La produzione di un addetto all'industria vale il doppio di quella di un agricoltore di Ferdinando Di Fenizio
La produzione di un addetto all'industria vale il doppio di quella di un agricoltore Le prime stime sull'andamento del reddito nazionale nel 1962 La produzione di un addetto all'industria vale il doppio di quella di un agricoltore L'Unione delle Camere di Commercio ha diviso il prodotto lordo dei vari settori per il numero delle unità impiegate - Ha ottenuto 60Q mila lire in agricoltura e 1 milione 160 mila lire nell'industria - Si tratta di squilibri inevitabili in un sistema come il nostro, basato su due economie a differente stadio di sviluppo • Inoltre hanno influito sul raccolto le sfavorevoli condizioni meteorologiche - Previsioni sullo sviluppo della congiuntura Da qualche tempo corrono per le stampe cifre riguardanti la formazione del reddito nazionale in Italia, durante l'anno 1962. Ora, il '62 non è ancora concluso. In più, le serie statistiche essenziali, indispensabili a valutare quei grossi aggregati, sono disponibili per ora soltanto per i primi nove mesi dell'anno; oppure (essendo ottenute una volta l'anno, in seguito a lunghi calcoli) non sono per oggi disponibili affatto. Non si può quindi accordare molta fiducia alle valutazioni globali particolareggiate intorno al reddito, agli investimenti, ai consumi, se esse si esprimano in cifre assolute. Invece, sono attendibili le percentuali di incremento del reddito nazionale, considerato sia globalmente sia per settore. E' vero, dunque, che il reddito nazionale lordo in Italia si è, durante il '62, accresciuto di un 6 per cento all'incirca: con un aumento inferiore a quello del '61 (che sfiorò l'8 per cento), ma pur sempre superiore a quello medio dello scorso decennio, pur periodo felice nella storia economica d'Italia. Ma proseguiamo nell'analisi. Il '62 fu purtroppo dominato da avverse condizioni meteorologiche. Si valuta all' 1,5 per cento l'incremento del reddito nazionale del settore agricolo-zootecnico, tuttora in via di riorganizzazione; ad un 7,5-8 per cento l'aumento del reddito del settore industriale, edilizia compresa; più o meno nella stessa misura, l'incremento del reddito delle attività terziarie: commercio, banche, assicurazioni e pubblica amministrazione. Quanto ai consumi, "éssrsòrió" purtroppo aumentati di soverchio: un 6 per cento all'incirca; mentre gli investimenti, che nel '61 si erano accresciuti in misura superiore al 10 per cento, ripiegano su di un tasso d'incremento ben più modesto, un 6 per cento all'incirca, il quale getta la sua ombra sulle prospettive congiunturali del '63. * * Questo giustifica le attuali preoccupazioni governative, nei confronti anche dei mercati finanziari: quali strumenti per favorire un più ampio impiego di capitali, in attività di. produzione. Quindi, per ottenere uno sviluppo economico rapido della nostra stessa collettività. Tuttavia si desidera, in Italia, in questi anni, anche uno sviluppo settorialmente e regionalmente più equilibrato. Ora, le cifre avanzate poc'anzi destano purtroppo qualche ulteriore preoccupazione, proprio a questo riguardo. Si è detto che l'incremento del reddito nazionale fu, nel '62, per il settore agricolo-zootecnico considerevolmente inferiore a quello realizzato in altri settori. Ora, l'Unione Italiana delle Ca mere di Commercio ha cai colato provvisoriamente, per l'appunto con riferimento al l'ultimo anno, la produttivi tà, per addetto, dei vari grandi settori che compongono la nostra economia. Ha diviso cioè il reddito lordo interno al costo dei fattori, per ogni unità lavoratrice occupata, ottenendo una cifra pari a circa 600 mila lire per l'agricoltura; ad un milione e 160 mila lire per l'industria; infine, ad 1 milione e 300 mila lire per le attività terziarie. Son cifre grossolane ed approssimative ma che confermano i forti divari nella produttività settoriale. Si aggiunga a ciò (constatazione di fondo, relativa ad una caratteristica strutturale del nostro Paese) il minore incremento settoriale dell'agricoltura dianzi documentato. Quali Je probabili conseguenze? Ciò favorirà innanzitutto lo spostamento di « forze di lavoro » dall'agricoltura all'industria, rafforzando dinamismi che, negli ultimi anni, si sono palesati fin troppo rapidi. In secondo luogo, ciò pure aggraverà le tensioni fra i « gruppi di potere » esistenti nell'ambito della nostra collettività: essendo validamente rappresentati, nei partiti e nel Parlamento, proprio i ceti agricoli. Infine! essendo l'economia t italiana dualistica (e il Mezzogiorno assai più fortemente dominato dalla"- produzione agricola, di quanto non siano le regioni settentrionali) succederà che ii cattivo raccolto del '62 si ripercuoterà in maggior misura sul Mezzogiorno, che sul resto d'Italia. Ciò servirà di rilancio, per gruppi politici regionali, di certi rimproveri abitualmente rivolti sia al Nord sia al governo centrale. Ad esempio per « non aver adempiuto l'impegno di attenuare il divario nello sviluppo economico fra Nord e Sud ». * * Che siffatte critiche siano giustificate, nessuno oserebbe onestamente asserire. Anzitutto, come si è visto, i divari negli incrementi di reddito settoriali sono provocati da cause meteorologiche, sulle quali né il Nord, né il governo centrale, possono influire. D'altro lato, essendo il nostro sistema economico costituito da due « economie », a differente stadio di sviluppo, e inoltre l'una dipendente dall'altra, per massicci investimenti, è una schietta impossibilità economica l'esigere che quelle due diverse economie procedano di pari passo. Significherebbe ciò il cancellare, per il Settentrione, le conseguenze della maggiore domanda, destata dal Sud, cui fu gratuitamente trasferito potere di acquisto. Tuttavia, è davvero troppo il pretendere che gruppi politici si arrendano di fronte a considerazioni, anche economicamente inoppugnabili. Le campagne elettorali, da noi non diversamente che altrove, sono modellate non da un pensiero razionale, ma, come direbbe il Cassirer, da un pensiero mitico. E, purtroppo, i.risultati della con.tabilità nazionale, durante il 1962, sono tali da favorire il rilancio di codesti deprecabili miti. Ferdinando di Fenizio sqdlprdnrtccdidcdsizcsdntcqnndemmlscsena
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