La tragedia ha abbattuto il padre dell'imputato Ieri, dopo aver fatto un'operazione, é svenuto

La tragedia ha abbattuto il padre dell'imputato Ieri, dopo aver fatto un'operazione, é svenuto La tragedia ha abbattuto il padre dell'imputato Ieri, dopo aver fatto un'operazione, é svenuto L'anziano prof. Pietro Nigrisoli è un uomo forte, diritto, l'immagine.di una fierezza accorata e composta - Ma la sciagura piombata sulla sua famiglia è troppo grande - Da qualche mese, Ombretta Galeffi appariva triste: sapeva cbe il marito non l'amava più (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 22 marzo. In poche ore sono cadute le ultime perplessità. Ora Bologna sa che c'è un medico, di illustre famiglia, in carcere sotto l'accusa di uxoricidio mediante veneficio. Il codice prevede l'ergastolo. Quando, si chiede se fosse una famiglia felice, quella che viveva negli appartamenti della clinica di via Malgrado, rispondono i vicini con la de¬ scrizione di uno spettacolo consueto, pino a un anno fa. La domenica, sulle undici, tutto il vicinato poteva osservare la famiglia Nigrisoli che si avviava verso la Chiesa dei Servi per la Messa. In testa procedevano i vecchi genitori, il prof. Pietro Nigrisoli e sua moglie; dietro, i due «sposint», Carlo e Ombretta; tra le due coppie, trotterellava la terza generazione dei Nigrisoli: Guido di 10 anni, Raffaella di 8. La più piccina, Anna (che ora ha due anni), rimaneva a giocare sotto il leccio in giardino. Da qualche mese, mancava al corteo domenicale dei Nigrisoli la figura di Carlo. Non 10 si vedeva più a braccetto di sua moglie. Ombretta usciva con i figli e con i suoceri. 11 marito? Si era fatto scon¬ troso, forse preferiva compagnie più allegre, lui che era di umore generalmente tetro e chiuso. Sua moglie non nascondeva la sua contrarietà. Contrarietà, non odio. Non c'è odio, non c'è o non si vede il morso della gelosia, non l'impeto dello sdegno in questi coniugi che non si amano- più. Ombretta, dicono i vicini, era una signora « molto democratica ». E con ciò intendono dire che c'era confidenza, tra la nuora del grande chirurgo e il quartiere: gl'inservienti della clinica, i piccoli fornitori presso cui Ombretta si fermava ogni mattina per la spesa; la. sartina che le mandava gli abiti dei bambini. Tutti la ricordano affabile, dimessa, casalinga in ogni suo pensiero. I Nigrisoli sono certamente benvoluti e popolari, ma il loro tratto è signorile. Il tratto, invece, di Ombretta Galeffi, nell'immagine che ne danno i suoi vicini, è quello di una brava donna; che esce con la sporta di rete per la spesa ed ha sempre fretta di rincasare. Nessuno ricorda una sua serata mondana, in salotto o a teatro. Chi non aveva mai fretta invece di rincasare, era lui, Carlo Nigrisoli. Raccontano i suoi compagni di studio e di bisboccia che negli anni del liceo, quando urgevano le ultime interrogazioni dell'anno scolastico, essi l'incitavano ad applicarsi di più. I voti erano scadenti. Ma Carlo Nigrisoli dondolava la testa pigra: «Be', tanto, un Nigrisoli non lo bocciano! ». Si era abituato a vivere intanato sotto le ali del grande cognome, e tutto si illudeva gli fosse facile. Può darsi che, anche in quest'ultima circostanza, Carlo Nigrisoli si sia stretto nelle spalle: « Tanto, un Nigrisoli non lo arrestano! ». Se davvero ha ucciso, non si comprende infatti come pensasse di poter eludere il castigo che ora gli pesa sul capo. Medico, figlio, fratello, nipote, cognato di medici, nato e cresciuto tra i camici bianchi, nell'odore della clinica paterna, si illudeva forse che la morte per veleno potesse apparire morte naturale agli occhi dei colleglli? E' da credere che, invece, li pensasse proni all'autorità del suo nome. Quella notte, Carlo Nigrisoli si presentò nella clinica con la moglie rantolante tra le braccia. Al collega Carlo Frascaroli, medico del turno di notte alla clinica, non rimaneva nulla da fare. Ombretta Galeffl già moriva. Come si sia svolta la scena non è dato di sapere con certezza. Ma pare ci sia un particolare che getta uno sprazzo di fosca luce, su quella notte nella clinica Nigrisoli.tSecondo alcune voci, sembra' che nel capo d'imputazione, oltre al veneficio, sia incluso anche il reato di minaccia a mano armata. Minaccia perché, a mano armata contro chi? Una pistola pare sia stata posta sotto sequestro. Fu la pistola l'argomento che usò il dott. Nigrisoli contro il collega Frascaroli e contro suo padre medesimo, quella notte, per ottenere che si facesse il silenzio sulla verità di quella morte? O forse il medico impugnò la rivoltella minacciando di uccidersi, se i colleghi non lo avessero aiutato? Carlo Frascaroli è amico da vent'anni del giovane medico. Da vent'anni, cioè da quando frequentava l'università, egli presta servizio alle dipendenze della clinica. Più che verosimile, quindi, che nella fantasia dell'omicida la soluzione al suo caso fosse in un certificato compiacente, che accreditasse l'ipotesi di una morte naturale. Ma il dott. Frascaroli gli resiste, chiama il vecchio professore. E qui la tragedia raggiunge il suo culmine. Il prof. Pietro Nigrisoli non si schiera per il figlio, ma con il 1111111 ■ 11111 ( 11M11111111 < f 1111111 < 1111111111 ■ I f i 111111111 medico di guardia. « Disgraziato, l'hai ammazzata tut ». Questo sembra sia l'urlo che è stato udito dalle infermiere atterrite, dai pazienti che il tramestio, la rabbiosa concitazione di quelle ore hanno svegliato. E' a questo punto che Carlo Nigrisoli si sente perduto. In questo momento entra in scena la pistola, a quanto è lecito arguire. A man armata, Carlo Nigrisoli avrebbe difeso il segreto intorno a ciò che segreto non poteva rimanere. Il dott. Giampiccoli, che subentra con il turno del mattino al dott. Frascaroli, è in servizio da quarant'anni in questa clinica. Non si sa se anche contro di lui fu impugnata l'arma. Sappiamo che ricusò di stendere qualsiasi certificato. Sappiamo che, subito dopo, viene convocato in clinica il legale della famiglia, avv. Artelli. Sappiamo infine che nella stessa mattinata la procura della Repubbica è avvertita. L'avv. Artelli non ha il mandato di difensore in questa causa. Perchè? Entrando quel mattino nella stanza, tra quei quattro medici sconvolti, davanti alla donna morta, egli si è posto nelle condizioni di dover testimoniare. Come si svolsero nli avvenimenti in quelle ore? Come fu 111 111111111 111,1 »! 11 ! 111 ( 11111111111111111 ■ 1 indotto a deporre l'arma il giovane Nigrisoli? Tutto è co perto dal segreto più rigoroso, anche se talune voci di óra in ora acquistano sempre più consistenza. Sappiamo che Nigrisoli è in carcere. Sappiamo che non era mai stato un grande medico. Con la coda del l'occhio, suo padre, i suoi colleghi, le stesse suore, seguivano tutti i suoi movimenti nella clinica. Non era, praticamente, mai uscito dalla minorità professionale e intellettuale. Sonnecchiava all'ombra del suo onorato cognome. Ad avviare l'inchiesta è sta to suo padre, il vecchio prof. Pietro. E' un uomo forte. Dopo aver consegnato il suo primogenito alla giustizia, sembra che la sua maggiore preoccupazione sia di cancellare questa tragedia dalla sua famiglia, affinché non pesi, almeno, sul capo dei tre bambini, che ancora non sanno nulla. Il vecchio Nigrisoli ha fatto anche oggi il suo giro tra le corsie e le stanze, si è soffermato tra i malati, ha sfogliato cartelle cliniche. E' un uomo diritto, l'immàgine di una fierezza accorata e composta. Ieri ha indossato il camice, è entrato in sala operatoria. Ma, compiuto l'intervento, le forze gli sono mancate e si è accasciato svenuto. Gigi Ghirottì e o i li prof. Pietro Nigrisoli padre dell'accusato (Tel. )

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