Segni inaugura la nuova stupenda sede dell'antica e «libera» Università di Ferrara

Segni inaugura la nuova stupenda sede dell'antica e «libera» Università di Ferrara Il quattrocentesco palazzo di Renata di Francia Segni inaugura la nuova stupenda sede dell'antica e «libera» Università di Ferrara i • Pochi Atenei possono vantare ambienti così suggestivi dove l'arte più pura si unisce, in perfetta armonia, alle moderne esigenze funzionali - La sua storia e le recenti specializzazioni per laureati in ingegneria, agraria e chimica la rendono famosa - Ma la sua prerogativa è forse questa: contatti umani che sono quasi rappòrti di amicizia fra docenti e allievi (Dal nostro inviato speciale) Ferrara, 4 marzo. Sono cose ohe allargano il cuore. Fra tante speculazioni edilizie, giungle d'asfaltò, scempi architettonici (anche Ferrara, ahimé, non ne è immune); fra tante centinaia di milioni spesi male o parzialmen te volatilizzati, ecco una rea- lizzazione degnissima, perfettamente intonata all'ambiente architettonico ohe la circonda: la nuova sede dell'Università di Ferrara — il quattrocentesco palazzo di Renata di Francia completamente rammodernato — inaugurata oggi oon cerimonia particolarmente solenne cui hanno partecipato il Presidente della Repubblica, on. Segni, i ministri Gui, Bo e Medici, il cardinale Cica guani, i rettori di' tutte le Università italiane, il rettore dell'Università • polacca intitolata a Nicolò Copernico e uno stuolo di personalità del mondo della cultura e dell'arte, da Riccardo Bocchelli a Maria Bellonci, da Giorgio Bassani al sen. Cini. Certo pòche Università al mondo possono vantare una sede altrettanto suggestiva. Prima di tutto la strada. Col suo silenzio, il suo ampio quieto respiro, t suoi edifici di cotto, le sue lapidi che ricordano < notturni agguati », Questa via in cui ebbe dimora Gerolamo Savonarola e dove nacque Giovanni Boldini è una delle più belle e delle più tipiche della città. Poi l'edificio. Il palazzo in cui Renata, figlia del re di Francia Luigi XII e consorte del duca Ercole lì d'Este, si ritirò per coltivarvi i suoi studi filologici sul calvinismo che aveva abbracciato, 6 una superba costruzione del Quattrocento, parzialmente rifatta nel. Settecento, con un gran cortile circondato da 'un armonico porticato, e uno splendido giardino. Uno di quei palazzi che molto spesso nel nostro Paese finiscono per ospitare distretti, questure, uffici fiscali che in breve li permeano di un degradante odor di caserma. Fortunatamente il comune di Ferrara, che lo aveva avuto in dono dal sen. Cini nell'immediato dopoguerra, ha fatto l i eccezione a questa regola destinandolo all'Università, che per la palese insufficienza dell'antico glorioso palazzo del Paradiso, dove era restata per Quasi cinque secoli, aveva assoluta necessità di una nuova sede. A questo punto però soprag- - ■ giungevano difficoltà di altro e : à n l , o a o a . l a . l a e e e a r a a o, e o o i o i i i o o ordine, ma non meno ostiche da superare. Bisognava che quei saloni splendidi ma gelidi, quegli ambulacri interminabili, quelle scuderie si trasformassero in aule moderne, in uffici funzionali, in sale di rappresentanza accoglienti. Per risolvere questo problema gli architetti non hanno esitato a ricorrere allo stile più moderno, chiudendo le luci degli archi quattrocenteschi con grandi vetrate, alternando poltrone nere stile Triennale a soffitti a cassettoni, palladiane riscaldate da radiazioni interne ad antichi muri di cotto. Nella grande aula magna, che di questa felice fusione di stili è l'esempio più efficace, alti prelati, ministri, professori, hanno rievocato stamattina la vita dell'ateneo ferrarese: la fondazione nel lontanissimo 1391 sotto il ducato di Alberta V d'Este; la magnificenza rinascimentale quando studenti di tutta Europa convenivano a Ferrara per ascoltare la parola di grandi medici come Nicolò Leoniceno o Giovanni Mainardi, di astronomi come Pietro Bono, di filosofi come il Pomporiazzi, di umanisti come Celio Calcagnini, di scienziati come Anton Musa Brasavola, scopritore elencqtore e cultore di ben duemila piante medicamentose; le lauree conseguite a Ferrara da Nicolò Copernico e da Paracelso; su su tino ai generosi entusiasmi rtsorai mentali degli studenti ferraresi ohe, organizzati nei « bersaglieri del Po », parteciparono alta prima guerra d'indipendenza. Ma la cerimonia odierna, più che celebrazione di questi grandi personaggi e di queste epoche d'oro, ci è sembrata una rivalutazione delle piccole università, un doveroso omaggio alla provincia, alla sua cultura, alla sua funzione insostituibile. Il miracolo dei piccoli atenei non sta tanto nei periodi di splendore di quando Fer- rara, Modena, Parma erano capitali di Stato, quanto nel fatto che essi siano riusciti a sopravvivere anche al centralismo di Napoleone, a quello del nuovo Stato italiano, a quello di Giovanni Gentile e a quello, peggiore di tutti, della vita moderna. Come sono riusciti a tanto 1 Com'è stato possibile che l'Uni-. uersitd di Ferrara — ohe fra l'altro dal 1860 al 19.',B non era nemmeno statale, ma « libera », cioè comunale — sia riuscita a mantenere e ad aumentare il numero di studenti, nonostante la vicinanza di due grandi famosissimi studi come Bologna (47 chilometri) e Padova (80 chilometri) t Uno degli elementi di maggior forza, degli indiscutibili fattori di sopravvivenza va soprattutto »i cercato nella specializzazione. Fin dal 1676 l'ateneo ferrarese aveva istituito una cattedra di ngegneria idraulica per la creazione di tecnici cui affida re uno dei problemi ohe maggiormente angustiavano la prò vincia: quello delle bonifiche delle valli. Nel 1797, ai tempi. della Repubblica Cispadana,]fondò la prima cattedra europea di diritto costituzionale, dando così novello impulso alla facoltà di giurisprudenza che, sotto il Regno Pontificio, aveva passato momenti di grigiore. Questa tradizione di speciaizzazione la ritroviamo tal quale alla base del grande impulso innovatore di questo dodoguerra, con la creazione della Scuola di specializzazione per l'industria dell'alcool e dello zucchero, riservata ai laureati in ingegneria, in agraria e in chimica; con i corsi di specializzazione per le grandi bonifiche; con la creazione dell'Istituto nazionale di frutticultura; con l'attività dell'Istituto botanico per la canapicultura e bieticultura. E stamattina il magnifico rettore, prof. Dall'Acqua, ha annunciato l'imminente creazione, al Lido delle Nazioni, d'un Centro studi per la microfauna e la microflora valline, nonché quella d'una nuova Scuola biennale di orto frutticultura. Ma c'è un secondo fattore che vale anche più della spe cializzazione: la particolare atmosfera della provincia. A differenza di quanto accade nelle grandi città, qui i professori conoscono tutti i loro studenti e li seguono ad uno ad uno, giorno per giorno. Ne conoscono la provenienza, le famiglie, le abitudini. Si incontrano la sera nella via principale, parlano al telefono con i padri dei propri allievi. Dei problemi dell'Università si discute non soltanto nelle aule, ma nelle case, nei ritrovi, nei circoli. Se un deputato ritorna da Roma con qualche buona notfeia di sovvenzioni, la confida al primo professore che incontra per la strada o al caffè Se un docente che abita aJtrone deve prendere il treno, non è raro che un paio di allievi lo accompagnino alla stazione e parlino di diritto romano o di vatologia lungo il tragitto. Uno degli ultimi rettori, il prof. Filippo Calzolari, girava sempre e soltanto in bicicletta. Dall'ufficio a casa, da casa all'Istituto, d'estate e d'inver- lmTDBaNd. ]™' s". "?a * quelle ant,iche pesanti biciclette nere, col co pricatena per non sporcarsi i pantaloni Suonando di tanto in tanto il campanello e levandosi il rappello quando dal marciapiede uno studente lo salutava II segreto della sopravvivenza delle piccole Università, della loro tenacissima resistenza durante i periodi grigi, della loro rinascita oggi solennemente celebrata nella cerimonia ferrarese, è tutto in questa particolare inimitabile misura umana. Gaetano Tumiati Il presidente della Repubblica Segni inaugura a Ferrara la nuova sede dell'Università (Telefoto Ass. Press)