I russi hanno ancora il "complesso" dei tedeschi di Enzo Bettiza

I russi hanno ancora il "complesso" dei tedeschi Dialogo eoo un giornalista sovietico a Berlino Èst I russi hanno ancora il "complesso" dei tedeschi E' attuale, dopo due guerre tremende e devastatrici, la domanda del popolano slavo di Gogol : « Possibile che uomini così bravi, ordinati, laboriosi, risparmiatori come questi "germani" abbiano un'anima così striminzita?]) Il nostro corrispondente a Mosca, che nel giorni scorai è stato nell'ex-capitale tedesca per i lavori del Congresso comunista, ci invia il seguente articolo sulla Bua esperienza berlinese. Dice un collega russo con 11 quale trascorriamo una stimolante serata in una birreria del settore est: «Berlino significò Europa per una catena di generazioni della nostra infettighenzifa. come niente*, tedesco, significò a lungo per noi europeo occidentale >. Finora pareva che conoscesse superficialmente il tedesco, o comunque esitasse ad usarlo Invece, ad un certo punto, quasi con un piacere fisico, si tuffa nelle_ volute sintattiche di questo strumento di alta precisione espressivi e, ascoltandolo, vengono a mente le frasi a incastro, 1 generi, le declinazioni, l'etimo di centinaia di vocaboli che' accomunano il meccanismo linguìstico russo a quello germanico e lo rendono altrettanto ricco e infallibile Spaziando attraverso analogie sempre più audaci, egli vuol provare che il tedesco non è soltanto un ingranaggio da filosofi e da lanzichenecchi, ma una .ingua armoniosa, che nel suoi momenti felici può raggiungere, dice, « vette di musi calità poetica non inferiori alla più melodiosa lirica russa >; e declama un sonetto di Heine. Riscontriamo cosi, una volta di più, che il suono di una lingua in cui vennero impartiti atroci comandi non produce, proprio nel popolo che subì le ferite più profonde del Drang nach Osten, quella irritazione allergica che altri europei, slavi minori in particolare, provano dentro la pelle come allo stridore di una lama sfregata contro la superficie levigata dì un piatto. I russi, al contrario dei polacchi, o dei cechi, più rapidamente sono riusciti a liberarsi dalla identificazione nella barharie nazista di un linguaggio che Heine usò prima di Hitler. Il russo non è vendicativo. Al rapido oblio ha contribuito la sua scirokaja dushà, la sua anima larga, incapace ' di fermentare un lungo rancore: ma c'è, anche, dell'altro. Al nostro scandaglio, diretto a cogliere al di là della malinconicità psicologica, la presenza di qualche costante storica nel contraddittorio atteggiamento del.russi verso i tedeschi, il collega sovietico risponde sommariamente cosi: «Perche mai dovremmo confondere alcuni incidenti sgradevoli con il popolo germanico e con la sua storia complessiva? Come russo riterrei ciò astratto e disumano, mentre come marxista non posso concedere quasi nulla alla tesi romantica e fatalista della responsabilità collettiva. Oltre i gravi infortuni degli ultimi cinquant'anni, i punti di contatto fra noi e loro, che sono il popolo europeo che conosciamo meglio di tutti gli altri, restati vìvi; siamo anco ra pieni di curiosità e di attrazione reciproca. Se della pugnalata nazista dobbiamo dire qualcosa è questo: proprio per una certa promiscuità fra 1 nostri due mondi, essa ha suscitato nei russi un senso indignato di delusione, quasi -di oltraggio Fu uno choc, una traumatica crisi di sfiducia nei tedeschi, con 1 quali abbiamo mescolato tanto della nostra civiltà e della nostra cultura Non è l'odio o il terrore . della ripetizione a im primere alla nostra politica germanica un'andatura che può sembrare, a volte, irrazionale, emotiva; sono i postumi del trauma mischiati al desiderio di liberarcene; e la ricerca, del resto permanente della storia russa fino a Stalin, di trovare una soluzione di utile convivenza con un grande, e In fondo da noi sempre ammirato, vicino di casa». Fino a Kruscev, diremmo. Esattamente un anno fa, dopo la clamorosa stesura del memorandum sovietico consegnato senza Arma a Bonn, «Die Welt», perplesso davanti alla affermazione che « i russi e i tedeschi sono i due più grandi popoli in Europa», si domandava: «Kruscev ci ama o ci odia? ». Da quel malizioso indovinello sentimentale trape lava l'intreccio di 1 lass-Liebe, di amore-odio, di vicendevole attrazione e repulsione che screzia di sfumature i rapporti tra il mondo slavo e quello germanico e che solo in maniera attenuata emerge dalle parole del collega sovietico: Die Welt se la cava scrivendo: < La natura dei tedeschi è più vicina ai riusi di quella degli americani, dei francesi o de gli inglesi ». Kruscev, che perse un Aglio nell'ultima guerra, ha tuttavia sussurrato più volte lo stesso motivo all'orecchio compiacente dell'ex ambasciatore Kroll. Sicché, quando alle proteste di stima seguono tncongruamente 1 tuòni con la minaccia del rogo atomico per Adenauer e 11 suo popolo, si ha spesso l'Impressione di captare, sotto le ragioni della diplomazia, quelle del risentimento per un'en nesima delusione patita. Se condo il più attendibile del dì plomatìci-Rovietologi america ni, Kennah, la politica krusceviana verso l'Occidente in senso lato, e verso la Germania in senso più stretto, perseguirebbe pur nel sussulti gli stessi obiettivi che si pre¬ ff1cscpmdcdlnascdpgctdsznssgqcrssnisngipsHtarb figgeva Cicerln quarant'anni fa; ogni volta che s'accorge che 11 nuovo Rathenau non è ancora nato dall'altra parte, Kruscev darebbe in escandescenze. Escandescenze commiste a curiosi entusiasmi, impulsi di passionale simpatia repentinamente frustrata dal sospetto del tradimento, sono rintracciabili d'altronde lungo l'arco delle secolari interferenze tra le èlites, sia di destra che di sinistra, del due popoli. Cento anni fa Bakunin scriveva alla sorella: «La medesima cosa che Voltaire disse di Dio, io dico dei tedeschi: bisognerebbe inventarli, se non ci fossero, perché nulla unisce altrettanto gli slavi quanto l'odio comune contro 11 tedesco ». Ma non è che la faccia negativa di un duplice complesso di inferiorità-superiorità. Lo stesso Bakunin, e con lui Herzen, Tolstoi, Dostojewski, Lenin, fecero tappa a Berlino e si intrisero di pensieri tedeschi; i movimenti interni del grande romanzo russo, come quelli della impetuosa crescita culturale del rivoluzionarismo russo dal populismo (ricalcato sul concetto romantico di Volkstum) alla socialdemocrazia fino al bolscevismo, resterebbero indecifrabili senza la comprensione dei batteri germanici innestati nel corpo giovane, sanguigno, ricettivo della geniale intellighenzija moscovita, soprattutto pletroburghese, del secolo scora'-. La scoperta di Hegel fu v terremoto esaltante per q\ Ale menti prensili e accese. La dialettica dello spirito rovesciò quasi la personalità di Herzen, dal cui cappotto, per usare l'immagine gogoliana, salterà fuori Lenin; quel figlio naturale di un patrizio russo e di una fantesca tedesca salutò in Hegel « il colombo della filosofia e dell'umani tà» e definì il suo pensiero « un'algebra della rivoluzione ». L'eroe romantico dell'epica russa, all'inizio dell'Ottocento, presenta caratteri più germanici che indigeni. Lenskl, nc\\'Eugenio Oneghin di Puskin, idolatra Kant e brucia alla flam ma dell'enfasi libertaria schllleriana. Non mancano, simultanei scoppi di sarcasmo e di disprezzo. Una sferzante derisione travolge Stolz neìVOblomov di Gonciarov .e Schiller nel Nevski; Prospekt df'Cognl, £ piccoli tedeschi, artigiani, osti servi, sottufficiali, contadini, la sola immigrazione europea In Russia, con il loro senso dell'ordine e del risparmio, la loro stessa devozione allo zarismo (le zarine furono del resto, tranne la moglie danese di Alessandro III, tutte di origine germanica) suscitano un sentimento misto di stupore e di ironia nel popolo russo. Possibile che un uomo possa essere cosi bravo e, insieme, d'anima così striminzita? « Il tedesco che non sa spaccare 11 rublo — sentenzia un antico proverbio russo — sa però trasformare il demonio in scimmia ». Un ordigno tecnico, se perfetto, da cinque secoli non può essere che niemezki per 11 russo; ma l'avarizia e la pedanteria, anch'esse, non possono essere che niemezkie. Ma la ferita che marcò in profondità la Russia si apri nel 1917, quando la palingenesi rivoluzionaria europea falli per la mancata risposta del proletarlato tedesco . (« Falliremo senza l'appoggio della rivoluzione germanica », diceva Trotzky) allo slancio degli operai di Pietroburgo. Il trauma del nazional-soctallsmo, la rottura del patto di non aggressione, versò altro spirito sulla piaga. Non ne parliamo, al collega sovietico, uscendo dalla birreria nel buio di Berlino est; non gU diciamo che la Mosca del 1920, ancora in attesa della rivoluzione berlinese, costruiva in stile Bauhaus, mentre la Berlino comunista 1963 costruisce in stile utilità rio moscovita. La sterilità creativa delia Germania orientale testimonia 11 fallimento delle speranze nella rivoluzione russo-tedesca congiunta; testimonia l'esistenza di una Stalingrado. Nessuno avrebbe detto, nel '17, che 11 comunismo tede sco avrebbe « parlato russo », e non viceversa. Enzo Bettiza