Negri a Parigi di Francesco Rosso

Negri a Parigi I PIE9 niSPEUATi DEGLI EMIGRIMI Negri a Parigi (Dal nostro Inviato speciale) Parisi, aprile. Un sabato pomeriggio, verso il Marche aux puces, ebbi la sensazione di una concreta presenza in Francia dell'Africa nera. Freddolosi e spauriti, i negri circolavano a gruppi fra le bancarelle degli abiti usati, cercavano i più logori ed a minor prezzo conversando fitto tra di loro più che col rivenditore; infine si spostavano ad un altro banco ripetendo sempre la stessa scena; una scelta minuziosa, una discussione in dialètto africano su un paio di calzoni, usati, un gesto deluso sentendone il prezzo. Il colore della pelle non provoca curiosità nei parigini, ma i negri che vivono nella cintura allucinante della capitale, in baracche immonde, o in sordidi falansteri, sono diversi dagli studenti negri del Quartiere Latino, pongono problemi gravi e scatenano reazioni imprevedibili in una popolazione che pure è abituata a veder circolare nelle sue strade le tante razze del dissolto impero coloniale. . Nei mesi più rigidi dell'inverno tuttora incombente! nel quartiere di Montreuil scomparvero numerosi cani. « Li hanno mangiati i negri » affermò perentorio il signor Dides, consigliere municipale. Da buoni musulmani, i negri morirebbero di fame, ma non toccherebbero carne di cane. Eppure, tutti i parigini sono convinti che le bestiole scomparse siano finite nella pentola, spesso vuota, dei negri. Non è un fondo di inconscio razzismo a generare questi atteggiamenti quasi ostili verso poveri esseri sradicati e inoffensivi; direi che è piuttosto un senso di colpa per le condizioni in cui la splendida Parigi abbandona questi singolari emigranti. Da due anni, un flusso migratorio sempre più consistente scende sulla Francia dagli antichi possedimenti africani, soprattutto da Senegal, Mali e Madagascar. Per una particolare convenzione, i cittadini della ex Contmunauté hanno diritti uguali ai francesi, tranne quelli politici; con una carta d'identità» sovente falsa, ed il denaro per pagarsi il viaggio in quarta classe su un battello diretto a Marsiglia, o Bordeaux, ..possono entrare Uberamente in, 'Francia!' ""' '* • "■■ ' ,:: r'drammi incominciane immediatamente dopo lo sbarco, perché molti non hanno più il denaro per pagare il biglietto ferroviario fino a Parigi e devono cercare una sistemazione dove si trovano, lavorare un poco, non importa dove e come, per scendere alfine vittoriosi ad una stazione parigina con uno straccio di carta su cui è malamente scritto un indirizzo da porre sotto gli occhi del tassista che li porterà a destinazione. In questo modo, in meno di due anni, sono giunti in Francia circa quarantamila negri africani. Forse trenta mila abitano nella desolata banlieue parigina; gli al tri sono sparsi fra Marsiglia i Bordeaux, n.a attendono il gior no in cui potranno partire per la capitale, perché la mèta del loro lungo viaggio è sempre e solo Parigi, la città meravigliosa di cui hanno sentito parlare durante le lunghe sieste nell'afa africana, sulle sponde del fiume, dai padri e dai nonni che l'hanno veduta durante la guerra, quando sono venuti a liberare l'Europa. La realtà ha un aspetto tragico, assai diverso dalle seducenti immagini ricreate nella libertà della boscaglia. Di solito si ammassano in- buie cantine, che gli algerini proprietari definiscono orgoglio samente hàtels. Quella che ho veduto in rue de ReuHly, mi apparve come un incubo nero. Buia, con una sfocata lampadina opaca ed una stufetta semispenta al centro, ospitava una quarantina di negri i cui volti affioravano dalle tenebre soltanto per lo smalto bianco degli occhi. Nell'androne gelido, dormivano quaranta in venti letti, tentando di scaldarsi l'un l'altro coi propri corpi. Pochi parlavano un francese comprensibile, gli altri stavano ad ascoltare, o conversavano tra loro nel familiare dialetto africano. La tosse era il solo linguaggio a.tutti comprensibile in quel nero sepolcro, tossi ostinate, secche, convulse, che punteggiavano la conversazióne come laceranti maledizioni. La tubercolosi è il flagello che passa irridente nei tragici dormitori; giungendo dal clima tropicale, i negri si ammalano ai primi soffi d'aria gelida, e la tanto sognata Parigi può diventare la loro tomba. Le altre malattie dei tropici si sviluppano nel clima freddo con allarmante .facilità; all'Accademia di Medicina, il prof. Lepin ha tracciato un quadro preoccupante delle infezioni che gli africani portano in Francia: lebbra, lue, tubercolosi, tracoma. I parigini guardano con sospetto ostile i giovani negri che il sabato e la domenica escono a passeggio per le vie della città; hanno la sensazione di contaminarsi solo a sfiorarli. Ma nessuno pensa a procurare una dimora più dignitosa ai poveri negri che Michel Legris, in un'inchiesta su Le Monde, ha definito schiavi volontari. I tragici covili dove li ammassano i locatari senza scrupoli (quattro mila lire a persona al mese, moltiplicato per quaranta) sono centosessanta mila lire, l'affitto di un appartamento di gran lusso) non sono diversi dalle galere che nel secolo scorso portavano i negri dal golfo di Guinea verso la schiavitù in Brasile, nei Caraibi, negli Stati Uniti. Prospero Mérimée ritorna attuale e quella sua frase in Tamangó : « A rigore, se ne potrebbero mettere di più, ma bisogna essere umani, lasciare a un negro almeno cinque piedi di lunghezza e due di larghezza per buttarsi giù », è tuttora valida per i negri stivati come bestie nei dormitori immondi. Eppure, essi si rassegnano a tutto per guadagnare un po' di denaro e poter-alfine tornare alla natia foresta dove, compreranno un campicello, o una moglie, se sono scapoli. Vivono a Parigi come vivrebbero nella tribù; chi lavora provvede al disoccupato, tutto è in comune, come il pentolone da cui li vidi pescare, alternativamente,' pizzichi di riso che arrotolavano fra le dita in pallottoline prima di portarli alla bocca. Ricostituiscono l'unità tribale nella città più individualista della terra, formano una comunità compatta e solidale, che si difende come 'può dalle aggressioni degli algerini che li trattano da inferiori. A volte,, nelle di spute, parla il coltello ed il negro mansueto, riservato, sempre spaesato, finisce all'obitorio Politicamente amorfi, ignorano i contrasti ideologici, ma provvedono gli studenti negri del Quartiere Latino a educarli alla lotta sociale. Permeati di marxismo, gli studenti.africani insegnano la ribellione ai loro compatrioti, esigono contributi per alimentare il Movimento di Liberazione dell'Angola portoghese. I poveri negri ammassati nei camerotti tetri, freddi, senza luce, risparmiano fin sul cibo (spendono in media cinque mila lire al mese per l'alimentazione) incuranti della tubercolosi che li distrugge, pensano ali.campice^cvjChe^ vorreb-, iiuiruim^ bero comperare, e sono costretti a versare qualche franco per aiutare altri negri a conquistare l'indipendenza. Lò fanno di malavoglia, ma non possono sottrarsi all'esazione. I parigini li guardano diffidenti perché, oltre alle malattie originarie, s'infettano anche di comunismo. Li accusano di mangiare i cani, li sospingono ai margini. Quando ritorneranno nel Senegal, nel Mali, nel Madagascar, oltre ai risparmi porteranno anche il bacillo europeo della politica, saranno laggiù validi animatori' delle lotte sociali, perché a Parigi hanno imparato a odiare. Francesco Rosso

Persone citate: Lepin, Michel Legris, Negri, Parisi