un quarto di quel mattino il rag. Quadraccia è nell'ufficio dell'insonne. Mastrella. «Chi c'era, presente al collòquio? ». «Nessuno: io e lui soltanto ». « Sapeva che a Terni si trovava, quel giorno, l'ispettore della Dogana di Roma, GhiIardi? », domanda il P. M. Siggxa. Il teste lo sapeva, ma la cosa era da definirsi a quattr'occhi. Mancavano alla « Terni» i documenti giustificativi d'un numero impressionante di milioni, sborsati sotto forma di certificati doganali. Mastrella firmò: firmò a man salva tutto quello che non aveva voluto firmare in tanti anni di collaborazione e buon vicinato con la società « Terni ». Ricevute, bollette, moduli,evincoli: tutto parve quasi in ordine. Soltanto trentotto milioni restarono allo scoperto. « Trentotto milioni saranno sembrati pochi al Mastrella — fa il presidente — ma a lei, ragioniere, qualcosa dovevano pur dire; non le venne il so spetto che se li fosse tenuti il Mastrella, quei danari? ». Ma al rag. Quadraccia, questo sospetto venne tardi, quan do aprì i giornali del 9 novembre e apprese, sbalordito, che un certo Mastrella, ispettore capo della Dogana di Terni, aveva lavorato a insaccare milioni per tanti anni nella città delle acciaierie. Ecco il comm. Antonio Gar¬ ■IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII i e a o — , o i , e a nero: uomo vigoroso, una solida spazzola grigia in capo, spalle da lottatore, temperamento sanguigno e aggressivo. E' il procuratore doganale della « Terni », come abbiamo già detto, ed è a lui che il presidente rivolge il più duro rimbrotto di queste giornate: « Quando" lei B'SBe'brse" dell'esistenza di questo " brogliaccio " non avrebbe dovuto' dire: "Niente partite private, io voglio agire secondo la legge"? ». «Per me non c'era nulla di irregolare ». «Come, non era irregolare che lo Stato non rilasciasse ricevute? Ma se lei va a fare un telegramma di duecento lire, lo Stato le dà la ricevuta, e non doveva darla per centinaia di milioni ?». «Da quando fu istituita la sezione doganale a Terni, queste ricevute A-28 non ci vennero mai consegnate». «Noi — aggiunge il teste — non eravamo tenuti ..a sapere qual fine facesse :1 danaro che consegnavamo al dott. Mastrella: le operazioni, per noi, si svolgevano regolarmente », < Se foste stati diligenti — rimbrotta ancora il presidente — avreste dovuto spronare il Mastrella a fare il suo dovere: forse tanti imbrogli non sarebbero avvenuti! ». «Oggi è facile dir cosi, ma noi verso il Mastrella non avevamo motivo di sospetto». « E quando avete comincia to a nutrire dei dubbi? ». «Nell'ottobre rcorso: ritornato dalle ferie, 11 ragioniere mi riferì che i nostri crediti erano maturati in misura enorme. Anche la direzione dello stabilimento Acciaierie ci fece rilevare che avevamo sborsato una grande quantità di certificati doganali. Il dubbio della « Terni » era che il Mastrella avesse potuto versare in banca quell'enormità, e lucrarne gli interessi. Quando capì che il crack era molto più grosso, e che i suoi « certificati doganali » s'erano volatilizzati in schedine del Totocalcio e altre amenità, era tardi; già gli ispettori di Roma avevano cominciato a fiutare l'imbroglio. Prima che tutto andasse a rotoli, tuttavia, la IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIB « Terni » riuscì a rimediare come abbiamo detto, un fret toloso rappezzo alla situazio ne, operato dal Mastrella; già con un piede in carcere, il favoloso ispettore-capo della dogana di Terni firmò un'infinità di documenti, tra i quali una ricevuta complessiva per un centinaio di'milióni '(che però non figura, tra gli atti del processo). Il Tribunale ha dato ordine alla « Terni » di esibire le lettere che il Mastrella ebbe a scriverle in questi ultimi tre anni; si tratta delle richieste avanzate dall'imputato per il rilascio dei « certificati doganali ». Domani, la deposizione del comm. Garnero continuerà Gigi Ghirotti

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