Novotny (presidente) e mons. Beran (confinato) sono entrambi superstiti dei «Lager» nazisti

Novotny (presidente) e mons. Beran (confinato) sono entrambi superstiti dei «Lager» nazisti IN CECOSLOVACCHIA, DURA DISCIPLINA SOVIETICA E PAURA DEI TEDESCHI Novotny (presidente) e mons. Beran (confinato) sono entrambi superstiti dei «Lager» nazisti Il capo dello Stato, padrone anche del governo e del partito, non è un sanguinario; ma ha l'onesto rigorismo dei «puri» e si adatta sempre alla verità che arriva da Mosca ■ Durante l'occupazione fu recluso a Mauthausen, e ne uscì tisico; l'arcivescovo Beran fu detenuto a Dachau,, ed anche contro Hitler dimostrò il coraggio che gli impedisce oggi di piegarsi alla dittatura comunista - Non tutto il clero ha la stessa ferma intransigenza: non è facile per i fedeli di Praga, tra persecuzioni e cedimenti, restare buoni cattolici (Dal nostro inviato speciale) Praga, aprile. Antonin Novotny è un personaggio senza aneddotica. Ha quasi sessantanni, e sposato e non ha figli. La moglie ha l'aria di una brava donna di casa; potrebbe essere la sposa di un birraio di Pilsen o di un metallurgico della Skoda. C'è chi li ha visti passeggiare per la Vaclavke Namesti; il presidente della Repubblica e la signora erano usciti per comperare delle scarpe. Novotny risiede in un appartamento dell'antico Castello Reale, il grande palazzo che domina dalla collina, e che forse suscitava fantasmi nel cuore del bambino Franz Kafka. Ha pochi conlatti; se riceve^ un ' diplomatico è sempre presente un interprete, eppure parla il tedesco. Dal suo studio controlla la vita del paese; governo e partito sono nelle sue mani. Lo si incontra alle cerimonie, ma soltanto una volta ha fatto diramare gli inviti per una festa, sembrava allegro, lo videro ballare in cerchio un motivo popolare. <c.E' un idealista, — mi dice un ambasciatore che lo ha conosciuto abbastanza bene. — E' molto intelligente, e non lo credo capace di crudeltà nemmeno in nome della morale rivoluzionaria. Sta, in ogni caso, dalla parte dell'Urss: per motivi ideologici, e perché teme lo spirito di rivincita dei tedeschi >. E', come Gomulka, come Kadar, figlio di operai. Da ragazzo faceva il fabbro e a sedici anni era già entrato nelle file comuniste. La sua biografia si sviluppa in maniera esemplare: il garzone di bottega si iscrive prima nei sindacati, legge i testi marxisti, si infiamma, pensa che è quella la strada per cambiare il mondo. Quando le truppe di Hitler arrivano a Praga, Novotny è naturalmente un capo della Resistenza. Lo arrestano e lo portano a Mauthausen; si salva perché non è ancora considerato un personaggio importante. Lo colpisce la tubercolosi; quando gli americani liberano il. campo, il biondo e sottile Antonin Novotny è stremato. <Gli italiani che erano prigionieri con noi, — racconta, — ci hanno aiutato a vivere. Noi pensavamo che tutto era ormai finito, e ci eravamo rassegnati. Prima di andarsene, dicevamo, le SS ci fucileranno. Gli italiani, invece, affamati, straccioni, ci incitavano a non mollare, erano pronti a battersi anche con le pietre ». Ha vissuto per molto tempo nell'ombra di Gottwald e di Zapotocki; non si è compromesso nelle lotte delle correnti, che in questi paesi hanno spesso conclusioni drammatiche. Ha saputo aspettare il suo turno, applicando rigorosamente quel consiglio che un padre della Chiesa suggeriva ai devoti: € Dobbiamo, per non smarrirci mai, essere sempre pronti a credere nero ciò che vediamo bianco, se la gerarchia cosi lo definisce ». La verità, per Novotny, è quella del Cremlino; e i cecoslovacchi la interpretano c la discutono pacatamente, tanto è vero che sono arrivati buoni ultimi a parlare delle conseguenze del XX Congresso, e il disgelo e la primavera si fanno ancora attendere. Anche per ri- stampare un libro del loro scrittore più importante, il « borghese » ma liberale Karel Ciapek, hanno aspettato l'esempio di Mosca. Gente prudente. Novotny ha il rigorismo dei « puri »; oratore noioso, di carattere rigido, non ha saputo conquistarsi le simpatie di cui godeva il predecessore, Zapotocki, ma lo rispettano: * E' onesto », diacono. Nel febbraio dell'anno scorso riunì il Comitato centrale del partito e lesse una fredda relazione a carico dell'ambizioso e poco conformista ministro degli Interni, il brillante Rudolf Barak. Lo accusò di attività illegali, di abusi, di aver dilapidato fondi dello Stato. Si parlò di,valuta depositata agl'estero, di acquisti di opere d'arte, di figli che amavano troppo i soygiorni in Austria e in Italia. Così Barak, che con gesti spregiudicati si era guadagnato tante amicizie (inviava, raccontano, dischi di musica americana agli studenti appassionati di jazz), sta adesso scontando quindici anni di prigione. Diceva quell'ut idiota in piena regola » del buon soldato Scveik: <Che ne penserete se vi dico che sbagliano perfino i ministri f ». Anche su Novotny pesa l'ombra di un vescovo che vive confinato in una villa, nei dintorni della città. Monsignor Giuseppe Beran non è una figura tragica e complessa come Mindszenty, ma è un altro temperamento inflessibile, un prete che non ammette deroghe a certi principi ed è anche — in fondo — un'altra vittima della guerra fredda. Salì sul pulpito del monastero di Strahóv per l'ultima predica, nell'inverno del 1951, e ammonì: « I fedeli sapranno soltanto ciò che si vorrà che io dica. Io sono venuto qui per giurarvi che non apporrò mai la mia firma a un accordo che violi le leggi, della Chiesa ». Anche l'arcivescovo BeVan ha la natura del combattente: i tedeschi lo avevano deportato a Dachau, ma continuò a condannare le bassezze dei * superuomi™ ». Quando rientrò in patria lo decorarono della medaglia della Resistenza; Gottwald andava ad inginocchiarsi nella cattedrale per il Te Deum di ringraziamento luna concessione al clero che Edoardo Benes, massone, non aveva mai fatta: ma la tattica comunista prevede molti accomodamenti), e anche quando Gottwald strinse « freni e divenne arbitro assoluto della Cecoslovacchia, il suo atteggiamento fu conciliante: « Il popolo mi conosce — disse. — Non l'ho mai tradito e non lo tradirò mai. Supplico tutti, per il sangue sparso dai nostri fratelli nei campi di concentramento, per le lacrime e i do/ lori delle donne e delle madri: non abbandonatevi alla guerra fratricida ». Ma quando vide minacciata l'indipendenza della Chiesa (lo Stato si riservava l'educazione dei giovani ed esigeva anche il controllo dell'attività religiosa) la sua opposizione si fece più tenace; ha sempre rifiutato una dichiarazione di lealtà al governo, ha preferito sottostare alla coercizione del silenzio e del confino. Racconta il funzionario Hrusa, capo dell'ufficio Affari del culto, che i vescovi che vennero a Roma per il Concilio hanno portato a monsignor Beran un breviario, dono del Papa, e che Varcivescovo di Praga ha scritto al Pontefice una lettera per ringraziarlo. Nessuno sa dove è situata la casa che ospita il prigioniero, il quale non desidera — secondo la versione ufficiale — essere disturbato, perché sta scrivendo le sue memorie e la biografia di una santa boema. La sua salute, spiegano, è eccellente; alcune suore accudiscono alla sua persona e, come assicura il reverendo Joseph Plojahr, sacerdote accomodante che è passato con tonaca e ideali al servizio del partito comunista, ricevendo in cambio dell'utile appoggio il Ministero della Sanità: « Se vuole porre fine al suo isolamento, non ha che da fare quella promessa di fedeltà che lo Statò domanda a tutti i preti ». Il reverendo Plojahr ha scelto facilmente; anche lui fu a Dachau, e anche allora i suoi atteggiamenti non si accordavano con quelli di Beran: dicono — ma non abbiamo alcun elemento per sostenerlo — che era fin da quei tempi più disposto alla tolleranza. Plojahr è il leader del Partito popolare, un raggruppamento che nel 191)8 diede con slancio la sua collaborazione al Fronte creato da Clement Gottwald, e che ha in Parlamento sedici rappresentanti. (I comunisti sono 222, e i socialisti 15, sei deputati rappresentano la Slovacchia e k2 figurano « indipendenti », ma è chiaro a tutti chi li comanda). Il reverendo Plojahr è persuaso che la dottrina di Gesù è molto più vicina al comunismo che al capitalismo, e che i cristiani non solo non debbono astenersi dalla politica, ma è bene avanzino verso una certa parte: che è proprio quella che lui, col suo esempio, ha indicato. Monsignor Beran, che non condivideva questa interpretazione, lo sospese a divinis, ma la commissione episcopale, alla quale Plojahr ricorse, diede torto al vescovo. Non è facile essere òuoni cattolici oltre cortina; molti atteggiamenti dei pastori sono contraddittori, così il gregge si assottiglia e il numero delle pecorelle smarrite si accresce. Il significato delle parole è distorto, e anche la dottrina confusa. Secondo le statistiche ora nella tiepida, se non indifferente, Cecoslovacchia, solo 3187 preti esercitano il loro ministero, e novemila monache, insostituibili per Za preparatone e per lo spirito di carità, prestano la loro opera negli ospedali, negli istituti per i vecchi, nei ricoveri. Sono andato a visitare una casa per donne cieche a qualche chilometro da Praga: dieci suore custodiscono 81 inferme. Non hanno una superiora: dipendono dalle autorità civili, ma svòlgono il loro lavoro con letizia. La più vecchia vive in queste malinconiche stanze da oltre trentanni; la più giovane, suor Maria Strezislava, era venuta qui ancora novizia. C'era nell'aria odore di minestrone e di candele, poi le suore condussero le cieche nella, cappella, una sedette all'organo,... e tutte assieme cantarono un motivo di Dvorak che inizia: «Solo nel canto abbiamo trovato un dolce conforto ». Enzo Biagi Antonin Novotny, presidente della Repubblica cecoslovacca, durante una festa di giovani « pionieri » comunisti