Le statistiche sulla scuola dicono perché in Italia si legga così poco

Le statistiche sulla scuola dicono perché in Italia si legga così poco Le statistiche sulla scuola dicono perché in Italia si legga così poco Nell'istruzione popolare abbiamo un ritardo di oltre mezzo secolo sui paesi più progrediti - Sono ancora validi i lamenti dell'800 sul nostro ordinamento scolastico Nel 1842-43 Gioberti pubblicava la sua opera intitolata Del Primato morale e civile degli italiani. Meno di trenta anni dopo, il censimento del 1871 metteva in luce che su cento italiani dai sei anni in su 69 erano assolutamente analfabeti, non sapendo né leggere né scrìvere. La situazione era peggiore per le donne che per gli uomini: su cento uomini, 62 erano completamente analfabeti. Su cento donne, le analfabete erano 76. La situazione manifestava notevoli divari da regione a regione. La Calabria e la Basilicata erano le regioni più arretrate. In Basilicata su cento persone dai sei anni in su, 88 erano completamente analfabete, in Calabria 87. La situazione era molto migliore nel Nord, ma anche in Piemonte e in Lombardia, le due regioni più avanzate, c'era tutt'altrp, che da star allegri. Jrt Piemonte su cento abitanti dai sei anni in su, 42 erano completamente analfabeti. In Lombardia 45. In fatto d'analfabetismo, l'Italia aveva un primato indiscutibile. In Danimarca nel 1881 su cento coscritti solo lo 0,36 erano analfabeti. In Prussia nel 1884, su cento coscritti meno di due erano analfabeti. In Francia nel 1884, su cento coscritti 12 erano analfabeti. In Italia, sempre nel 1884, su cento coscrìtti gli analfabeti erano 47. Sono cifre che vai la pena di ricordare. Partimmo, come Stato nazionale, da una situazione disastrosa. E va detto, a onor del vero, che pur tra polemiche, indecisioni, tentennamenti e poefc '.za di mezzi, progressi se ne fecero. Agli inizi del nuovo secolo, secondo il censimento del 1901, su cento Italiani al di sópra del sei anr ni, di completamente analfabeti ce n'erano 48. Dieci anni dopo, alla vigilia della guerra mondiale, la percentuale era scesa a 38 Nel 1921, era 28. Oggi, a un secolo di distanza dall'Unificazione circa il 10 per cento della popolazione adulta è completamente analfabeta. Non ci si può stupire in Italia si è sempre letto poco, e si continua a leggere meno che nei paesi a istruzione più diffusa. Parecchio s'è fatto, ma moltissimo resta da fare perché il mondo sì muove, le esigenze di una società industriale van sempre crescendo e il saper leggere e scrivere non basta più. E' sufficiente dare una scorsa al dettagliato rapporto preparato dalla ' Svlmez sul fabbisogno italiano previsto pel 1975 di laureati e tecnici, per rendersi conto dei grandiosi problemi che ci stanno di fronte e che dovremo in un modo o nell'altro risolvere. Per risolverli comunque dovremo curarci di alcune vea chie piaghe che da tempo ci affliggono e che non sembra no volersi rimarginare. E' interessante al proposito rileggere vecchi scritti la cui attualità, a tanta distanza di anni, sembra più fresca che mai. Nel 1869, L. Stocchi (Piaghe dell'istruzione primaria in Italia) scriveva: « L'instabilità degli ordinamenti scolastici è quella che oggidì costituisce la prima plaga dalla pubblica istruzione in Italia. In otto anni ben undici diversi ministri ne hanno avuto la direzione ed il governo, e ciascuno alla sua volta vi portò naturalmente le proprie idee .che non erano al certo quelle dell'ultimo antecessore. Si' vollero quindi, con breve intervallo, introdurre sempre nuovi regolamenti e programmi, senza che si fosse lasciato ai primi il tempo necessario da produrre tanto be< ne o tanto male da farli definitivamente accettare ovvero scartare del tutto». Toccando un altro grave tasto, nel 1872 P. Villarl (La scuola e la quistione sociale in Italia) scriveva: «Quando ad Eton si nomina 11 nuovo rettore, cui si dà uno stipendio maggiore delle centomila lire, il Times, in un articolo di fondo, narra la vita, giudica il carattere del nuovo eletto e considera l'ufficio affidatogli come più importante di quello d'un ministro di Stato, perché si tratta dell'avvenire civile e morale della gioventù inglese. Noi diamo ai nostri rettori vitto e alloggio con qualche miglialo di lire e non v'è posizione più oscura e meno considerata della loro. Un uomo che si proponesse, per scopo principale della sua vita, d'essere un educatore, ci parrebbe quasi un uomo senza professione». Tempora mutant, peccata manent. Carlo M. Cipolla

Persone citate: Carlo M. Cipolla, Del Primato, Gioberti