Un comizio difficile di Fanfani a Palermo di Vittorio Gorresio

Un comizio difficile di Fanfani a Palermo Un comizio difficile di Fanfani a Palermo (Dal nostro inviato speciale) Palermo, aprile. Fanfani appena uscì sul palcoscenico del Politeama Garibaldi ci fu coperto alla vista da una caduta di foglietti lanciati dai due corni del loggione. Erano gialli, verdi, arancio, i colori degli agrumeti, e scendevano sulla platea turbinando, come animati da un soffio potente di vento; un'accoglienza bellissima, allegra, che fece piacere al presidente del Consiglio, che incominciò difatti un discorso lieto e cordiale, con il proposito di entrare in confidenza coi suoi ascoltatori palermitani. Per più di un'ora, prima che egli fosse comparso al boccascena, un giovane attivista democristiano aveva ripetuto al microfono un avvertimento monotono, nasale: « Attenzione, attenzione, fra pochi istanti il presidente del Consiglio onorevole professor Amintore Fanfani parlerà alla cittadinanza di Palermo da questi altoparlanti ». Ogni tre minuti ripeteva, per tener desta l'aspettativa dei cittadini rimasti fuori del teatro (dentro erano stati ammessi soltanto i quadri c le gerarchie della de, come se si trattasse non di un comizio ma di un rapporto). Fuori, però, da corso Vittorio Emanuele a via Notarbartolo, da piazza Verdi a piazza Politeama, da via Aragona Pignatelli al largo Viale della Libertà, i cittadini di Palermo non sentivano. Stare in ascolto era impossibile, per il frastuono che assordava; un frastuono di rombi di motore, di urli di clacson, di stridio di frenate, di fischi laceranti dei vigili trafelati, di imprecazioni degli automobilisti esasperati per il blocco imposto nella zona più centrale di Palermo, tutto ad un tratto, senza preavviso, nell'ora di punta del traffico più intenso. Straordinarie misure di pubblica sicurezza applicate con rigore inesorabile avevano paralizzato la parte viva della città, imbottigliando centinaia di automobili, soffocando migliaia di pedoni, imprigionando insieme nella strettoia dei marciapiedi vigili, agenti, carabinieri e cittadini. Anche le jeeps, le camionette e gli automezzi della Celere, intasati come erano nel caos, non avrebbero avuto modo di muoversi se fosse stato necessario. Pare che tanto schieramento di forze e quel blocco improvvisato fossero stati ispirati alle autorità di polizia dal timore che avessero a ripetersi gli incidenti di cinque .anni fa, quando l'anfani nella stessa piazza Politeama (per la campagna elettorale del '58 aveva parlato fuori del teatro) era stato continuamente interrotto, in maniera villana, da gruppi di fascisti ad arte sparsi tra la folla, che si rilanciavano a distanza segnali o spunti di protesta. In questo modo, se gli agenti arrivavano a soffocare un focolaio di disturbo, un altro ne era acceso al capo opposto della piazza: così il comizio del '58 era stato, più o meno, un fallimento, anche perché Fanfani si era innervosito, come tutti si accorsero; e se ne era accresciuta la baldanza dei provocatori. Perciò, quest'anno, agenti e carabinieri circondavano in doppia fila il Politeama, in doppia fila sbarravano le strade, in doppia fila si stendevano nei corridoi del teatro, in doppia fila si stipavano alla ringhiera della cavea. Una esagerazione, un'assurdità Fanfani sapeva, naturalmente, di tutta quella macchinazione impiantata in suo onore, che si risolveva a suo danno. Infatti il suo discorso, che per destare un cordiale calore avrebbe avuto biso gno di una diretta rispondenza di pubblico, cadde all'esterno inascoltato nel tumulto del traffico, ed anche nell'interno del teatro mi sembrò perdersi senza un'eco proficua. A parte la doverosa impassibilità degli agenti dell'ordì ne che lo ascoltavano, la dispo sizione. mentale dei dirigenti e degli attivisti democristiani seduti in platea era probabilmente volta all'attesa di un altro tipo di discorso, magari meno vivace, ma più precisamente riferito alle questioni siciliane, ed in particolare a quelle specifiche ora aperte in materia di investimenti per l'industrializzazione della Sicilia nell'ambito di una politica di piano, che coordini e inquadri lo sviluppo della regione nella programmazione economica nazionale. Argomenti concreti di questo genere desideravano da Fanfani gli attivisti venuti a rapporto, per poi servirsene nella polemica quotidiana della campagna elettorale; ed invece Fanfani, immaginando di parlare ad una folla che fosse calma in ascolto fuori del teatro, divagava con gusto, con estro, con passione, sui temi generali del centro-si nistra, della ricostruzione italiana, della politica internazionale Spiegava che la crisi ideologica del comunismo universale ha spinto i socialisti sulle vie del centro : « Così c'è stata, prima, la manòvra a spìnta. E poi c'è stata lina manovra a trazione. Chi ha fatto la trazione? Mala godi ». Il segretario del partito liberale, secondo Fanfani, avrebbe infatti dato una mano ai comunisti per condurre i sociali su alla collaborazione con la de, avendo per suo conto rifiutato di ' concorrere per una politica di progresso. I socialisti hanno quindi trovato un posto vuoto, e giustamente lo hanno occupato: « Perciò vi dico che il vero padre, o, se volete, l'ostetrico del centro-sinistra, è l'onorevole Malagodi ». Qualcuno rise, e Fanfani cambiando d'argomento e di registro venne a parlare dell'importanza del voto che i giovani elettori delle nuove leve daranno il 28 aprile per la prima volta. Raccomandò di illuminare i giovani, i quali non sanno cosa fosse l'Italia nei giorni della miscria del 1942, quando essi nacquero : « // caldo latte materno che suggevano allora non consentì loro dì immaginare la tragedia che vivevamo ». Da quel punto di partenza al traguardo di oggi («dalle rovine alla ricchezza conquistata») la via percorsa dall'Italia sa di miracolo : « Fate attenzione, mi disse Keimedy a Washington, perché una miriade di popoli vi guarda ». Esemplificando, Fanfani citò - arabi ed ebrei che, secondo un'informazione recata anche da Saragat dopo una visita nel Medio Oriente, starebbero appunto guardando al centrosinistra italiano. I siciliani nel Politeama guardavano al presidente del Consiglio con occhi fissi e attenti, forse però considerandolo eccessivamente immaginoso, e difatti il volume degli applausi in teatro era sempre inferiore al volume di,voce che l'oratore spiegava. Pensando a un vero comizio, Fanfani usava toni da buon attore, alternando le risorse fu riosc di uno Zacconi alle sapidi ti pause, di un Ruggeri, alle flautate lentezze di un Baiassi; ma non mi parve che facesse breccia. « Votate — disse a un certo punto — pensando all'esempio che dovete dare al mondo », ma nessuno reagì. Anzi un certo imbarazzo si diffuse al momento in cui Fanfani prese a parlare degli africani che siedono all'Assemblea delle Na zioni Unite a New York e che in autunno del i960 furono sbi gottiti spettatori del famoso gesto di Kruscev che, toltasi una scarpa, la.sbatté sul suo banco ripetutamente. « Giù il cappe! lo davanti agli africani. Essi furono allora i primi a vedere in quella scarpa il ruggito di un leone che si deve respingere » disse Fanfani testualmente nella fòga-oratoria-.ilI ^j'-:3«»»v< >.a» Ci fu un silenzio grave. L'elogio degli africani in Sicilia può essere interpretato in vari modi, non tutti lusinghieri, e il pubblico in teatro pareva incerto, e alcuni si mostravano irritati. Quando Fanfani, quasi subito dopo, parlò delle autostrade che si fanno in Italia, uno interruppe con un grido : « E perché non ne fate qui in Sicilia? ». « // problema riguarda il vostro governo. Noi siamo rispettosi della sua autonomia », disse Fanfani; e la sua prontezza forse piacque poco, perché poteva sembrare un rimprovero per l'inefficienza amministrativa della Regione, che negli ultimi anni non è riuscita a definire un programma di costruzioni stradali per connettere il sistema della viabilità siciliana con quello del continente, il giorno in cui sarà ultimata l'Autostrada del Sole attraverso la Calabria fino allo Stretto di .Messina, Quando verrà quel giorno, ; siciliani temono che -' passaggio nell'isola il traffico turistico e commerciale si ingolferà senza rimedio nella strozzatura delle loro attuali strade esigue tortuose,, pavimentate male, che si snodano secondo un disegno arbitrario arrampicandosi a fatica per i Monti Pcloritani o i Monti Iblei. Da Fanfani essi avrebbero quindi desiderato l'assicuraziori di un provvidenziale intervento decisivo dello Stato; mentre Fanfani immaginava che i suoi ascoltatori avrebbero apprezzato come un atto di riguardo che il potere centrale non si ingerisse negli affari spettanti alla Regione. Era una delicatezza, la sua, ma fu purtroppo interpretata come una ipocrisia o una mancanza di interessamento; e una volta di più, si deve confessare, l'incontro al vertice Roma-Palermo non è andato esente da qualche equivoco. Vittorio Gorresio