La più grande poetessa della Russia

La più grande poetessa della Russia La più grande poetessa della Russia E' Anna Achmàtova: dal 1940 ad oggi sono state vendute 95 mila copie dei suoi versi - Durante gli anni dello stalinismo fu perseguitata, e dovette tacere - Ora la sua voce è tornata limpida e pura - Parla di Pasternàk con appassionato fervore Olga Andréev Carllsle è figlia del poeta Vadlm Andréev. Suo nonno era Leonid Andréev, celebre drammaturgo rusio. Nata a Parigi da madre francese, ed educata in Francia, si recò a ventitré anni negli Stati Uniti: lì conobbe lo .scrittore Henri Carllsle che divenne suo marito. . E' stata in Urss ner la prima volta un anno fa, accolta entusiasticamente da artisti e scrittori. In quell'occasione ha potuto studiare aspetti poco'noti della vita Sovietica e i suoi ricordi, pubblicati in America, sono stati mólto apprezzati dal pubblico e dalla critica. Questo ritratto della poetéssa Achmàtova, scritto in esclusiva per La Stampa, non figura nei suoi ricordi di veggio. Ero a Mosca per raccogliere il materiale per un'antologia della poesia sovietica e mi sono valsa di una presentazione di mio padre per andare a trovare Anna Achmàto.va, ormai l'ultima superstite di una generazione, di poeti russi di ■ altìssimo ingegno, tra gli altri Maiakovskij e Pasternàk. La Achmàtova è nata a Pietroburgo come Puskin cui, in^più della classicità e sobrietà del linguaggio, l'imparentano 'i luoghi dell'infanzia e gli studi compiuti a Tzarskoje Selò dove « il bruno adolescente vagava pei viali presso le rive solinghe del lago - e da secoli noi accarezziamo - l'appena percettibile fruscio dei suoi passi ». A lui la Achmàtova ha dedicato- la sua attività critica e ancora nel 1943 si domandava: « Chi sa ohe cosa sia la gloria? - A che prezzo egli ha comprato - il diritto, la possibilità o la gioia di scherzare saggio e malizioso su tutto... ». Direi che nella Achmàtova s'incarna lo spirito stesso della sua città, la più europea dell'Urss, un po' malinconica da quando Mosca le ha preso il posto di capitale intellettuale. « Sei. stata la mia culla beata - città cupa dal fiume minaccioso - e il fastoso lettb nuziale... », « ...sotto l'arco sulla Galernaja - le nostre ombre sono rimaste per sempre ». 2V« amaro amore» per questa città ove ha quasi sempre vissuto, traspare dalle.sue liriche di cui è il paesaggio più frequente. I suoi palazzi, costruiti in gran parte da architetti italiani, la fanno sentire di casa a Roma e quando « il vento della guerra» ("titolo di una sua raccolta di liriche) la costringe ad abbandonare la sua città, le strappa un grido di dolore: « Sono allo zenit gli uccelli della morte - Chi andrà a salvare Leningrado ? ». In uno dei suoi frequenti viaggi a Mosca sono andata a trovarla presso gli amici che l'ospitavano in un piccolo appartamento di due stanze al secondo piano di una casa di mattoni a poca distanza dal Cremlino, tra vecchie chiese sormontate da cupole a cipolla, stradine grigie e piazzette brulicanti di bambini che giocavano nel fango dèi disgelo primaverile. Un tipico alloggio da intellettuale moscovita, stipato di libri, ingombro di mobili vecchiotti, ma comodi. Dalle ampi", finestre a doppi vetri, s'intravedevano alberi già verdeggianti. Mi accolse come una regina riceve un ambasciatore straniero: con la convinzione che quel- l'omaggio le sia realmente dovuto. Ma affabile, paziente, gran dama dai gesti lenti e nobili. Da parte mia l'omaggio era sincero, anzi appassionato. Ero felice di poterle dire che all'estero è considerata la più grande poetessa vivente, che chiunque si occupa di letteratura russa conosce la sua opera e che il suo Poema senza eroe che ella ha scritto di recente, dedicandolo ai suoi amici morti durante l'assedio di Leningrado, è stato tradotto in molte lìngue e in Francia è molto noto. Se ne rallegrava sinceramente. « il i pare che all'estero vi sia un equivoco nei confronti della mia opera e anche della mia persona » ha detto: «Non ho mai smesso di scrivere. I miei versi sono sempre intonati alla mia epoca, alla nuova vita del mio paese. Mentre li compongo, vivo secondo gli stessi ritmi della Russia ». Infatti molti pensano che la sua opera sia ferma al tempo della prima guerra mondiale poiché la Achmàtova è stata tra le personalità letterarie più colpite durante l'epoca staliniana finché, accusata di pessimismo e misticismo, fu espulsa per ordine di Zdanov dall'ordine degli scrittori sovietici; ma ha sempre continuato a scrivere e il suo silenzio — apparente — è durato soltanto dal 1946 al 1950. Sono tornata spesso a farle visita; l'accoglienza non era mai calorosa ma c'è sempre in lei una maestosa buona grazia che' si accorda al suo aspetto di donna anziana e massiccia ma, a settantatré anni, ancora bellissima. Secondo l'ora in cui mi riceveva, si faceva trovare drappeggiata in uno scialle cinese di seta color avorio a ricami oppure avvolta in una vestaglia bordata di viola, suo colore prediletto. Mi faceva sedere di fronte a lei, a una piccola scrivania: e, dopo aver chiuso la porta della stanza, per poter discorrere più tranquillamente, pareva'iniziarmi a un rito poetico, che presto il discorso cadeva sulla letteratura e lei, con voce sorda ma melodiosa, mi recitava alcune sue poesie. Io, intanto, osservavo il suo celebre profilo, disegnato da Modigliani a Parigi nel 1911. Poi ancora avvolta nell'onda dei propri versi, mi parlava del suo lavoro. Parlava del 1920, degli anni eroici della poesia russa, di Boris ■ Pasternàk, con un fervore indimenticabile: « Pasternàk era il lirismo personificato, e il suo viso era come trasfigurato dalla musica anche nell'apprendere che io, Anna Andréevna, qui a Mosca ero sommersa dalle visite di amici, di giovani letterati, dalle quali non riesco a sottrarmi...». « E, infatti, un giorno attendevo un giovane poeta, un altro alcuni giovani scienziati atomici che volevano registrare la mia voce. Parlare della popolarità della poesia in Urss mi affascinava ». « Non facciamo raffronti avventa■ti », diceva la Achmàtova: « Gli anni della rivoluzione sono stati anni di grande fioritura poetica, ma le nostre tirature non superavano mai le mille copie, neppure per Maiakovskij, il più popolare di tutti noi. Oggi si parla di centinaia di migliaia di copie. Dal 1940 ad oggi sono state tirate novantacinquemila copie dei miei versi eppure, a Mosca, non se ne trova più in vendita una sola copia. | La passione per la poesia e la diversità delle voci che oggi si fanno udire nel nostro paese sono manifestazioni nuove, che non riguardano soltanto il mondo dei letterati. Il pubblico di oggi è composto di operai, di scienziati. I fisici che vengono a trovarmi mi fanno domande intelligentissime ». Pensavo che nonostante la sua età, l'assenza assoluta d'ogni segno di benessere materiale, Achmàtova è una donna felice. Il suo popolo, e il mondo, ascoltano la sua voce. Olga Carlisle (Copyright [C] 1963 di Olga Carlisle e O. Amaud) Un incontro in treno (Dall'Introduzione di Carnevali alle poesie di A. Achmàtova) Un altro interessante ritratto della poetéssa ci offre uno dei fondatori della rivista Apollòn, il Makòvskij. Questi, che aveva fatto la conoscenza di Gumilèv già nel 1909 e aveva incontrato 1 giovani coniugi a Parigi, subito dopo il loro matrimonio nel 1910, ritornava con loro in treno a Pietroburgo: «In un vagone ferroviario, al cullante rumore delle ruote, è più facile che altrove aprirsi. Ricordo molto bene che Anna Andréetua destò subito il mio interesse, e non solo in qualità di moglie legittima di Gumilèv, uomo assai frivolo che davanti ai miei occhi aveva, senza conseguenze, intrecciato e sciolto un'infinità dì romanzi, ma tutto l'aspetto dell'Achmàtova di allora, alta, magra, silenziosa, molto pallida, con una triste piega della bocca, suscitava, non si capiva bene, se curiosità intenerita o compassione. «Da come Gumilèv le parlava, si sentiva che egli l'amava sul serio e ne era fiero... Sposatomi, mi stabilii anch'io a Tzarskoje Selò: in assenza di Gumilèv andavo a trovare l'Achraàtova, sempre misteriosamente malinconica e tale da suscitare una tenera simpatia. Non so perché, Gumilèv era partito, lei era venuta a far visita a mia moglie, e leggeva dei versi. Ancora non pubblicava sulle riviste, Gumilèv "non.voleva". Ascoltate alcune delle sue liriche, le proposi subito di pubblicarle su Apollòn. Ella titubava: che avrebbe detto Nikolàj Stepànovic al suo ritorno? Egli era decisamente contrario a che scrivesse... >. Questa la donna sottomessa e timida che entrerà nella leggenda, cui i pittori faranno il ritratto, di cui ognuno conoscerà i tratti del viso, gli occhi malinconici, la frangetta, lo scialle cantato da Blok e da Màndelstara. La poetessa Arma Andréevna Achmàtova in un disegno di Modigliani. Il pittore italiano conobbe la scrittrice russa durante un soggiorno a Parigi, nel 1911