Shakespeare: enigma senza risposta di Francesco Bernardelli

Shakespeare: enigma senza risposta I documenti mancano, gli storici si perdono Shakespeare: enigma senza risposta Inutile consultare le ricerche più recenti: ignoriamo sempre se fu principe o guardiano di cavalli, cattolico o protestante, umanista coltissimo o plagiario ignorante - Per capirlo, bisogna accettarlo com'è: una forza divina della natura - E non osare paragonarlo a Brecht Mai poeta fu aggredito da critici, eruditi, esegeti, quanto Guglielmo Shakespeare. Di questo genio non si sa nulla, o quasi nulla; e si vorrebbe sapere tutto. La ricerca dei documenti non ha dato frutto; e allora si è frugato nella sua opera, nel tentativo di ricostruire, dai tratti lirici, qualcosa della sua personalità. Ma i drammi, le tragedie, le commedie di Shakespeare sono una creazione cosi oggettiva, misteriosamente staccata e fantastica che anche la traccia dell'autore vi si perde. La curiosità degli interpreti non si diede tuttavia per vinta, e in Inghilterra si dice che nei manicomi vi siano speciali reparti per quelli che diventarono matti pensando a Shakespeare. A noi basti ricordare che sulla stessa identità di Shakespeare la discussione è sempre aperta; chi lo vuole principe e chi guardiano di cavalli; Amleto, il solo Amleto è stato ed è fonte perenne delle più aspre polemiche: grasso? magro? pazzo? simulatore? abulico? uomo medievale, campione del Rinascimento? E còsi via. E* uscito in Francia un volume di Hachette intitolato Shakespeare, ricco di un'in? citante iconografia e di saggi e studi di insigni specialisti. Apriamo, ed ecco, a pagine 64-65, il professor Hugh Trevor-Roper (un'autorità) illustra e sottolinea la coltura di Shakespeare. Sapeva, egli dice, le lingue antiche e-.moderne, il francese e l'italiano, uno dei suoi sonetti è tradotto dal greco, la cosmologia aristotelica gli era familiare, la nuova filosofia platonica non lo lasciò indifferente. In Pene d'amor perdute è manifesta la sua conoscenza delle accademie esoteriche della Francia, nel Mercante di Venezia la sua visione topografica della voluttuosa città è di un'esattezza incredibile. Ma altre pagine ci capitano sotto gli occhi, di Jean Paris (a sua volta autorevolissimo). Il tono è lievemente beffardo. Chi mal ci assicura, egli si domanda, che Shakespeare abbi* letto tanti libri? che conoscesse le lingue antiche, e l'italiano e il francese? La cosmologia aristotelica gli era familiare? Ma tutti a quel tempo ne sapevano qualcosa. E la famosa < visione topografica} di Venezia non è che un accenno al Canal Grande ed a Rialto: e insomma, conclude Paris, l'opera di Shakespeare è piena di errori, di dubbi, di plagi e di ignoranza. Del resto, per essere mago, a Shakespeare non erano necessari trattati di magia. Gli bastava un qualsiasi almanacco campagnolo e subito nascevano Titania, Puck, Ariele. La religione di Shakespeare è tema scabroso e impegnativo. Ritorniamo a Trevor- Roper; egli notò che tutti at tribuirono al gran poeta le proprie credenze. I cattolici ne fecero un cattolico, 1 protestanti ' un protestante. Eb bene, questo spirito profondo, curioso, universale < non ha mai pronunciato una sillaba che indichi "una sua religione personale >. Nelle commedie l suoi pensieri sono rivolti esclusivamente alla vita ter rena; nelle tragedie non si trovano allusioni all'aldilà. Ed egli ci descrive uno Sha kespeare tutto' aristocratico, sensibile, quasi sofisticato, intento interamente e soltanto alle grazie dell'arte, «1 eulto della bellezza. Accettato a occhi chiusi l'ordine prestabilito delle monarchie come un che di armonioso e di mistico, che garantisce l'uso e il godimento dei piaceri dell'amore, della galante socievolezza, delle opere dell'intelletto, Shakespeare concepisce c une sorte de douceur de vivre », incantata, delicata, che nelle commedie ha la sua più spiritosa, soave espressione, e che se viene turbata o alterata si muta in tragedia. Quando il senso tragico dell'esistenza investe Shakespeare, tutto l'universo gli si converte in orrore, in lubricità, in ribrezzo E' la tragedia cupa del nulla. Ma a pagina 90 Gabriel Marcel, insigne filosofo, drammaturgo e critico, afferma che la metafisica shakespeariana, per niente dottrinale, si rivela in una dimensione poetica ed essenzialmente si ac centra in un mistero di re surrezione. Lo scetticismo, lo stoicismo di Shakespeare non sono che componenti di un universo nel quale le opinio ni, gli atteggiamenti contrae! dittori di questo o quel personaggio rappresentano bensì un aspetto, una parte di Shakespeare e della sua anima arcanamente germinativa; ma appena attratte nell'evocazione, figure e immagini sono tosto superate dalla virtù trasflguratrice del poeta che le trasferisce in una visione ineffabile, le sospinge al limite estremo dell'espressione lirica, là ove la musica coincide con la vita stessa, celeste e profonda. E questo ci pare proprio un messaggio di spe ranza, un invito all'interpre tazione spirituale del mondo di Shakespeare, esattamente all'opposto del tragico nulla. Come avviene che studiosi seri, espertissimi, sostengano opinioni cosi contrastanti sulla stessa opera, sullo stesso poeta? Opinioni che non soltanto si contraddicono par zlalmente, ma vtcendevolmen te si escludono? La verità è che quello di Shakespeare è un mondo totale e chiuso, come quello della natura, e sul la traccia divina del cosmo, della terra e dei cieli, rinser¬ ra un enigma. Avvicinarsi a quell'enigma, scioglierlo, è quasi un gesto ' sacro. Certi grandi poeti, i pochi che hanno aggiunto qualcosa di umano alla creazione di Dio, forse non devono essere troppo sollecitati dalla curiosità. A questo punto è interessante citare un tratto piuttosto drastico e duro di Gabriel Marcel, che si rivolge a coloro che osano tentare un avvicinamento tra Shakespeare e Bertolt Brecht, l'autore del Giulio Cesare e quello di Madre Coraggio, come se fosse possibile il paragone tra « un genio immenso e libero da ogni laccio ideologico ed un poeta certo di gran talento, ma di cui le circostanze e forse una sua debolezza di temperamento hanno a poco a poco fatto un propagandista >. V'è tra l'uno e l'altro, afferma Gabriel Marcel, un intervallo assoluto, che è bene indicare in un'epoca nella quale troppi intellettuali e critici «manifestano la più fastidiosa tendenza a mettere tutto su uno stesso piano*». Francesco Bernardelli

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Rialto, Venezia