Che cosa vuol dire "assai,,?

Che cosa vuol dire "assai,,? ' DIFESA DELLA LINGUA Che cosa vuol dire "assai,,? Oggi lo si usa per «molto», «parecchio»; aveva invece un senso limitativo, di «a sufficienza» - Nel secolo scorso «è bella assai:» non suonava come gran lode per una donna - «Onde»: paroletta dall'impiego arduo e discusso Una paroletta molto usata ma non sempre bene è l'avverbio Assai (Iat. ad satis), che ha pressoché perduto il primo senso attenuativo di A sufficienza, Abbastanza (< Grazie: ho mangiato assai»), e viceversa è usualissima per Parecchio, Molto, o come rinforzo di aggettivi laudativi in questi tempi inclini all'esagerazione. Detto di donna, < E' bella assai > è dato e preso come il massimo della lode; e le poverine non sanno che può anche trattarsi di una stiticheria. Il Petrocchi rimandava le signore al tono della voce, dal quale conoscere volta per volta se Assai valeva Abbastanza oppure Molto; Quando il Carducci e II Nencioni presero insieme l'esame aiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii del secondo anno di Retorica alle Scuole. Pie di Firenze, nella prosa italiana il Padre Barsottini diede al Carducci un « bene assai » e al Nencioni un semplice < bene >. Quel bravo scolopio, che sapeva l'italiano e al tempo stesso pizzicava del romantico, aveva voluto dire che il Nencioni era stato un po' più bravo del Carducci. Oggi anche un preside intenderebbe alla rovescia: bravo il Nencioni, ma bravissimo Giosuè. La lingua cambia, e cambiandosi si perdt. * * Ecco una lettera che sem- quando le minuzie della lin gua accendevano gli animi come fanno oggi le partite di calcio. Lamenta essa l'uso di iiiuiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii bra venire da tempi lontani, a n i l a o e a , i - Onde in senso di Affinché, Per, seguito da verbo al congiuntivo o molto peggio all'infinito: al che ci par di udire crocchiare di contento le ossa di Basilio Puoti, che fra quanti punti di lingua fu intollerante, su quello fu Intollerantissimo. Fra i cartelli attaccati alle pareti della sua scuola di purismo, uno diceva: «Chi usa Onde in iscambio di Affinché o Per è un solenne ciuco. > Se per il marchese la questione non si poneva nemmeno, essa fu lungamente dibattuta e non mai bene risolta neppure dagli stessi puristi. i i i i , ìjjnae, avverbio di luogo, va i o ni o el ni di n e ol e ne niti o e n o e. le Di dove, Donde. Per estensione, ma sempre ritenendo dell'origine, indicando cioè il punto da cui la cosa o l'azione muove, vale anche Da qual cagione, Per la qual cosa, Sicché, o, in forza di pronome relativo, Di cui Da cui Con cui Per cui e simili (nel qual caso può ben stare colrinfinito: trovò un mestiere onde, cioè con cui, vivere). Ma non passa mai 1 termini segnati dalla sua natura, che è di esprimere il modo, la materia, l'occasione, la causa, e non il fine. Fin qui I rigorosi, che per bocca d'uno dei loro, il Benci, cosi argomentavano: «Un vocabolo non può avere due significati contrari. Se indica una causa efficiente, non può indicare una causa finale. Se Onde si adopera nel senso del vocabolo latino Unde, da cui deriva, non può adoperarsi nel senso di Ut congiunzione.... E* ben detto, per es., Io non ho onde nutrirmi, cioè di che nutrirmi; ed è mal detto Io vengo qui onde nutrirmi, ove bisognerebbe dire per o a fine di nutrirmi. » Ma a favore dei lassisti era questo esempio dell'Aminta del Tasso (parla Amore e accenna- alla madre): «Ma per istarne anche più occulto, ond' ella Ritrovar non mi possa al contrasegni, Deposto ho l'ali, la faretra e l'arco», e altri del Salviatl, Segneri • Parinl. Fra essi si schierò Luigi Fornaciari, la cui benigna natura Io portava sempre a scusare. «Non è vero che un vocabolo non possa avere due significati contrari. Nella voce perché non accade quello che tanto strano pare nella voce onde, cioò di significare e affinché e per la qual cosa? E' vero che nell'ultimo esempio dal Benci allegato l'onde esprime causa finale, se si abbia riguardo al nutrimento. Ma se abbiasi riguardo alla venuta, di cui dee essere conseguenza il nutrirsi, la cosa è altrimenti....» illuminili iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiiiiiiiiiii Il lettore non s'affatichi oltre; gli basti d'evitare una maniera perlomeno arcisospetta e la cui frequenza è biasimata dagli stessi Indulgenti. Essa imperversa nel linguaggio d'ufficio, il quale ha un curioso debole per >e forme tumide che meno gli si adattano: «Le scrivo questa lettera onde avvertirLa.... » La dattilografa veramente innamorata del suo principale gli cassi siffatti onde e li sostituisca con semplici per: l'uovo di Colombo In capo all'anno ne avrà Iodi e forse aumenti. Leo Pestelli iimiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiii

Luoghi citati: Firenze