NOTE senza musica

NOTE senza musica NOTE senza musica Serafin, Tamagno, Callas, Fischer, Mainardi Nell'ottavo volume dell'Opera animai, curato da Harold Rosenthal (Londra, ed. John Calder, 1962), rassegna delle opere rappresentate e delle questioni vive nel teatro d'oggi, manca il capitolo solitamente informativo delle cose italiane. Sorpresa. Perché? Perché, dichiara l'Introduzione, il ritardo nell'assegnazione statale dei fondi ai singoli teatri italiani ha impedito ai so printendenti la tempestiva compilazione dei cartelloni! S'intende che le altre nazioni sono giustamente presenti, anche il Nuovo Messico col Teatro a Santa Fé. Poiché il passato è per fortuna più vivace del presente, ecco, inseriti nell'Annuario del Rosenthal, piacevolmente, alcuni ricordi di quell'insigne maestro che è Tullio Serafin, di cui il contributo al teatro italiano, quando l'amare il teatro non era vano, dev'essere ancora descritto. Quanti giovani cantanti trasse dall'oscurità e allontanò dalle cattive strade ed istruì, quanti giovani compositori valenti aiutò a consigliò. Ad una commediola improvvisata, c spettacolo benefico », nel Teatro Lirico a Milano, quando egli, Serafin, era ancora allievo nel Conservatorio, partecipavano Ermete Novelli, come un Agente teatrale, Ferravilla come Cameriere, e Tamagno: un Cantante novellino, veauto per una udizione, cui erano stati invitati parecchi critici milanesi. — Baritono? — domandò No velli a Tamagno. — No, più alto. — Tenore? — Sì. — E che vuol cantare? — Mmm... « Di quella pira ». Occorreva un pianista per l'accompagnamento. Novelli fece il giro della sala alla ricerca d'un critico esperto del pianoforte. Ad uno ad uno tutti rifiutarono. E Ferravilla: — Se i grandi dottoroni non sanno, lo sa il Cameriere! — E ne diede una felice prova. Tamagno cantò « la pira » nel tono di si bemolle, e alla fine disse: — Posso andare anche più su. Ripetè l'aria in si natu . rale, infine, accrescendo la maraviglia degli astanti, in do. •• Serafin, che, prima orchestrale, poi ■ direttore nella Scala, ebbe agio di notare l'evoluzione ed i caratteri di quel tenore, ne annota la facoltà non solo di poderose note alte, ma anche di delicata mezza voce, opportuna, efficace per esempio nell'Otello di Verdi e nel Guglielmo Teli di Rossini, dove nell'aria « O muto asil del pianto » riusciva incantevole. Con la sicurezza vocale si congiungeva la nitida dizione. « Quand'egli canta in questa o quell'opera — commentava Giulio Ricordi — la vendita dei libretti alla porta del teatro scema... ». Pel resto, negligeva del tutto la mimica; non volle mai sacrificar la barba alla tradizione d'un personaggio, neppur nello Cbénier. E pativa il panico. Quante volte, prima di entrare in iscena-, supplicò il conte Visconti di Modrone di scioglierlo dall'impegno! Maria Callas. Il tenore Zenatello la presentò a Serafin, che, ascoltatala, per prova, in due o tre pezzi della Gioconda, subito l'accolse, estate del '47, nella . compagnia per l'Arena a Verona, e anche le propose di cantare nel Tristano a Venezia. Caso raro di versatilità e di polivalenza, la Callas potè sostituire la Carosio nei Puritani, apprendere in pochi giorni la parte di Elvira ed eseguirla bene dopo una sola prova con l'orchestra. Miope, non vede la bacchetta, dice Serafin, e non sgarra mai. A ciascun personaggio dà l'accento proprio. E' studiosa, tenace, riflessiva, pensosamente critica di se stessa Per ciò la stima di Tullio Serafin è molto convinta e cordiale * * Il ricordo di Edwin Fischer dura tuttora caro, ravvivato, oltre che dalla stima artistica, dalla simpatia, dall'affettuosità, dalla csnssrr(lW'lgaaqsaevgskimtam cordialità del suo animo.nobilissimo. Ecco un'altra pubblicazione, che tramanda i suoi pensieri sulla musica, su artisti, su opere, sulla pedagogia pianistica, e pur raccoglie testimonianze e memorie di colleglli ed osservatori. (Dank an E. Fischer, con 33 illustrazioni, ed. F. A. Brockliaus, Wiesbadcn). Molte sue pagine e 'le prolusioni ai corsi recano un gusto letterario che ben s'addice al vivace ripensamento estetico, all'entusiasmo per l'arte, e che quasi corrisponde al suo tocco sì variamente delicato o robusto, alle sue interpretazioni intuitive ed affascinanti. Fra i musicisti collaboratori al volume è Enrico Mainardi, che gli fu vicino diciassette anni inT' sicme con il violinista Kulenkampff, poi con lo Schneiderhan, in un Trio tanto singolare e memorabile, da non esser ricostituito, quasi per tacito ossequio alla memoria di lui. In una coni memorazione trasmessa dalla Ra dio di Bcromunstcr il nostro eccellente Mainardi rievocò appunto l'istituzione e la solidarietà di quella compagnia, e insistè nel rammentare le ore dell'assidua concertazione, le discussioni filologiche intorno a un passo, ad una frase, a un moto, a una didascalia... Più volte, provando un Trio di Brahms, le controversie sorsero, sembrava, inconciliabili, sulla reale consistenza del « brio », e si conclusero, nell'imminenza del pubblico concerto, precisamente a Kopenhagen, con una decisione, che parve definitiva. Stupore. Nell'atto dell'esecuzione, Fischer, che durante lo studio e il contraddittorio aveva sostenuto la necessità d'un « brio » alquanto celere, iniziò il canto lentamente, con una lentezza che nessuno dei compagni aveva mai proposta. E fu una folgorazione interpretativa e una ideale riuscita. A. Della Corte

Luoghi citati: Londra, Milano, Venezia, Verona