Polemica senza passione

Polemica senza passione Scompaiono i 66 mattato ri 99 della letteratura Polemica senza passione Dalle « Provinciales » di Pascal a Celine e Bernanos - Che cosa resterà del lavoro giornalistico di Francois Mauriac? E della girandola papiniana? - Troppi colpi di spada nascondono soltanto un animo inquieto, la noia e l'incertezza La ìettura del grosso volume di Pierre Dominique, Lea polémiatea frangala deputa 1789 (edizione La Colombe) non dà molte soddisfazioni, ma fa nascere una domanda. Perché la polemica è in ribasso, fino al punto di apparire sconfitta nel quadro della nuova letteratura? Lo stesso Dominique si ferma alla seconda guerra e mette a chiusura della sua galoppata Celine e Bernanos. Penso che alla domanda bisogna contrapporre una doppia risposta. La polemica tende a scomparire là dove i confini della letteratura tendono sempre più a dilatarsi, quando, cioè, si passa da una letteratura strettamente nazionale ad una letteratura che ha maggiori ambizioni e, nel tentativo di raggiungere dei lettori sempre più lontani e diversi, è costretta a ridimensionarsi e un po' anche ad appiattirsi. Ma questa spiegazione non basta. Verissimo che le maggiori let terature europee sono spin te a mutuare il loro spiri' to campanilistico con delle ragioni più larghe e con un codice che vada bene dappertutto, ma ciò non baste rebbe a spiegare l'altro fatto della disponibilità o se si vuole — della minor convinzione nelle opinioni. Ora, a ben guardare, la scomparsa della polemica si riallaccia ancora a un altro fatto, in quanto coincide con la scomparsa dei grandi personaggi, dei mattatori della letteratura. Lo scrittore delle nuove generazioni è uno scrittore di proposte e, in genere, di proposte interscambiabili. Non sapendo dove rivolgersi, dove eleggere il campo di caccia, lo scrittore^.nuovo PftEtcmstdftipddicppassa al regime delle* ipote- fsi; nel migliore dei casi,} dei progetti. Ma scegliere il termine del progetto equivale già a non sapere ciò che si vuole con esattezza, rimettendosi ad uno spirito di universale fair play. I grandi personaggi di un tempo — restiamo ancora 'per un momento con Bernanos — si consideravano depositari di una verità che doveva essere difesa ed imposta. Oggi nessuno si sente, più investito non dirò di autorità, ma neppure d'una piccola verità, tale da es sere presa sul serio fino in fondo e messa in commercio. Naturalmente, il gran de personaggio in quel sen. so sfiorava sempre 2 a parte dell'attore, drammatizzava la sua posizione e vedeva nel contraddittore un nemi co da sgominare, anche se questo nemico in fin dei conti era un fratello, un'anima di salvare Il terribile Bloy, che nella schiera dei polemisti occupa uno dei primi posti, era arrivato a una curiosa conciliazione dei due atteg giamenti, convinto che per far vincere la verità si potesse offendere, bastonare magari chi la pensava in modo diverso. In casi del genere, la po lemica era piuttosto un abi to complementare e serviva ad aggiungere, a innestare una carica alla propria sta tua. Non dimentichiamo che tutto ciò avveniva in un ambiente municipale, anche se quel municipio si chia< mava Parigi e godeva dei riflessi di un antico splen dorè. La riprova l'abbiamo confrontando Celine con Bloy, vale a dire la polemi ca fine a se stessa con la polemica che nasce da un ordine ben preciso e dal desiderio di esaltare e servire una fede. A che cosa credeva un Celine? Il suo limitato bagaglio di idee era formato piuttosto da ran cori e risentimenti e una volta imboccata quella stra' da, ecco spiegato il deluden te epilogo della sua carriera in Germania, al seguito di Pétain Perché — bisogna pur farsi questa seconda domanda — serve la polemica? Sainte - Beuve, in tuia pagina famosa, ne metteva in dubbio l'efficacia, soprattutto quando la polemica sia ristretta a persone e ad idee in un piccolo raggio di diffusione. La polemica al lude alla cronaca, raramen te serve "la storia e in quest'ultimo caso si danno le Provincialea di Pascal o la famosa battaglia di Zola al. tempo dell'affare Dreyfus. Eppure, proprio a quest'ultimo riguardo vien fatto di chiederci se oggi un fenomeno Zola potrebbe ripetersi. Probabilmente no, la vita ha acquisito altri mezzi di composizione e tende a fare a r ;no dei grandi protagonisti. Si direbbe che la iniziativa non soltanto sia passata ai gruppi, al lavoro di équipe, ma che per le sue diverse e complesse radici il fatto politico esige un campo di risoluzioni molto più ampio, generale, al di là delle patrie. La vicenda dell'Algeria ha avuto diversi protagonisti, meglio, diversi collaboratori, per cui una figura come quella di Sartre' ha finito per lavorare insieme r tutti gli altri. Resta l'eccezione di Mauriac, l'ultimo dei grandi protagonisti, l'ultimo rappresentante di un teatro illustre che diremmo scomparso. La cosa stupisce di più se si pensa che Mauriac non è nato polemista, ma lo è diventato negli anni della maturità e soltanto da vecchio ha toccato una straordinaria vitalità. C'è in Mau- riac qualcosa di paradossale, di contrario al tempo: si batte per una causa che per i più non ha senso, e, ciononostante, è forse l'unico a saper attirare gli sguardi e a lasciare con il fiato sospeso. Senza dubbio, la sapienza dello scrittore annulla tutto il resto. C'è lo spettacolo e tutti torniamo in platea. Ma oltre lo spettacolo? Che cosa resterà del lavoro giornalistico di Mauriac ? Che cosa rimane di tutta la girandola papiniana? Con Papini possiamo già fare i conti. Passando dai limiti della stroncatura, che nel suo caso era soltanto un pamphlet dilatato, a quelli monumentali dell'opera completa (nei classici moderni di Mondadori è appe na uscito il volume di Autoritratti e ritratti) vedi a mo che di lui non resta davvero il pigilo donchisciottesco del distruttore, ma bensì la vena più pacata ed umile dello scrittore idillico ed elegiaco. Per Papini, la verità stava nel tono mino re, mentre le parole grosse, i colpi di spada nasconde vano un animo inquieto, la noia e spesso l'incertezza Eppure Papini era in buona fede, sul momento credeva nelle sue posizioni. Ma quando la polemica copre il vuoto, il suo destino è segnato: risulta inutile; vana, e diventa uno strumento meccanico. Infatti, quel poco o nulla di polemico che reperiamo nel giornalismo o letteratura, oggi, non convince mai fino in fondo, ha una utilità immediata, una funzione politica. Per durare ci vorrebbe un po' di passione, ma è proprio quello di cui manchiamo. Carlo Bo

Luoghi citati: Algeria, Germania, Parigi