Un'inspiegabile fiducia dei superiori copriva le accuse contro il Mastrella

Un'inspiegabile fiducia dei superiori copriva le accuse contro il Mastrella II Tribunale interroga I primi testimoni a enrica dei funzionario di Terni Un'inspiegabile fiducia dei superiori copriva le accuse contro il Mastrella Dopo le lettere anonime sulle sue spese folli e le voci insistenti di irregolarità alla dogana, l'inchiesta si concluse con questo rapporto: «Il dott. Mastrella è un galantuomo, nessun addebito può essergli mosso» - Interrogati i due imputati a piede libero, Alberto Tatlini e Quinto Neri - Sono accusati di favoreggiamento e di ricettazione (Dal nostro inviato speciale) Terni, 16 maggio. Il tribunale che giudica Cesare Mastrella s'è occupato oggi di due figure minori, Alberto Tattini e Quinto Neri, le comparse dello scandalo, imputati entrambi, ma a piede libero, di ricettazione e di favoreggiamento. Quindi è incominciata la sfilata dei testimoni. Sia l'interrogatorio dei due < minori >, sia le prime deposizioni hanno aperto nuovi squarci sui casi dell'ispettore doganale di Terni e sulle reazioni delle autorità costituite agli allarmi che lo segnalavano per quel che era Cominciamo dal Tattini: è un giovanottone sui trent'anni, biondo, scarruffato, gli occhi protetti da lenti scure, di aspetto veramente vitellonesco, scommettitore arrabbiato, anzi professionista della scommessa da caffè. Questo deve essere emerso agli occhi del Mastrella, che era alla caccia di un tipo che gli tenesse mano nei suoi settimanali appuntamenti con il Totocalcio. Alberto Tattini, figlio di un gestore di ricevitoria, venne assunto nel '59 dal Mastrella in qualità di < consulente schedine >. Doveva mettergli a punto le giocate, aiutarlo nei pronostici, presentare le schedine, controllare Infine le vincite alla domenica sera. Mastrella credeva d'avere scoperto la macchina Infallibile per far quattrini. Il suo collaboratore condivideva questo punto di vista. Infatti, benché fosse pattuita una percentuale sulle vincite domenicali, Tattini afferma di non averla mai riscossa Aspettava, per rivendicare i compensi, il giorno fortunato in cui il congegno portentoso avesse fatto centro perfetto. Sappiamo come vanno queste cose: quel giorno non venne mai e 11 tribunale desidera mettere a verbale questo aspetto dell'imbroglio. « Lei, Tattini, era la persona più indicata per rendersi conto se il gioco fruttava o non fruttava. Le somme giocate furono superiori o inferiori alle somme vinte al Totocalcio f ». L'imputato se ne sta un po' titubante a pensarci: è pericoloso rispondere sia in un senso come nell'opposto. Tattini fa oscillar lo palme, nel.gesto del così-e-cosi; finisce poi con l'ammettere che si scommise più di quel che s'incassò. Ricettazione vuol dire ricevere danaro o favori di provenienza che si sa o si sospetta disonesta. Perciò l'imputato deve sostenere che Mastrella In fin dei conti, lo pagò poco o niente « Una volta lei, Tattini, ricevette un prestito di cinque milioni », gli fa 11 presidente. « Ma li restituii alla prima occasione ». «Con quale danaro? ». «Con gli incassi dei /Tippers ». Un altro degli investimenti prediletti dal Mastrella era la gestione di flippers, affidati alle cure del Tattini. Per incarico del Mastrella, il Tattini portò a spasso indossatrici della boutique «Aletta», anche in aereo. « Percepiva una diaria per questi viaggi? ». « Millecinquecento lire al giorno ». Al che il presidente, stizzito, volta la pagina del fascicolo che tiene davanti agli occhi: «Basta, basta: passiamo all'altro reato. Favoreggiamento ». Poco 'prima che il Mastrella andasse a rotoli, Alberto Tattini ricevette dalla signora Aletta Artioli, moglie dell'ispettore, una cassetta portagioie. L'imputato si affrettò a consegnarla alla polizia, non appena anche la signora in questione venne incarcerata: <Non sapevo che cosa ci fosse dentro ». Probabilmente lo immaginava, dato che le acque si erano da qualche tempo increspate minacciosamente. Già prima degli arresti, ronzavano per l'aria voci e frizzi; a Terni, quel doganiere così brillante e> spendaccione cominciava a insospettire: davano nell'occhio gli stessi bilanci della ricevitoria Tattini, che segnavano ogni settimana milioni di giocate, e tutti intuivano qual fosse il pozzo di San Patrizio da cui zampillavano. Finì che lo stesso Tattini, nell'esercizio delle sue mansioni di consulenza, convinse il principale a cambiare ricevitoria: andasse a giocare altrove, a Roma, ì suoi « infallibili sistemi ». Precauzione inutile: dopo le voci, vennero anche le lettere anonime, a posarsi sulle scrivanie più importanti della dogana di Roma e della stessa Terni, senza, peraltro, che ne venisse scossa, in alto loco, l'incrollabile fiducia nell'ispettore Mastrella. Negli ultimi giorni, toccò al Tattini, «brasseur d'affaires » della signora Aletta, darle ospitalità in casa sua. « Dopo l'arresto di suo marito — s'è giustificato stamane — la signora era atterrita dall'idea di essere fotografata. Così, per evitare la curiosità, si era rifugiata da me*. Ecco il secondo imputato a piede libero, il ìag. Quinto Neri, uomo dall'aspetto po sato, grigio di capelli, tacitur¬ no, consulente anche lui de) clan mastrelliano, ma, per sua fortuna, su un livello soltanto tecnico. «Fui assunto nella primavera del '61 dal Mastrella perohe seguissi la contabilità delle sue imprese. Mi resi conto, fin dalla prima occhiata alle vendite, che le cose non funzionavano: le spese erano maggiori degli incassi, soprat tutto il laboratorio di confezioni faceva acqua... Fui assunto a sessantamila lire il mese, ma il dottor Mastrella mi pagò saltuariamente: in totale avrò percepito circa ,n milione e mezzo. In Questura, quando fui interrogato, ero così • sconvolto che tacqui d'aver fatto il prestanome per gli acquisti del Mastrella. Non me ne ricordavo più. Credevo che tutti quei danari gli vanissero dalle vincite al Totocalcio: sapevo che aveva incassato centoventi o centotrenta milioni... ». «Pare che lei abbia fatto da paciere, spesso, nei litigi tra i coniugi Mastrella». « E' così: c'erano dei contrasti, tra moglie e marito ». « Di natura sentimentale? ». « Anche commerciale: Mastrella non badava a spese, e sua moglie cercava di limitarle. Io prendevo le parti della moglie ». Il rag. Neri si comportò in seguito in modo serio e umano. All'indomani del crack, rinchiusi in carcere i Mastrella, i due figli minorenni degli avventurosi coniugi gli vennero affidati dal Tribunale, perché ne avesse cura, e a questo egli ancor oggi provvede. Ecco i testimoni. Questo signore dai capelli ben ravviati, portamento sicuro, età sui sessanta, che si presenta impeccabile nel doppiopetto grigio, è il colonnello — In predicato per la promozione a generale — Umberto Bortone, comari dante il nucleo centrale della polizia investigativa della Guardia di Finanza. , « Lei ha fatto del buon lavoro », si rallegra il Presidente, accogliendolo alla pedana dei testimoni. Peccato che il colonnello, capo degli investì gatorl della Finanza, questo buon lavoro lo abbia compiu to. un po.',.tardi, quando;, non rimanevano chej da accertare i danni del terremoto Ma strella. « Abbiamo indagato sulle attività e le passività delle aziende del Mastrella», dice il testimonio. « E come sono state trovate ? ». « Scarsamente attive, anzi, direi, leggermente passive ». Il colonnello, purtroppo, non può essere più preciso perché non trovò alcuna documentazione: niente registri, niente fatture, soltanto Induzioni. Nell'ottobre del '62 il teste ricevette una lettera anonima che segnalava Cesare Mastrella come capo d'una banda di contrabbandieri di stupefacenti. La lettera indicava il nome d'una ditta di farmaceutici che dovrebbe essere stata la centrale e il magazzino della droga. « Compimmo indagini presso quella ditta, ma risultò che non produceva medicinali a base , di stupefacenti. Perciò ritenemmo infondata l'accusa al Mastrella e l'indagine non proseguì ». « Veramente — interviene li difensore di Mastrella, avv. Sbaraglini — le lettere anonime giunte al nucleo investigativo furono due, non una sola. E c'è un rapporto della Guardia di Finanza, nei confronti del Mastrella, che si conclude con queste parole: "Il dottor Mastrella è un galantuomo, e nessun addebito può essergli mosso". Non ne sa nulla, il colonnello? ». Il comandante degli investigatori cade dalle nuvole: questo rapporto, spiega, non fu redatto dal suo nucleo, ma dal comando della Legione della Guardia di Finanza di Roma. Il difensore ha anche un'altra curiosità: in quali termini era redatta la lettera con cui il ministro delle Finanze, senatore Trabucchi, gli affidò l'incarico d'investigare, all'indomani del « patatrac » doganale? « M'oppongo a questa domandai ».. fa il P. M. Siggia. « Non è pertinentel », dichiara il presidente dott. Taglienti. Un altro difensore, l'avvocato Tibursi, insinua un diverso discorso: « Come mai l'istituto di bellezza della signora Aletta Mastrella è definito "passivo" dal testimone, mentre il fisco 10 tassava per un reddito di sedici milioni annui? ». Questi accertamenti, spiega 11 colonnello, sono induttivi. Cioè avvengono con i sistemi che tutti conosciamo: l'occhio e croce. Un po' alla volta il processo Mastrella si trasforma in processo al fisco italiano e a tutta l'organizzazione (si fa per dire) dei servizi finanziari. L'avv. Sbaraglini vuol sapere se la Finanza s'interessò ad una segnalazione a proposito delle vincite del Mastrella al Totocalcio. Ancora una volta la risposta lascia delusi e interdetti. Per quanto forte suonassero le campane d'allarme, non ci fu nessuno che le ascoltò. Le vincite erano state depositate in banca: la Guardia di Finanza, la Prefettura, l'Intendenza di Finanza di Tèrni si interessarono tutte all'attività del Mastrella. Ma, davanti al segreto bancario, s'arresero, e l'imbroglio potè continuare. Circa la parte che il Mastrella ebbe nella scoperta del traffico di droghe, a Ciampino, nel 1952, U colonnello Bortone ha detto che l'ispettore in realtà si limitò alla compilazione del rapporto. A scoprire la valigia colma di droga fu un suo subalterno. A Mastrella, come capo dell'ufficio doganale, toccarono gli encomi. Secondo testimonio è il capitano Fulvio Toschi, della Guardia di Finanza: fu anche lui spedito d'urgenza, con l'accompagnatoria del ministro delle Finanze, sui luoghi del disastro: precisamente in via della Mercede a Roma, dove la moglie dell'ispettore possedeva un terzo negozio. S'è parlato assai poco sin qui della boutique romana dì Aletta Artioli, ma dev'essere anch'essa ascritta al bilancio del carnevale doganale ternano. Secon do il testimonio quel negozio, cura personale e orgoglio della signora. Aletta, le fruttava un incasso di 10 mila lire al giorno, poco più, poco meno. Sempre a occhio e croce, perché madame, "ome già sap piamo, non ten. X registri. Un dinamico funzionario di polizia, 11 dott. Giuseppe Schia vonetto (che a Torino è molto ben conosciuto, per aver prestato lungamente servizio al la « Mobile »),'è autore dell'arresto di Cesare Mastrella e di Anna Maria Tomaselli. E' pos sibile che gli agenti siano arrivati quando già Mastrella si avviava a presentarsi in Que stura? Il dott. Schiavonetto, su questo punto, ha narrato oggi un particolare nuovo, mai emerso nell'istruttoria. Quella sera, l'ispettore fug¬ giasco si rifugiò a Roma in casa dell'amante: con quali intenzioni? Di costituirsi l'indomani o di fuggire? « Il Mastrella — rivela il dr. Schiavonetto — aveva lasciato la sua vettura in un garage di Roma, dicendo che l'avrebbe ritirata entro poche ore. Nel portabagagli della vettura fu scoperta una valigia. Conteneva indumenti maschili e femminili ». « E ce lo dice adesso, a sette mesi dal fatto ? », domandano i difensori. Il teste spiega che il verbale s'era perduto tra le carte della questura. Si scatena un piccolo tumulto. L'episodio è importante: dimostrerebbe che l'Ispettore s'era premunito per una fuga a due. Ma con la moglie Aletta o con l'amica Anna Maria? A complicare la questione, salta su dalla sua panca la signora Aletta, rivendica la proprietà di quegli indumenti femminili scoperti nella valigia. Che il marito progettasse di fuggir con Anna Maria, nelle camicie da notte di Aletta? Il quiz non ha avuto soluzione. Il dott Schiavonetto ha quindi dichiarato che il tenor di vita dell'ispettore Mastrella era tale da dar nell'occhio: a Capodanno, per esempio, si avevano a casa Mastrella grandi ricevimenti. Di nuovo dalla sua panca, la signora Aletta, stizzita, fa cenni con il capo per dire che non è d'accordo con il testimonio. Domani saranno interrogati i funzionari della « Terni » con cui il dott. Mastrella intratteneva i cordiali rapporti che sappiamo. Gigi Ghirotti Anna Maria Tomaselli, la giovane amante di Cesare Mastrella, in aula durante il processo di Terni (Tel.)

Luoghi citati: Ciampino, Roma, Torino