Oltre 700.000 militari italiani soffrirono nei «lager» tedeschi

Oltre 700.000 militari italiani soffrirono nei «lager» tedeschi Oltre 700.000 militari italiani soffrirono nei «lager» tedeschi La lezione del prof. Giuntella all'»Alfieri», nel ciclo dedicato alla Resistenza • Testimonianze sulla deportazione degli israeliti e dei (politici! Sullo scarno monumento eretto di fronte al forno crematorio di Dachau spicca questa epigrafe: «A gloria dei morti, per ammonimento dei vivi, perché più non accada >. Imperitura condanna del nazifascismo, colpevole di un genocidio senza precedenti nella storia della civiltà, ma soprattutto un monito per ogni uomo degno di questo nome. E' opportuno, a quasi vent'anni di distanza, rievocare gli orrori dei « Lager > tedeschi, far rivivere immagini da tregenda, ribadire responsabilità individuali e collettive? E' non solo lecito, ma doveroso, quando si tratti di Un'analisi serena e obiettiva, che non implica un desiderio di vendetta ma un semplice anelito alla giustizia storica e alla convivenza democratica. La risposta all'angoscioso interrogativo è scaturita ieri sera, al teatro Alfieri, dalla sesta lezione del Ciclo sulla Resistenza. Il tema, imperniato appunto su « La deportazione e l'internamento », è stato svolto dal prof. Vittorio E. Giuntella, docente di storia del Risorgimento all'università di Roma ed ex internato in Germania. Il dramma dei campi di sterminio — ha premesso l'oratore — ha svelato al mondo sofferenze inenarrabili e abissi di crudeltà, ma anche sacrifici sublimi, eroismi consapevoli, I «Lager» non furono istituiti all'inizio della seconda guerra mondiale, o alla vigilia di essa, come misura difensiva contro gli avversari del regime nazista. Risalgono al 1934, ad opera di Goering. Erano destinati a distruggere, fisicamente e moralmente, gli stessi tedeschi che non condividevano la follia del Fuhrer e dei suoi accoliti. Il popolo germanico non ne ignorava l'esistenza, anche se al termine del conflitto tentò di crearsi un alibi di fronte all'umanità. Quelle enormi, diaboliche «industrie della morte» erano state predisposte con meticolosa organizzazionne, vi collaboravano poliziotti e soldati, biologi e medici, antropologi ed etnologi. Erano la conseguenza del razzismo assurdo e spietato, un mezzo per dominare con la violenza e la sopraffazione. La guerra li sviluppò e peggiorò, fornendo a buon mercato la manodopera per i piani economici del nazismo. Alla rappresaglia politica o religiosa si aggiunse il lavoro coatto, nelle forme più bestiali. I « Lager » furono la prigione — spesso la tomba — dei militari italiani che 1*8 settembre rifiutarono di tradire il giuramento di fedeltà al governo legittimo. Oltre settecentomila, tra ufficiali e sol¬ dati, varcarono le tragiche soglie dei «Lager», per condividere il destino dei deportati politici, degli ebrei, del rastrellati. I nostri fratelli soffrirono più degli altri internati, perché avevano come nemici non solo i tedeschi, ma anche ì fascisti di Salò. Tuttavia, dimostrarono agli aguzzini una maggior dignità, uno spirito meno accessibile alle lusinghe e alle minacce. Su circa 2000 ufficiali deportati solo 260 accettarono di collaborare con gli oppressori della patria. Nella scala delle persecuzioni erano al penultimo posto, dopo i prigionieri sovietici. Oltre 50 mila perirono di freddo, di fame, di malattia. Di altre migliaia, non si è mai conosciuto la sorte. I superstiti .spesso sono rimpatriati con la tubercolosi o con mutilazioni. nzlummlZsI111IIHI1IMII1111I11II1II1IIIIIIIIIIIIIIIIII1IIIIIIIIIII11 Il prof. Giuntella, al termine della sua commossa relazione, ha pregato l'uditorio di non applaudire, ma di onorare la memoria delle vittime con un minuto di silenzio. Testimonianze drammatiche hanno recato, sui vari campi di sterminio, lo scrittore Primo Levi, la prof. Lidia Rolfl, l'on. Giancarlo Paletta e l'aw. Gaetano Zini-Lamberti. g. 1.

Persone citate: Alfieri, Gaetano Zini, Giancarlo Paletta, Giuntella, Goering, Lamberti, Lidia Rolfl, Primo Levi

Luoghi citati: Germania, Roma