Galileo visto da Brecht

Galileo visto da Brecht Domani sera ai Piccoio Teatro di Milano Galileo visto da Brecht ' '. i Un personaggio complesso alle soglie del mondo moderno - Il dubbio all'assalto delle dottrine dogmatiche e delle vecchie strutture sociali • Responsabilità della scienza nel corso della storia (Dal nostro inviato speciale) Milano, 20 aprile. Vita di Galileo di Bertolt Brecht, che il « Piccolo > di Milano metterà in scena lunedi sera (regista Giorgio Strehler), è uno splendido saggio di «teatro epico*, grande racconto e non dramma. Storico propriamente no, per quanto nell'affresco appaiano stupende figure e scene e ambienti di un secolo remoto, e vi si rappresenti liberamente e con realistica fantasia una civiltà splendente e corrosa dalla miseria, antica e pur ricca di linfe nuove e di sconvolgenti scoperte, un Seicento all'inizio, ancora aristotelico e teologale, e già, a modo suo, illuministico e scientifico. Non storico perché volto piuttosto a un impegno morale e di attualità, a identificare l'epoca defunta nella nostra presente. Lo spettacolo vuol anche dimostrare e insegnare qualcosa. Ma l'intenzióne didascalica è riassorbita in quel fenomeno detto della « alienazione > o dello < straniamente », che consiste nel radicale distacco degli attori e degli spettatori dai personaggi e dalle vicende, intorno alle quali, cosi oggettivate con calma fermezza, si stende uno spazio di riflessione e di critica. Rappresentazione totalmente autonoma e vera, e, nell'idealità, reale. Abolita l'emozione, lo spirito comprende e contempla. Basti cosi; ricordiamo con riconoscenza un monito dello stesso Brecht, che scrisse: « Se i critici guardassero al mio teatro come vi guardano gli spettatori — senza dare, cioè, quasi alcuna importanza alle mie teorie — vedrebbero del teatro puro e semplice... ». E invece, quante parole difficili, quanta presunzione di « intelligenza » intorno a testi che sono poi di una chiarezza elementare, ae rati da una specie di candore e perciò autenticamente popolari. Attenendoci dunque al nostro compito di cronisti del teatro, ci limiteremo ad accennare ad alcune scene del Galileo. Galilei, docente di matematiche a Padova, vuol trovare le prove del nuovo sistema cosmico di Copernico. Siamo in tempi difficili (1609), per mil lenni ha dominato la fede, ora domina il dubbio. Papa, cardi nali, principi, scienziati, con dottieri, mercanti, pescivendole e scolaretti: tutti erano con vinti di starsene immobili den tro una calotta di cristallo, In segnamentq tabù. Ma ora ne stiamo uscendo, dice il Galileo di Brecht; è risultato. che i cieli sono vuoti, e a questa constatazione s'è innalzato un gran riso d'allegria. E' la nascita e la propagazione del metodo sperimentale, della scienza rigorosa e stimolante che si accompagna a un crescente moto "di liberazione religiosa e sociale. Ferché naturalmente questo è il motivo vero, ispiratore del testo di Brecht: non rispettando più «le vesti trapunte d'oro dei principi e dei prelati», assuefacendosi via via alla luce di realtà e di comprensione del pensiero nuovo, il buon popolo si ribellerà finalmente alle supreme ingiustizie, iniziando-quella marcia di conquista che è ancora in corso. Sciènza e tecnica, investigazione'della realtà, invenzione delle macchine solleveranno il mondo dalla immensa fatica di vivere. Questo Galileo di Brecht è uno strano personaggio, che poco ha che fare con quello austero, se anche arguto, dei testi scolastici. E' un genio, ma 6 anche un grosso uomo molto carnale, gran mangiatore, avido e ghiottone, faceto sino alla sguaiataggine. Non è un eroe, non è uno che si offre al martirio. La gravità dei suoi pensieri non gli vieta la furbizia e qualche raggiro. Un tale gli fornisce 1 dati di una nuova invenzione olandese, il cannocchiale, ed egli su quei dati ne costruisce uno nuovo di zecca, lo vende alla Repubblica di Venezia come sua recente sco perta, e ne ricava cinquecento scudi che gli serviranno a proseguire le ricerche. E' un colpo truffaldino, ma subito Galileo appunta il telescopio verso il cielo e, primo ài mondo, scopre che cos'è veramente la Luna, e la composizione dk Saturno, le fasi di Venere, 1 Barelliti di Giove, e insomma la conferma che Copernico aveva ragione. Tutto il racconto prosegue cosi in un magnifico, olimpico equilibrio tra l'agiografia laica e un ardente ma dominato calore d'anima. Luce e ombra, Galileo è già Intero, e un po' ambiguo nella sua vita familiare, con la governante signora Sarti, e il figlio di lei, Andrea, ch'egli inizia alla scienza; v'è la «glia Virginia, e vi sono gli amici e discepoli. Una flguretta appena abbozzata, ma importante a intendere il senso della rappresentazione, è l'occhialaio Federzoni, suo aiutante, uno di quei popolani e artigiani che sulla scia delle Invenzioni tecniche daranno nel secoli un nuovo volto al mondo, prontissimi a passa ro dalle botteghe e dalle officine alla piazza, per fare le rivoluzioni. Si direbbe che tra Galileo e costui vi sia un'intesa tacita, addentro alle segrete cose della vita: ed è un tratto poetico. Ma, diciamolo, nell'asciuttezza e obiettività tutto il testo è ir resistlbilmente poetico. Nelle dispute suscitate, il Collegio Romano è favorevole adurvvèDqmpsgvscbvvdvdsncitrlvdsrngctlp a Galileo, ma 1 teologi lo giudicano nemico del genere umano, perché ha posto la Terra non più al centro dell'universo, ma al margine, e ha voluto degradare l'uomo che è pur fatto a immagine dì Dio. (Non spetta a noi fare qui osservazioni di carattere metafisico, e indicare, ad esempio, quale possa essere la distinzione tra scienza e religione). Maestose, affabili, di vario colore e intonazione si susseguono le scene bellissime, come quella, dì carattere emblematico e grandioso, della vestizione del Barberini, divenuto Papa Urbano. Il cardinale amico delle scienze, rivestendo ritualmente i paludamenti sacri, si allontana sempre più da ciò che è umano, ma nel suo cuore qualcosa di nobile e di ferito si irrita alle parole dell'Inquisitore, che tuttavia, alla fine, riesce ad avere in mano Galileo. Lo scienziato è ormai, nella villa di Arcetri, prigioniero dell'Inquisizione: di fronte agli strumenti di tortura ha abiurato. E' la tremenda delusione del discepoli. Galileo si finge anche più vecchio e più cieco di quello che è, e sottraendosi ad ogni vigilanza, la notte scrive e scrive, e compie la grande opera, 1 Discor¬ si su due scienze nuove. Una sera sopraggiunge il suo exallievo Andrea, freddo e sprezzante. Ed ha cosi, Inizio l'ultimo mirabile dialogo che riassume l'opera. Galileo consegna il manoscritto ad Andrea perché lo porti oltre frontiera, e Andrea ha un sussulto di entusiasmo. Ma allora è stato tutto un calcolo. Galileo con l'abiura non ha voluto che assicurarsi la possibilità di completare i suoi studi. Andrea ha ritrovato il suo idolo. Ma Galileo lo disincanta subito: no, risponde, non feci nessun calcolo, ebbi paura, e rinunciai, e tradii. Ma meditando a lungo — dice 1— sul caso mio e sulla scienza, ho compreso molte cose. Svelati 1 mondi celesti, scoperte e dominate le forze della natura, a che serve questa gloria se, vinta la battaglia scientifica, < la battaglia della massaia romana per la sua bottiglia di latte sarà sempre perduta?». Conviene ricordare che il primo Galileo di Brecht era alquanto diverso da quello che si rappresenta a Milano; l'autore lo modificò dopo la bomba di Hiroshima. La strage aveva destato un'impressione apocalittica in tutta l'America; Brecht era là e al suo sgomento si uni il senso di orrore della maggioranza de¬ gli americani. Apparve, e invase le menti un problema supremo: quello della responsabilità della scienza e degli scienziati. Che deve fare lo scienziato che sa, esattamente, che le sue ricerche potranno un giorno scatenare tutto il male, e la distruzione stessa della vita? Il Galileo di Brecht afferma che l'indifferenza sociale e umana degli scienziati è di per sé catastrofica, è quella che li sospinge ad abbandonare nelle mani dei potenti i mezzi dell'oppressione e della rovina. Gli scienziati scoprono e scoprono; ma < il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall'umanità. Tra voi e l'umanità si scaverà un abisso cosi grande che ad ogni vostro' eureka risponderà un. grido di dolore universale ». Egli si sente traditore soprattutto per questo, per aver messo la sua sapienza « a disposizione dei potenti perché la usassero o non la usassero, o ne abusassero, a seconda dei loro fini ». Il suo ultimo monito, solenne, accorato e pieno di speranza, è questo: «Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare la fatica dell'esistenza umana ». Francesco Beruardelli

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