Realismo magico di Tozzi di Mario Tozzi
Realismo magico di Tozzi ARTI E> I> ARTISTI Realismo magico di Tozzi Nel primo terzo del secolo Mario Tozzi — del quale è ora aperta alla « Bussola » una vasta mostra — benché fosse allora assai giovane essendo nato a Fossombrone nel 1895, fu uno del pochissimi pittori italiani militanti noti e stimati all'estero. Già nel 1928 Lionello Fiumi gli aveva dedicato, presso « Les écrivains réunis » di Parigi, una monografia collocandolo con qualche confusione nel gruppo del Novecento « à coté de Casorati • et Oppi, de Funi et Sironi, de Tosi et Sallettl ». Ma, dopo le sue mostre da Druet e Bernheim che gli valsero la considerazione di Picasso, dopo l'esposizione di Darmstadt che lo pose nel 1928 a competere col grande scultore Malllol negli elogi della critica, il suo nome acquistò particolare autorità a Parigi dove dimorava fin dal 1919 (e tuttora alterna i soggiorni parigini con quelli a Suna sul Lago Maggiore) per il folto libro scritto su di lui da Eugenio D'Ora (La peinture «a7lenne d'aujourd'hui: Mario Tozzi, Éditlons des chronlques du Jour, 1932), nel quale il letterato e fi- losofo spagnuolo riscattava la sua completa Ignoranza della storia dell'arte Italiana ottocentesca e dei suol autentici valori con l'intuizione brillante e geniale del divenire di quella novecentesca. Nelle eccitate, torrenziali pagine del D'Ora si possono cogliere alcune indicazioni che valgono ancor oggi a definire la pittura del Tozzi, del resto pochissimo mutata, tematicamente e stilisticamente, nel giro di trentacinque anni, cioè da quando verso il 1928 rinunziò ad una specie di naturalismo classicistico proprio del tempo europeo del < Ritorno all'ordine » per Inserirsi in quelrintcllettuallstica atmosfera felicemente battezzata da Massimo Bontempplli « Realismo magico ». Fra codeste Indicazioni, eccone alcune: vocazione per un bello ideale; aspirazione alla classicità ancorché pervasa d'un turbamento segreto; visione essenzialmente scultorea, onde « il corpo umano, tutto intero nella sua giovinezza, nella sua nudità, nella sua pienezza, occupa il primo rango della gerarchla»; luce — quasi pitagorica — minimamente colorata; predilezione per le gamme fredde che ottengono effetti d'affresco. Poi D'Ora fa centro al bersaglio pronunziando un nome; Seurat; e ben si vede qui, in due splendidi quadri, che. pure escludono la tecnica del pointillisme, come Tozzi respiri nel clima, già metafisico, della Grande Jatte e di Le cirque. Basterebbe quest'accenno a sottintendere quanto sia Solido il fondo di cultura dell'intelligentissimo pittore che a Parigi frequentava colleghi non meno intelligenti, Licinl, Campigli, Magnelli, De Pisis, De Chirico, Savinio, fermo tuttavia su un rigoroso formalismo che talvolta sconfina nell'astrazione cubista; e indifferente alla frigidezza (appena riscaldata in questi ultimi tempi da un'accentuata vivacità di colore) delle sue estatiche figure situate fuori dal tempo come certi affreschi romani confinati nei musei. Un superstite Intransigente del vecchio Novecento! Diremmo piuttosto un neoclassico (lo fu anche Casorati fra il '20 e il '30) che capi le più varie « lezioni » moderne, dal Neoimpressionismo all'Astrattismo geometrico: con risultati spesso di altissima qualità. aw, ber.
Luoghi citati: Fossombrone, Parigi
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