La faticosa conquista della libertà religiosa di Paolo Serini

La faticosa conquista della libertà religiosa La faticosa conquista della libertà religiosa I principi furono affermati nel Cinquecento; ma attuati nell'Ottocento, e non senza opposizioni ancora vive Lo storico anglo-americano Roland Bainton, professore di storia della Chiesa nell'Università statunitense di Yale, era noto tra noi soprattutto come storico della Riforma: ma egli ha pure coltivato il Alone attinente alla storia della libertà religiosa nel mondo moderno. A esso si ricollega, con vari altri suoi scritti; un bel libro, intitolato appunto La lotta per la libertà, religiosa, che possiamo oggi leggere anche in italiano, in una traduzione edita dal « Mulino >. Si tratta di un'opera di carattere apparentemente divulgativo, ma sorretta da una preparazione e da un impegno critico non comuni, articolata in nove saggi o profili biografici, divisi a loro volta in tre gruppi. Il primo mira a illustrare le persecuzioni cattoliche e protestanti attraverso fanalisi delle figure di due persecutori, Torquemada e Calvino, e quella d'una vittima delle une e delle altre, lo spagnuole» Miguel Serveto. Invece, le figure del secondo gruppo (il francese Sébastien Castellion, l'olandese David Joris e l'italiano Bernardino Ochino) servono a illustrare la lotta per la libertà religiosa nel continente europeo nel secolo XVI e quelle del terzo (Milton, Roger Williams e Locke) la stessa lotta in Inghilterra e nelle colonie inglesi d'America nel secolo decimosettimo. Il Bainton non è solo uno storico insigne. E' anche ministro d'una chiesa cristiana riformata: quella congregazio nalista. Tuttavia, ciò non gli ha impedito di riconoscere che lo spirito persecutorio nei confronti degli eterodossi o sospetti di eterodossia fu storicamente caratteristico del cristianesimo. E di ammettere che, specie nei primi tempi, lei cchiese riformate furono spesso I snon meno intolleranti di quella romana e che anzi Calvino aggravò su molti punti la dottrina cattolica della «persecuzione ». Il rogo ginevrino di Serveto resta, a questo proposito, altrettanto significativo dell'opinione di uno dei maggiori collaboratori di Calvino, Théodore de Bèze, intorno alla libertà religiosa: da lui definita « un dogma assolutamente diabolico >. Ma se, nonostante il libero esame e il principio del sacerdozio universale, la Riforma non instaurò (come un tempo si credeva) la libertà religiosa, è indubbio che ne rese meno difficile la progressiva conquista e che concorse di fatto a spianarle la via. Anche perché, come osserva giustamente il Bainton, alle chiese riformate difettava quella base giuridica della persecuzione degli eretici rappresentata, in campo cattolico, dal diritto canonico. Si aggiunga l'azione liberatrice esercitata, con l'andar del tempo, dal principio del libero esame e dalla stessa grande molteplicità e varietà delle confessioni e sètte riformate, spesso in lotta con i governi e le Chiese ufficiali. D'altro lato, anche in campo cattolico, nonostante il maggior rigore autoritario nel modo di concepire l'ortodossia e la sua necessità per la salvezza, non mancarono forze ed elementi che agirono in un senso per così dire «liberale»: dallo spiritualismo mistico, per sua natura proclive a trascurare le divergenze dogmaticoconfessionali, alla tradizione umanistica. E furon essi, di fatto,' che più concorsero, nel Cinquecento, ad alimentare, di contro alla chiusa intolleranza delle AstienlazzliMmrfilefszinlanlerindcranttdrts«bsmsibcsvslicnnt chiese, le dottrine di un Ca stellion, di un Ochino, di un Aconcio, dei Sozzini e di altri sulla tolleranza verso gli eretici, la libertà dell'ispirazione etica e religiosa, il ristretto numero delle verità essenziali, la necessità d'una interpretazione puramente morale e razionale del messaggio evangelico, l'unità di tutti i cristiani. Motivi che si perpetuarono, magari' trasfigurati, anche nel razionalismo religioso e filosofico del secolo successivo: con le sue distinzioni tra verità fondamentali e verità non essenziali, e tra fede e conoscenza, la sua tendenza a méttere in primo piano i valori etici, la sua dottrina della religione naturale, la sua negazione delle pretese coercitive dell'autorità civile ed ecclesiastica e, infine, la sua rivendicazione dei diritti di quella che Bayle chiamava la «coscienza errante ». Ma il cammino per giungere ad affermare, oltreché sul piano ideologico, nel campo pratico e giuridico il principio di tolleranza e per elevarsi poi da esso a quello della libertà religiosa, fu, com'è noto, molto lungo e difficile. Tanto che si può dire, col Bainton, che, « se le cose migliori sulla libertà religiosa furon dette nel secolo XVI, esse non furono messe in pratica se non nel secolo XIX*, con l'affermarsi in ogni campo, degli ideali di libertà. E anche oggi quel principio continua a incontrare resistenze ed è tutt'altro che universalmente riconosciuto o rispettato. Non c'è da stupirne. La gelosa tutela dell'ortodossia è inerente a ogni organizzazione chiesastica; e l'intolleranza ha non di rado le proprie radici nello stesso amore della verità. E' difficile intendere e far intendere che — come ha detto qualche mese fa il cardinale Bea — « proprio l'amore della verità deve ammonire a tener presenti anche i limiti della nostra conoscenza » e a non dimenticare « un fatto altrettanto fondamentale: cioè, la libertà dell'uomo » e il suo < diritto di decidere liberamente del proprio destino, secondo la propria coscienza ». Lo stesso ammirato stupore, e certi significativi silenzi, con cui è stato accolto .quel mònito, attesta tale persistente difficoltà. Paolo Serini

Luoghi citati: America, Inghilterra