Ingeborg Bachmann poetessa e narratrice

Ingeborg Bachmann poetessa e narratrice UNA VOCE SICURA DELLA NUOVA GERMANIA Ingeborg Bachmann poetessa e narratrice Ha scritto un autorevole critico che, assieme alla produzione di Paul Celan, i versi-di Ingeborg Bachmann segnano l'atto di nascita — dopo l'i anno zero » 1945 — deiia nuova poesia tedesca del dopoguerra. E' forse troppo presto per tenure un consuntivo di questa stagione letteraria ancora così aperta e dinamica, e che probabilmente solo adesso comincia a svelare il suo volto più autentico: ma senza dubbio l'opera della Bachmann si colloca fin d'ora in questo mutevole panorama come uno dei pochi punti di riferimento sicuri, per l'altezza del livello poetico che attinge e per la chiarezza di una posizione umana e artistica che non trova facilmente riscontro altrove. La sua ricerca è andata sviluppandosi con estrema coerenza di rigore stilistico e d'impegno morale, la sua poesia (che pur s'è mostrata eccezionalmente matura e « completa » sin dagli inizi) è venuta allargando la propria tematica e sempre più irrobustendo la voce, e anche il campo della sua sperimentazione espressiva si è ampliato, approdando alla splendida prosa del suo ultimo libro ora tradotto in italiano (// trentesimo anno, Feltrinelli, Milano 1963, pp. 248, L. 1500). Non avviene spesso che uno scrittore riesca a compiere due volte il difficile exploit di rinnovare il linguaggio poetico nell'ambito di generi così diversi come la lirica e la narrativa. La forza magica ed evocativa della prima, anche se diamo ad essa quel risalto logico ed intellettuale che pur possiede, sembra infatti ri-, fiutarsi all'ordito analitico e variamente descrittivo del racconto. Improbabili, o comunque àrdui, appaiono d'altronde i compromessi, quando non siano conclusi nei moduli scontati della prosa d'arte (uno schema espressivo che, nella prospettiva di una concreta sociologia delle forme, non offre più riscontri sicuri con i dati della realtà) oppure in un ermetismo che non è più sforzo sincero per esprimere l'ineffabile, bensì il sigillo definitivo sulla ineffabilità stessa dell'esistenza. Sicché tanto più straordinaria è l'impressione che si ricava dalla lettura di questo recente volume 'Sella Bachmann, con cui ella dopo un timido approccio ormai lontano negli anni — si presenta adesso con una prima, cospicua mèsse narrativa collocandosi d'autorità tra le figure di maggiore spicco della prosa tedesca contemporanea. La critica ha parlato, a proposito del Trentesimo anno, di ascendenze kafkiane. Si tratta, per altro, di una derivazione stilistica che non convince appieno (saremmo tentati — semmai — di fare il nome di Musil), e che comunque non dà l'esatta misura di un linguaggio cui la Bachmann stessa assegna una diversa paternità (< Kafka e Mann sono senza dubbio grandi voci ma anche così distanti... La nuova letteratura tedesca non deve molto a quella della prima metà del secolo Quello che è stato fatto è stato fatto senza, il privilegio di una tradizione cui riferirsi ~). Non converrà indagare fino a qual segno l'autrice attribuisca alla particolare condizione della propria esperienza creativa il valore di una autentica «koiné» generazionale. E' certo, in ogni modo, che l'incontro con una pagina della Bachmann disarma e scoraggia l'atteggiamento istintivamente comparatistico del critico, rendendo quasi inutile il bagaglio dei suoi confronti e l'instrumentario delle sue sezioni. Resta, semmai, lo stupore sempre nuovo di fronte alla scoperta della parola e della saa irresistibile 1 forza fascinatricc (si veda l'attacco del racconto « Adolescenza in una città austriaca »), e dunque di fronte alla realtà che essa costruisce, scavandola nel vivo dei sentimenti e delle situazioni umani. Autenticamente congeniali sono infatti alla Bachmann soprattutto l'andamento aperto e l'abbandono di tutto ciò che può essere — anche solo nel senso dell'ipotesi preliminare o della tradizione — schema poetico precostituito, struttura asegnata», ausilii retorici. 11 vero supporto del suo discorso, il materiale grezzo con cui lavora è da ricercarsi nella dimensione della normalità-, il senso del suo disegno poetico, nella volontà di ricavare da essa vibrazioni nuove portandola ad un superiore grado di potenza espressiva e intenzionalmente rischiando — nella dinamica naturale di codesta espio razione umana — lo « sconfinamento » nell'altro stato. La vita è un gioco con le sue regole, l'amore un « sistema di tenerezze » : ecco i dati reali che i personaggi della Bachmann, con la loro ricerca di un utopistico e impossibile assoluto (in « Tutto », il padre che spera di avere un figlio diverso dagli altri, sciolto dell'obbligo della convenzione e della mimesi sociale-, in « Un passo verso Gomorra », Charlotte che forse crede di vincere — nell'incontro con Mara — la schiavitù sessuale onde la donna è legata all'uomo), illuminano di una luce tanto più cruda ed intensa. Nasce, da questo atteggiamento, un nuovo e originale « tempo » narrativo. E' bensì vero che la parola oggettiva del racconto tradizionale sembra riacquistare quella specifica vibrazione soggettiva che è stata da sertipre patrimonio saldamente acquisito del discorso lirico, sì che talvolta — non a caso — la sintassi a poco a poco trapassa (come nel racconto che dà il titolo al libro, oppure in « Ondina -se ne va ») nel fraseggio musicale e nel cantato. E tuttavia l'approdo, della Bachmann, anche qui, non è mai la « prosa poetica » o altro che sia: c'è sempre — al fóndo — una storia che governa le battute e le cadenze di questa melodia, una maturazione psicologica dei vari personaggi verso la scoperta sconcertante di se stessi e del mondo. Paolo Chiarini

Luoghi citati: Germania, Milano