Partita da Genova per l'Australia una giovane madre emigrante ne 250.000

Partita da Genova per l'Australia una giovane madre emigrante ne 250.000 SarA ricevuta da un ministro aii'arrj^o a Meiboui*2s@ Partita da Genova per l'Australia una giovane madre emigrante ne 250.000 Chi dei nostri connazionali sperava di conquistare nel continente nuovissimo il benessere da un giorno all'altro è rimasto deluso ■ Ha nuociuto la mancanza di una preparazione professionale - Tuttavia, dopo lo sbandamento iniziale, quasi tutti finiscono per restare nel Paese d'adozione - Il vitto costa poco, è facile possedere una villetta, c'è un'auto ogni due persone Nostro servizio particolare) Genova, 28 dicembre. Una donna giovane e brua, grassoitella, dal viso tono, madre di due bambini, pare per l'Australia salutata da ersonaggi venuti appositamcntc dalla capitale: fiori, dicorsi, fotografi, ed anche il ono di un orologio d'oro. La iovane madre si chiama Anonia Bellomarino, da Monteotondo, in provincia di Roma; è stata tanto festeggiata, bordo della <; Ncptunia >, erché la sorte le ha assegnao il numero 250.000 nella luna lista degli italiani partiti el dopoguerra per l'Austraia in cerca di lavoro. Quano, fra un mese. Antonia Belomarino scenderà sidla banhina di Melbourne, il ministro ustraliano dell'Immigrazione. Mr. Downer. l'accoglierà con ltri discorsi e altri doni. Il marito, Renzo, questa mattiìia ripeteva: < Speriamo che tanto umore mi serva per trovar ubito una sistemazione. Pariamo un po' alla ventura*. Come lui partirono tanti, nel dopoguerra, quando l'Austraia e l'America Latina offrivano un pane, così difficile da rovare in patria. Due milioni di italiani se ne andarono oltre, gli oceani. Oggi le cose sono tanto mutate, in Italia e nell'Europa del Mec; l'emigrazione transoceanica si è affievolita; la corrente diretta verso l'Australia resta la più forte, con ventimila unità all'anno (nei paesi sudamericani vanito poche migliaia) ed ap pare, poca cosa pensando alle centinaia di migliaia di meri dicnali che lavorano in Germania o itegli altri paesi europei vicini, pensando alle migrazioni interne dal Mezzogiorno al Nord industriale. Attualmente vanno in Australia parenti e amici di emi grati che hanno consolidato la oro posizione. Va ancora una minoranza di «generici*, con fusamente attratti da un paese smisurato, tranquillo e prospero; è però diminuita (fortu natamente) la massa di sprovveduti, privi di qualsiasi prc parazione professionale, mandati allo sbaraglio dai burocrati e diplomatici che ebbero a bella idea dell'accordo italoaustraliano del 1951 (scadrà ■rtn»p»flfcr*rtR*:3'/rTft.5flW-^i'' u^l^i spc'iir'e'ìl maggior numero possibile di disoccupati, si avviarono migliaia di meridionali, monoimti, sarti, barbieri, in un paese dove otto famiglie su dieci l'irono in uno villetta con giardino, dove c'è un'automobile ogni due persone, dove il benessere è custodito con usi britannici, modellando l'esistenza su un ritmo che a un emigrante nostrano appare quasi assurdo. Migliaia di italiani finirono nei campi di smistamento con moglie e figli: se c'era gran rifliiesta di braccia la sosta era breve, se il mercato del lavoro era debole passavano settimane e. mesi campando a spese dello Stato australiano, ■V>iznwcapir nulla, amenza -fax» : capire. Fu un'esperienza amarissima, con rivolte come quella dei campi di Bonegilla e perfino con qualche suicidio. Si deve alla capacità di lavoro dei nostri emigrati ed alla valutazione che hanno saputo farne gli australiani se la nostra emigrazione continua ad essere la più forte, alla pari con quella dall'Inghilterra. Sono soddisfatti i trecentomila italiani d'Australiat Dopo un periodo di assestamento, generalmente difficile a causa della diversità di lingua e di usanze, l'italiano diventa un « new Australian > come desiderano i governanti di un VMIIIM1I1MIIIIII111111MiIIII1MI1III1I MIIMIIIlllMirill paese immenso e povero di abitanti (poco più di dicci milioni, mentre sulle sole fasce costiere potrebbero essere cinquanta). Chi sperava di conquistare il benessere da un giorno all'altro o di far fortuna altrettanto rapidamente, è rimasto deluso. L'Australia delle grandi e medie città offre, con un sistema sociale generoso, una esistenza livellata su una media piuttosto alta, a patto di condividere usi e costumi locali. L'operaio, per fare un esempio concreto, guadagna oggi^in media centomila lire al mese (diciotto-venti sterline alla settimana, pari a S7.J,00 lire). Salario alto se si ricorda che il Vi '.' XS ■ "iifrsfti*^< MMEjjfeaffoItalia, forse la metà. Una villetta con giardino costa da cinque a sei milioni e si può acquistarla ratealmente, con notevoli aiuti da parte delle banche. Non c'è, almeno finora,, la spinta, di una evoluzione tra¬ volgente. Non ci sono i favorevoli sconvolgimenti di un « miracolo economico >. Ma, se non lavora il solo capo famiglia, se il momento è favorevole e al salario si aggiungono gli straordinari, il livello di vita è senz'altro soddisfacente. Lo sarebbe ancor più se l'immigrato italiano profittasse dei benefìci che la società locale offre a tutti, senza distinzioni di classe: i campi di golf, i parchi con piscina, i clubs nautici sulla splendida baia di Sydney sono in gran parte semigratuiti. L'italiano, come in tutti i paesi d'emigrazione con lingua e costumi britannici, si sente invece spaesato. Spesso finisce Wd9à'-^parando l'umiliazione che già conobbero i nostri emigrati negli Stati Uniti. Molti pensano a casa, come l'elettricista G. J., che scrive: « Lei mi aveva aiutato a emigrare, ma ora sento dire che in Italia c'è il benessere, che nel Nord manca- no gli operai. Sarebbe così bello ritornare. Qui ci sono anche disoccupati. Sarà vero quel che dicono i giornali dell'Italia t ». Dopo lo sbandamento inizia le, quasi tutti finiscono col restare nel paese di adozione. Ne respirano la vastità, che promette un futuro ancora non definito, ma allettante per chi abbia coraggio e spirito di iniziativa. Superato lo scoglio della lingua, vincono il complesso di inferiorità, talvolta fanno fortuna con una piccola officina che diventa uno stabilimento. Non c'è ancora, in Austro Ha, una classe dirigente italiana come negli Stati Uniti; ^n*n '^^n^"M'ttJ7ffty Iff 'Trr%Pff<Tu^stria, neppure i grandi avventurieri. Ed è forse logico, in un tempo così lontano dal pionierismo. Ci sono ricchi italiani come gli industriosi fratelli siciliani che conobbi tanti anni fa a Sydney, come quei contadini veneti diventati i più grandi allevatori di polli del Victoria. Ma restiamo nei personaggi della cronaca australiana. Ci sarebbe posto per nuove forze nell'immancabile processo di sviluppo di un paese smisurato (sette milioni e settecentomila chilometri quadrati), dove la fiducia viene dalla terra, dove il respiro è sano, da mondo giovane. Ma da parte nostra non c'è stato un vero tentativo di reciproca conoscenza. Un ministro australiano lamentò una volta la scarsità di visite di nostri uomini responsabili; ebbene a Roma raccolsi questo commento: * Ma chi ce lo fa fare d'andare in Australia? >. E' lontanissima, è vero, un mese di viaggio con la nave. Ma vale la pena di compiere uno sforzo. Mario Fazio La signora Antonia Bellomarino con il marito e i due figli sta per imbarcarsi sulla motonave «Neptunia» in partenza dal porto di Genova per l'Australia (Tel.)

Persone citate: Antonia Bellomarino, Antonia Belomarino, Downer, Mario Fazio