Si inasprisce in Europa la guerra degli oleodotti di Arturo Barone

Si inasprisce in Europa la guerra degli oleodotti Dal Volga al Mar Baltico e al Mediterraneo Si inasprisce in Europa la guerra degli oleodotti Il trasporto di petrolio con le «pipelines» dai porti e dai centri di produzione alle raffinerie è il sistema più rapido ed economico • Serrata concorrenza tra le grandi compagnie internazionali, l'Eni e l'Unione Sovietica - In questa gara s'inserisce la questione delle forniture di tubi, considerati dagli Stati Uniti « materiale strategico » (Nostro servizio particolare) Roma, 27 marzo. Da qualche anno è cominciata anche in Europa la corsa alla costruzione di pipelines per il trasporto del petrolio. Conti alla mano si può dimostrare che il trasporto per oleodotti è il più economico di tutti non appena si superino i cinque milioni di tonnellate Vanno; e l'economicità cresce assai rapidamente col crescere delle quantità trasportate. Di qui il moltiplicarsi delle raffinerie lontano dalla costa, in prossimità dei centri di consumo, per risparmiare sui costi di distribuzione dei prodotti petroliferi distillati. Di qui anche il moltiplicarsi dei progetti di nuovi oleodotti per rifornire le raffinerie già in costruzione o ancora in progetto. L'area più interessante per il collocamento di petrolio sembra oggi la Germania Occidentale. Non a caso il primo grosso oleodotto costruito in Europa è quello da 28 pollici (circa 71 centimetri) inaugurato nel gennaio 1959, che collega il porto di Wilhelmshaven con Wesseling (presso Colonia) e trasporta quasi dieci milioni di tonnellate l'anno. Di diametro poco inferiore (61 centimetri) è l'oleodotto Rotterdam-Wesseling, che si sta ora prolungando verso sud in direzione della Baviera. Iniziative ancora più ambiziose e ormai in fase avanzata hanno preso invece le mosse dal Mediterraneo. Si tratta dell'oleodotto Laverà (Marsiglia)Strasburgo-Karlsruhe (diametro di 34 pollici; capacità annua iniziale di dieci milioni di tonnellate, elevabile, con l'impiego di stazioni di pompaggio, a 25 e magari a 30 milioni). Per questo stesso oleodotto è già previsto il prolungamento sino ad Ingolstadt, nel cuore della Baviera, dove dovrebbero sorgere nei prossimi anni almeno un paio di grosse raffinerie. Anche l'Eni si è impegnato nella corsa ai promettenti mercati dell'Europa centrale (Baviera, Austria e Svizzera) con l'avvio della costruzione di un oleodotto da 34 pollici in partenza da Genova e destinato a sdoppiarsi poco a nord del Po. Il ramo più piccolo scavalcherà il Gran San Bernardo per terminare ad Aigle, sul Lago di Ginevra, dove sta sorgendo la prima raffineria in territorio svizzero. Il ramo più grosso supererà invece le Alpi al valico del San Bernardino, attraverserà quindi il Cantone dei Grigioni e la provincia austriaca del Vorarlberg per finire pure esso ad Ingolstadt, come la pipeline in partenza da Marsiglia. Oggi a Vienna è stato annunciato un accordo di prin•cipio tra l'Ente petrolifero statale austriaco da una parte e le maggiori compagnie petrolifere operanti in Austria dall'altra, fra le quali l'Agip, per la costruzione e l'esercizio di un oleodotto da Trieste a Vienna. La costruzione dell'oleodotto sarà effettuata da una società austriaca in collaborazione con una società del gruppo Eni. Nulla, meglio di questa identità di punti d'arrivo, può dare l'idea della vivacità della concorrenza in atto fra l'Eni e le grandi Compagnie petrolifere internazionali, tutte più 0 meno direttamente interessate agli altri oleodotti fin qui ricordati. Ben più serrata naturalmente è la concorrenza fra le grandi Compagnie e l'Unione Sovietica, la quale pure ha deciso di costruire una serie di pipelines per accrescere le sue possibilità di esportazione verso l'Europa. L'iniziativa più nota e clamorosa è il cosiddetto « oleodotto dell'amicizia >, lungo 4500 chilometri e largo 40 pollici (102 centimetri) destinato a rifornire Polonia e Germania Orientale, Cecoslovacchia ed Ungheria, accelerandone l'industrializzazione nel settore petrolchimico. Ma non è un mistero per nessuno che altri oleodotti pure in partenza dalla zona tra il Volga e l'Ural sono in corso di costruzione; i loro terminali — 1 porti del Baltico e del Mar Nero — chiariscono perfettamente le loro funzione di mezzi di trasporto per il greggio riservato all'esportazione. E poiché è altrettanto noto che la Unione Sovietica può destinare ai mercati non comunisti almeno un quinto della sua produzione (186 milioni di tonnellate nel 1962, forse 250 nel 1965) si comprendono le preoccupazioni — non solo economiche — per il rapido sviluppo della sua rete di pipelines europee. I dirigenti di Washington, che di tali preoccupazioni si sono fatti interpreti in sede Nato, stanno ora premendo sui vari Governi alleati affinché sospendano le forniture di tubi di grosso diametro all'Urss. Essi sostengono che senza le 9tmmdbzceecpci1tmc 900 mila e più tonnellate fornite tra il 1959 e il 1962 dalla Germania di Bonn, senza le 240 mila dell'Italia e le 135 mila della Svezia, i russi non sarebbero così innanzi nelle costruzione dell'oleodotto del Comecoti da poterlo far entrare in esercizio per tutto il percorso entro il 1964. - Il governo Adenauer, per considerazioni contingenti di politica estera, ha posto l'embargo sui tubi di oltre 17 pollici, sebbene commissionati alla industria tedesca nell'ottobre 1962, prima che la Nato invitasse (in dicembre) i Paesi membri a non effettuare le consegne. Ma cosi facendo il vecchio Cancelliere si è esposto alle critiche congiunte di liberali e socialdemocratici, che invocavano l'opportunità di rispettare le clausole pattuite, anche per non ridurre il carico di lavoro — già non altissimo — delle imprese siderurgiche. Il sottosegretario di Stato americano George Ball è oggi a Londra per convincere il governo di Macmillan a vietare che analoghe ordinazioni siano accettate dall'industria di oltre Manica. Ma il governo britannico ha già fatto sapere che i tubi per oleodotti non figurano nella lista dei «materiali strategici > e non mu¬ terà pertanto la sua decisione di consentirne la vendita all'Unione Sovietica. Come si vede, la questione presenta alterne vicende. Per giunta proprio ieri è arrivata dalla Russia la notizia che a Celiabinsk, negli Urali, è entrato in funzione in soli nove mesi un nuovo grande stabilimento per la produzione di tubi di grosso diametro. Si tratta ora di sapere se questo basterà a soddisfare l'enorme fabbisogno sovietico; è lecito dubitarne ed è perciò anche lecito supporre che la «battaglia dei tubi » si arricchirà presto di altri capitoli. Arturo Barone

Persone citate: Adenauer, George Ball, Macmillan, Wesseling