I capi, la gente, la terra nella Russia del disgelo di Ferdinando Vegas

I capi, la gente, la terra nella Russia del disgelo DUE ANNI D'INCHIESTA NELL'UNIONE SOVIETICA I capi, la gente, la terra nella Russia del disgelo La Russia d'oggi non è più il « pianeta » misterioso e in gran parte proibito degli anni di Stalin; mentre Agiubei o Evtusccnko, per non dire di Kruscev e Mikojan, ce la portano a domicilio, qualsiasi normale turista può recarsi nel paese dei Soviet e vedere con i suoi occhi (quel poco o molto che gli lasciano vedere, naturalmente). Tra libri, resoconti giornalistici e racconti di amici retour de l'Urss, tutto o quasi sembra ormai essere stato detto; perciò, lo confessiamo, quando arriva sul nostro tavolo un nuovo libro sulla Russia, la naturale curiosità deve lottare con l'altrettanto naturale senso di sazietà. E' possibile, insomma, scrivere ancora qualche cosa di fresco sulla Russia post-staliniana? Alberto Ronchcy, con La Russia del disgelo, testé uscito presso l'editore Garzanti di Mi lano, risolve in maniera pienamente positiva il nostro interrogativo. E' superfluo presentare Ronchcy ai lettori della Stampa, che certo ricorderanno i suoi servizi dall'Unione Sovietica durante il biennio luglio 'jo-luglio 'ór. Ma il libro, che pure di quei servizi parzialmente si avvale, non è affatto la semplice e comoda raccolta in volume di articoli giornalistici; è invece una cosa nuova e diversa, una panoramica veloce eppure esauriente sui diversi aspetti delia vita e della situazione in genere della Russia odierna. L'autore, come dice egli stesso nella Premessa, parte dai « dettagli umani, per giungere quindi a osservare la società nel suo insieme »; in una serie di piccoli quadri, ognuno in sé compiuto, sfilano sotto i nostri occhi « gli usi, la gente di città e di provincia e i suoi dialoghi, i personaggi incontrati in diversi luoghi, alcuni lunghi viaggi: la Volga in battello da Mosca a Stalingrado, la regione prebaltica, la Transiberiana d'inverno ». La gente di cui il Ronchev schizza i ritratti è la più diversa, ma sempre interrogata di persona, colta sul vivo : dalla commessa capo del Gilm al pope che regge come sacerdote anziano una delle non molte chiese di Mosca; dalla maestra elementare d'una scuola della capitale a Ivancnko, il titolare della cattedra di fìsica teorica dell'università di Mosca; dal funzionario ministeriale di grado elevato, un agronomo capo, ad artisti famosi come la Plisetskaja, la danzatrice del Bolscioj, oppure il compositore Khaciaturian. Dai discorsi con questi e nu merosi altri interlocutori il Ronchey fa scaturire la realtà viva e concreta dell'attuale società sovietica; e ne risulta una società con certe note caratteristiche co muni a tutti i suoi componenti, come del resto è di ogni comunità organizzata, ma per niente standardizzata. Ricchissima, anzi, è la varietà di questa Russia raccontata dai russi, icosì come essi la vivono, la subiscono, la trasformano : questo sterminato paese nel quale avvengono, sì, cose che assai spesso « fanno titolo » sui nostri giornali, ma soprattutto avvengono infinite cose che insensibilmente accumulandosi, giorno per giorno, « fanno storia », senza che noi ci possiamo avvedere, nel loro stesso farsi, delle lente ma profonde modificazioni. Il Ronchcy ha saputo vedere nelle sue mille rifrangenze questa realtà in movimento e ce la rende intatta, senza deformazioni, nello specchio limpido delle sue pagine; perciò, una volta che si cominci a scorrere queste pagine, è difficile fermarsi, per l'attrazione che di continuo spinge, da episodio a episodio, da uno spicchio di vita sovietica all'altro. Ma intanto, mentre il paesaggio umano ed anche quello naturale si infittiscono e si arricchiscono, si vengono pure componendo ad unità; la rifrazione, per continuare l'immagine, si concentra in un punto focale, che è, appunto, la Russia del disgelo. L'autore, in altri termini, non ammucchia dei particolari per un esercizio di brillante facilità, ma segue un piano preciso: di condurre il lettore a grado a grado, dalle piccole alle grandi questioni, perché si renda me glio conto delle enormi e contrastanti forze che oggi agitano la Russia. Gli « impresari del comunismo », come l'autore chiama i massimi dirigenti dell'Unione Sovietica (presentati in una galleria di ritratti veramente affascinanti, da Kruscev a Mikojan a Kozlov a Suslov ad Agiubei), tentano di ingstodtinfRaissonrvglnènscspi incanalare queste forze verso le grandi mete che si sono proposti; ma si tratta di forze storiche, oggettive, che nessun singolo individuo e nessun gruppo dirigente può pienamente controllare e indirizzare. Si pensi al millenario fondo contadino della vecchia Russia, che spunta si può dire ad ogni pagina del libro, perché infatti sono i contadini frettolosamente inurbati che si sono trasformati (essi o i loro figli) in operai, tecnici, scienziati, astronauti; oppure al contrasto tra la religiosità tradizionale, ancora viva nei gradi più diversi, giù giù, sino alla superstizione ed al la stregoneria, e l'ateismo sereno, addirittura ovvio, che già si è insediato nella mentalità comune di tanti sovietici. Si arriva così, partendo da questa base di concreta realtà, a toccare i grandi problemi della Russia del disgelo: l'insufficienza permanente dell'agricoltura, i ri¬ tardi della burocrazia e del meccanismo di distribuzione (il solito latte che manca nelle latterie mentre gli sputnik da cinque tonnellate ruotano nei cieli), il diDattito culturale, il progetto di passare dal socialismo al comunismo entro vent'anni, il conflitto politico-ideologico con i cinesi. Infine, e soprattutto, la « grande sfida » che Kruscev ha lanciato all'America. Il Ronchcy, lasciata la Russia, si è recato per due mesi negli Stati Uniti, al fine di vedere anche l'altro versante del la « grande sfida », indicare dei termini di confronto, presenta re quindi al lettore, nell'ultimo capitolo, un abbozzo di bilancio conclusivo. E' un bilancio aperto, che segna all'attivo del mondo americano molte e fondamentali voci, ma porta pure all'attivo dei sovietici una fede ed una vo lontà di riuscire che hanno già dato i primi cospicui frutti. Ferdinando Vegas

Persone citate: Agiubei, Alberto Ronchcy, Kozlov, Kruscev, Plisetskaja, Ronchey, Stalin