Per combattere l'aumento dei prezzi di Ferdinando Di Fenizio

Per combattere l'aumento dei prezzi Una severa politica monetaria Per combattere l'aumento dei prezzi Giorni fa, commentando su queste colonne l'andamento dei prezzi, dicevamo che il nuovo governo, dopo la scelta elettorale, avrebbe dovuto frenare la rapida ascesa delle quotazioni, con ogni mezzo: con l'aumento della produttività; con lo scoraggiare le imprese pubbliche e private dal trasferire, per ora, sui loro prezzi, gli aumenti nei costi; con l'indurre le organizzazioni sindacali ad una tregua nelle loro richieste. Infine, con il ridestare un breve periodo di più severa politica monetaria. Dopo di allora, la discussione proseguì e proprio su quest'ultimo punto. Un'autorevole relazione bancaria, ad esempio, si chiese se un freno all'espansione' creditizia fosse proprio indispensabile, nel momento attuale E concluse in senso negativo, esprimendo la speranza di arrestare l'inflazione con il solo ricorso a queste due armi : incessante aumento di produttività- e contenimen to dei costi. Regge però questa argomentazione? Se ne può almeno dubitare. L'aumento della produttività, anche nelle condizioni favorevoli che oggi non si hanno, può normalmente erodere il processo inflazionistico d'un 2-3 per cento all'anno. Ora, negli ultimi dodici mesi, si ebbero incre menti nei prezzi in grosso dell'ordine del 6 per cento; in quelli al consumo dell'8 per cento; nel costo della vita del 10 per cento. Quanto alla speranza di poter « contenere i costi senza ricorso alla politica creditizia (e quindi senza un clima di austera severità, che riguardi tutti i gruppi sociali) essa sembra al tre ttanto vana. Non parliamo degli scatti della scala mobile, che col 1° di maggio sale addirittu ra di quattro punti, anziché di tre, come preannunziato. Valide le rilevazioni ufficiali dell'Istat, nel febbraio 1963 rispetto al mese precedente, le retribuzioni sala riali lorde minime contrai tuali sono aumentate del 3,2 per cento per l'agricoltura; del 4,6 per cento per l'industria; del 3,6 per cen to per il commercio. Quanto agli stipendi (sempre mini mi contrattuali) sono au mentati del 7,8 per cento nell'industria, del 5,7 per cento nel commercio mentre, per la pubblica amministra zione, svariate leggi ad effetto ritardato hanno apportato aumenti di stipendio del 19,3 per cento. Bastano queste percentuali a mostrare quale tremenda carica espansiva sia stata accumulata nel nostro sistema economico. * * Il nostro tema, almeno indirettamente, è stato affrontato poi dallo stesso on. Tremelloni nel suo discorso tenuto a Napoli a fine aprile. Egli, commentando la situazione monetaria del '62, ebbe ad affermare che la politica monetaria doveva « sfuggire agli opposti pericoli delle inflazioni e delle recessioni». Lo scorso anno (continuava) una severa politica creditizia avrebbe presentato un grave rischio: quello di essere più efficace nel ridurre il livello della produzione e dell' occupazione, che nel contenere rialzi salariali. Oggi, egli dice, la situazione non è dissimile. Quindi conclude : « Ritengo che ogni ben inteso sforzo dovrà continuare e venir dedicato all'azione monetaria di ferma difesa di stabilità fondamentali; non disgiunta dalle esigenze d'un desiderato alto ritmo di sviluppo ». E' un altro ragionamento che va, quanto meno, precisato. In primo luogo, la situazione di fatto, quale si presentava agli inizi del '62 — allorché fu modellata là politica di credito facile che noi stessi approvammo è sostanzialmente differente da quella d'inizio del '63. Agli inizi del '62, la Banca centrale aveva dietro le spalle aumenti nei prezzi in grosso (per gli ultimi dodici mesi) inferiori all'I,5 per cento; nei prezzi al minuto, inferiori al 3,5 per cento; nel costo depceddzilaSpdguinsadrnteOtapomrptslngszsglingpiEvmezniraivi della vita, dell'ordine del 4 per cento. Oggi, quelle percentuali sono più che raddoppiate. Dunque, sperare di frenare codeste variazioni mediante aumento della produttività, è illusorio: Specie in questa fase di già deformato orientamento negli investimenti. D'altro lato, confidare in un arresto del processo inflazionistico oggi palese, senza alcuna ripercussione a breve periodo sul saggio di sviluppo, significa vivere di sogni. Anzi la scelta non si rasenta neppur nei termini dianzi annunciati. Oggi non si può più purtroppo scegliere, come un anno fa, tra arresto del processo di sviluppo « con » opt :'re « senza » severità monetaria; bensì, tra un arresto ed il non-arresto del processo inflazionistico. Con tutto ciò che quest'ultima soluzione implica. * * Ora, poiché i termini dell'alternativa che ci domina non sembrano evidenti, ag giungeremo: se si continua su questa strada e. l'inflazione prosegue, saranno esa sperati i contrasti fra : gruppi sociali, componenti la nostra collettività. Tutti i debitori in moneta saranno ingiustamente avvantaggiati; i creditori (anche percettori di redditi fissi) ingiustamente svantaggiati. E già sappiamo quale av versione ciò abbia recente mente causato nel corpo elettorale. Si avrà diminu zione nel risparmio perso naie, che è vario sperare in Italia di sostituire con risparmio istituzionale. Si avanzeranno pretese, anche infondate, di nuove norme vincolatrlci, atte a tutelare il presunto « debole » contro ilqdpslusilinmlarbpgurPvpgrcvdudggvsrgBo•■Hill ilIMMlMIIIIIIillllllMIHI Il I II 1111 j I il presunto « forte ». Dunque, peggior funzionamento dell'economia di mercato e persino aggravamento degli squilibri nel processo di sviluppo al Nord ed al Sud: sopportando verosimilmente il Mezzogiorno i processi inflazionistici meno validamente delle regioni più sviluppate del nostro Paese, anche per il più basso suo reddito prò capite. Potrebbe ulteriormente peggiorare persino la bilancia dei- pagamenti, ove acquistassimo un ritmo d'inflazione superiore a quello degli altri Paesi del Mec. Queste sono le prospettive immediate. La scelta va posta, dunque, senza infingimenti, fra un breve periodo di severità, che ci riconduca a quella « ragionevole » stabilità monetaria degli anni Cinquanta ed un periodo di persistente e deformante euforia, che aggravi i nostri problemi congiunturali e strutturali. Non vi è purtroppo una terza strada. Forse lo conferme rà fta non molto (ce l'au guriamo) la stessa nostra Banca di emissione. Ferdinando di Fenizio

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