Il genero di Kruscev è «spiacente» ma ignora il discorso del suocero

Il genero di Kruscev è «spiacente» ma ignora il discorso del suocero Agiubei tra i giornalisti milanesi, mentre a Mosca si accenna a riabilitare Stalin Il genero di Kruscev è «spiacente» ma ignora il discorso del suocero Lo ha letto sui giornali italiani, ma non è sicuro « dell'autenticità della traduzione » Cauto commento sugli attacchi del primo ministro sovietico agli artisti dell'Urss: il governo ha il dovere di educare il gusto nazionale - Brillanti risposte sugli altri temi (Wostro servìzio particolare) Milano, 11 marzo. Il colpo Inferto venerdì scorso da Kruscev al disgelo artistlco-culturale nell'Urss e la parziale rivalutazione di Stalin avevano reso di particolase attualità la conferenza stampa che Alexei Agiubei, direttore delle Izvestia, ha tenuto stasera al Circolo della stampa di Milano. Ma, come era facile prevedere, il genero del primo ministro sovietico, pur facendo sfoggio di una non comune verve giornalistica e pur sciorinando una serie di aneddoti che rivelavano la scuola del suocero, è sapientemente scivolato sulle domande più scabrose. Alla richiesta se il revirement di Kruscev a proposito di Stalin andasse interpretato come una concessione fatta al governo di Pechino per smussare le punte più aspre dei contrasti cino-sovietici, Agiubei ha spalancato le braccia, dicendosi all'oscuro di tutto. Non soltanto degli scopi di Kruscev, ma addirittura del discorso stesso. Naturalmente 10 aveva letto, ma sui giorna- 11 italiani; e, poiché non era sicuro dell'autenticità della traduzione, non si sentiva in grado di emettere un giudizio circostanziato. Anche a chi gli chiedeva se le dure espressioni usate da Kruscev contro gli artisti so vietici che si sono distaccati dalla formula del realismo socialista non segnassero un passo indietro nella via del disgelo, Agiubei avrebbe potuto dare la stessa risposta, dal momento che erano contenute nello stesso discorso. Ma, reputando evidentemente eccessiva una serie di reiterati «no comment», ha tentato una' spiegazione del fenomeno in chiave « puritana », contrap ponendo la sfrenatezza dei night-clubs e di certe danze occidentali alla nobiltà del Bolscioi e dei balletti sovietici. «A voi piacciono i vostri night-clubs e le vostre danze e noi non ci sogniamo di contestarvi il diritto di preferen za — ha detto con diplomatico candore il direttore delle Izvestia —, lasciate a noi il diritto-di preferire il nostro teatro % (Salta* TJlUinova»w «Del-resto — ha aggiunto accorgendosi dei limiti delia propria risposta — Evtuscenko, Ehrenburg e gli altri che venerdì scorso sono stati criticati da Kruscev sono liberi di continuare sulla loro stra da». Ma, dopo aver sancito l'indiscutibile principio secondo cui quello di criticare un determinato indirizzo artistico è un diritto che non si può togliere né a Kruscev né a Ken nedy né a Fanfani, Agiubei ha sviluppato preoccupante mente la sua teoria, specificando che a suo avviso il governo non ha soltanto il di ritto, ma il sacrosanto dovere di curare la formazione del gusto nazionale. Comunque, revirement o no, a parere del direttore delle Izvestia, la distensione inter nazionale è un fenomeno che può avvenire anche fra vasi non comunicanti, e cioè fra Paesi dove arte e cultura so no lasciate alla libertà del cittadino e Paesi dove la parola d'ordine, in questo come in al tri campi, spetta al partito. Più esplicita, più perentoria e più interessante, la risposta a chi gli chiedeva se vi fosse interdipendenza fra il problema di Berlino e quello del disarmo. «E' impossibile un discorso serio sul disarmo — ha detto Agiubei — fino a che al centro dell'Europa vi sarà una zona critica in cui le trup pe russe e.le truppe americane si fronteggiano armi al piede». Ed ha lasciato intra vedere la possibilità di una so luzione il giorno in cui i so vietici da una parte e gli oc cidentali dall'altra si rende ranno conto che tanto Berlino Ovest quanto la Germania co munista sono due realtà con cui bisogna fare i conti. ' Successivamente, Agiubei ha negato l'esistenza di un problema ebraico nell'Urss. questo proposito egli ha detto che lo Stato sovietico consi dera la religione un fatto squi sitamente privato; per quanti riguarda il sionismo, invece, sovietici di nazionalità ebrai ca sono cittadini uguali agi altri e quindi debbono assog gettarsi alle leggi comuni in materia di emigrazione. Sulla frase pronunciata da Kruscev («neppure quando avremo raggiunto il comunismo ci sarà la piena libertà per l'individuo»), se l'è cavata con una battuta («naturalmente, nessuna libertà per i capitalisti»}; mentre è stato più brillante quando, Interrogato sul trattamento riservato da! governo sovietico ai professori, agli artisti ed agli uomini di cultura, ha atteggiato il roseo faccione ad una desolata mestizia, mentre gli occhi chiarissimi avevano scintillìi degni di un personaggio di Walt vmsdtlbEpifcRrpslrvCsdmnpS^dpNadnSacesIpJ Disney. «Per i musicisti abbiamo un tipo speciale di campo di concentramento — ha detto i—, per i pittori un secondo tipo, e così via... ». L'applauso che ha salutato questa frase era consolante: dopo tutto, Anche esiste l'umorismo, 'è sempre possibilità di intesa. A patto, s'intende, che Agiubei non dimentichi che, almeno fino alla morte di Stalin, i campi di concentramento esistevano davvero. Gaetano Tumiati Agiubei, a destra, e la moglie Rada con il sindaco di Milano Cassinis (Telefoto)