Squallide soffitte

Squallide soffitte L'altra tacciai di Squallide soffitte Talvolta vi abitano 5, 6 e anche 7 persone per stanza I servizi igienici sono paurosamente insufficienti - Ma in alcuni casi dall'affitto di questi locali il proprietario ricava più che dagli alloggi bloccati dei piani sottostanti Un giovane medico, giunto a Torino per un corso di specializzazione, è ospite di una famiglia amica in un antico palazzo. L'altro giorno imbocca lo scalone e sale. Dopo il terzo piano, la balaustra di marmo cede a una ringhiera di ferro, la scala s'inerpica, di- venta stretta, si dirama in due corridoi, dove si aprono le porte di un mondo diverso. Soffitte. Il giovane quando ridiscende nel suo alloggio scrive a « Specchio dei tempi > come medico: ha visto cinquesei e anche più persone ammassate in stanze piccolissime, squallide, senza servizi igienici, senza riscaldamento. Tutti si servono di un unico gabinetto. Ma pagano, e cara, la pigione. Questo è l'aspetto più doloroso del fenomeno: « 1 poveri diavoli che abitano nelle soffitte e nei piani una volta adibiti a dimora della servitù, non fanno altro che impinguare le risorse del padrone contro le più elementari norme del vivere moderno e civile ». Una situazione che i torinesi conoscono bene. L'Associazione inquilini possiede parecchi documenti che illustrano questa realtà. Ancora più estesa è l'esperienza dell'Eoa, del Centro immigrati e quella di cui dispone l'Ufficio d'igiene. Le ordinanze del sindaco per «irregolarità igieniche» spesso colpiscono proprietari poco scrupolosi; altre volte ordinano lo sgombero di soffitte sovràffollate o di scantinati in cui le famiglie dormono e mangiano in ambienti senza aria e senza luce. « Ma altrettante volte, dopo poco tempo, tutto, ritorna come prima. La rotazione degli immigrati è rapida nelle soffitte o nei "bassi" e il guadagno per i padroni senza scrupoli altrettanto sicuro ». II centro della città pullula di sistemazioni, come dice la lettera a «Specchio dei tempi», contrarie alle norme più comuni del vivere civile. E spesso si arriva a questo assurdo: che le persone costrette, per assoluto bisogno di un tetto, ad accettare condizioni umilianti e onerose, pagano per gli inquilini dei piani sottostanti: vecchi inquilini con il fitto bloccate* troppo scarsi per i vasti alloggi di cui dispongono, ma altrettanto decisi a non abbandonare la casa che costa poco. Un padrone di casa ci ha detto sinceramente: « Se non affittassi* le soffitte, io non potrei provvedere nemmeno alla manutenzione dello stabile, gravato come sono di tasse: ho sei inquilini, nei piani "nobili", tutti a fitto bloccato ». In barriera di Milano le soffitte hanno una densità di sei persone per vano; in borgo S. Donato, nelle vie intorno al Palazzo di Città e al Duomo, la densità media sale a sette persone per locale. Parecchi i bambini. Gli alloggi a fitto bloccato vanno diminuendo. Un padrone di casa ci ha spiega ■ IlirilllIfltllllIlltMIMIMiriitiilllllIIIItllMIIIMIIII to perché, nelle vecchie case del centro, gli appartamenti rimasti liberi dopo anni ed anni, vengono di solito affittati a famiglie d'immigrati: « Difficilmente persone di buone possibilità economiche vanno ad abitare in stabili vecchi, senza comodità moderne. Occorrerebbe abbattere e ricostruire ». Invece, parecchi proprietari si limitano ad affittare gli alloggi, come sono, a chi li chiede. Per sostenere il fitto, gli immigrati riuniscono le forze, coabitano. Sorgono tramezzi, divisioni provvisorie, sistemazioni da accampamento. Un po' meglio che nelle soffitte, ma non troppo. A Torino non manca il lavoro; prima o poi, tutti lo trovano. Il dramma è la casa, e Tuo mo si esaspera quando oltre al disagio, al freddo, all'angustia dello spazio, si sente oggetto di speculazione. «Certe clamorose scenate negli uffici d'assistenza o nelle anticamere delle au torità — dice don Allai3 del Centro per gli immigrati — hanno radice proprip nella consapevolezza di un'ingiustizia e HiiMiiiimimiMiimiiniiHiiiiiiiiimimiiiiHUM sono la rivolta del semplice contro una mentalità calcola trice spesso impietosa ». Via Carlo Alberto, via della Consolata, via Della Rocca, via Lagrange. Dietro le belle facciate la miseria si annida sotto i tetti o scende in cantina, tra mura umide, malsane, piene di crepe. Torino è come Chicago di 40 anni fa. L'assistenza spicciola non basta più. Bisogna costruire, in fretta, case popolari.

Persone citate: Città

Luoghi citati: Milano, Torino