Per il Brasile è questione di vita la scelta tra repubblica presidenziale o parlamentare

Per il Brasile è questione di vita la scelta tra repubblica presidenziale o parlamentare IL REFERENDUM DEL 6 GENNAIO PUÒ DECIDERE L'AVVENIRE DEL PAESE Per il Brasile è questione di vita la scelta tra repubblica presidenziale o parlamentare Per capire la posta in gioco, non bisogna pensare all'esperienza europea - Là sono diversi i partiti (quello laburista è in mano a miliardari), gli uomini, i problemi economici e sociali - Gli avversari di Goulart lo accusano di volere una presidenza di tipo gollista per imporre una «dittatura quinquennale» - Ma soltanto con più vasti poteri sarebbe in grado di infrangere la resistenza dei deputati contro tutte le riforme La lotta è aspra, con tinte di accesa demagogia: ma i brasiliani non hanno ancora dimenticato lo stile violento, « gaucho », di Getulio Vargas (Dal nostro inviato speciale) Rio de Janeiro, dicembre. Il 6 gennaio i brasiliani voteranno in un referendum per decidere se il presidente della repubblica deve essere eletto dal parlamento o dal popolo. E' opinione diffusa che voteranno in maggioranza per il rigime presidenziale, in Brasile equivalente ad una dittatura quinquennale, salvo imprevisti di una dittatura più longeva, alla Vargas. Il noto sociologo Gilberto Freyes afferma che « gran parte del popolo brasiliano ama sentire su di se la pressione di un governo maschio e coraggiosaiiientc autocrate il meno che si possa dire, è che il Brasile ha sempre avuto un governo autocratico, dittatoriale senza essere tirannico, come dice-' va, Getulio Vargas, perche il presidente brasiliano pub consentire ogni libertà alle mormorazioni di piazza ed alla stampa, essendo in grado di non tenerne conto al- nni iimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiii 111 cuno. Questo accadeva con la vecchia costituzione, riformata nel 1061 dopo le dimissioni di Quadros, ed alla quale si vuole ritornare. Anche ciò fa parte del contesto brasiliano, paese per molti aspetti avveniristico e arrembato da strutture politiche medioevali. In Europa si conosce, con sufficiente approssimazione, che cosa vogliono i comunisti, qual è il programma dei socialisti, dei laburisti, dei liberali, dei fascisti; cercati gli equivalenti in Brasile, ci si avvede che'i partiti non hanno peso politico, né seguito, ne programmi, e che l'elettorato si muove seguendo l'indicazione degli agenti di certi gruppi economici, oppure si affida alle promesse miracolistiche di alcuni leaders Il partito trabalhista brasileiro dovrebbe essere la proiezione del laburismo inglese, ma lo è in chiave sudamericana, con dei capi che figurano negli elenchi degli uomini più ricchi del mondo. A parole superano in estremismo la corrente carrista del socialismo italiano, fino a quasi identificarsi con i comunisti; in realtà non hanno realizzato che poche, 0 nessuna delle riforme sociali promesse. E non possono giustificarsi con l'affermazione di essere al governo da troppo breve tempo, amministrano il Brasile quasi senza soluzione di continuità dal 1930, con l'avvento di Getulio Vargas, che dalla tomba continua a dominare la politica del paese. Quell'uomo ha inciso fortemente sulla vita brasiliana, anche perchè ne esprimeva compiutamente i difetti e le qualità. Avvocato e ricco fazendero di San Borgia, nel Rio Grande do Sul, egli ha inaugurato la stagione dei governatori e presidenti gaùchos; anche il presidente Joan Goulart e Leonel Brizzola escono da San Borgia Nel 1030 Getulio Vargas si presentò candidato alla presidenza, ma fu sconfitto; si parlò di brogli e intimidazioni poliziesche, ed intervenne l'esercito che prese per mano Getulio e lo installò alla presidenza. La prima mossa politica di.Vargas mandò in delitio 1 brasiliani; anziché cercare l'appoggio dei magnati di San Paolo e degli oligarchi terrieri, si rivolse alla piazza con torrenti di oratoria demagogica promettendo piani economici e riforme sociali che mai pensò di realizzare, benché non gli sia mancato il tempo. Era un empirico, che badava soltanto a conservare il potere. Nel 1037, mancando poco alle elezioni, fondò due partiti; il socialista democratico, di tendenza conservatrice, ed il trabalhista, di tender, ze progressiste. Infine, annunciò uno « Estado Novo » e ispirandosi al nazifascismo allora di moda sciolse il congresso, abolì la costituzione, soppresse le elezioni e inaugurò la censura sulla stampa. Per completare l'oleografia dittatoriale, favorì il movimento delle « Camicie verdi», strette parenti di quelle nere mtissoliniane e brune hitleriane. Ma se ne liberò presto, con un putsch alla brasiliana, rapido e sema troppo sangue, per schierarsi nel 101,0 contro l'asse Roma Berlino mandando a combattere in Europa un corpo di spedizione brasiliano. Nel 101,5, considerato che aveva regnato troppo, alcuni generali lo invitarono a tornare nelle sue fazendas del Sud, ed egli non oppose resistenza, sicuro di tornare sul trono a breve scadenza. Infatti, vinse trionfalmente le elezioni del 1050; il popolo rivoleva il suo despota illuminato, che prometteva l'Eldorado e mandava il Brasile in malora con la sua politica alla Perón. Sperperati i risparmi fatti durante la guerra con la vendita del caffè e del bestiame agli alleati, incominciò la decadenza del cruzeiro; per frenare l'ascesa dei prezzi egli fece il colpo dell'economista dilettante, raddoppiò i salari senza curarsi se i prezzi salivano sempre più, le esportazioni diminuivano e cresceva la disoccupazione. Cercò la salvezza della sua seconda dittatura nel nazionalismo, incominciando la persecuzione dei capitalisti nordamericani accusati di affamare il Brasile e presentò una legge che limitava i profitti delle compagnie straniere. Una campagna scandalistica guidata dal giornalista Carlos Lacerda, ora governatore di Rio, travolse Vargas nell'onda melmosa delle corruzioni e dei favoritismi su cui aveva basato il suo potere. Nell'agosto del 1051, Lacerda subì un attentato, ~ma~i sicari fallirono il bersaglio e uccisero l'amico che gli stava a fianco, il maggiore deTPaviazione Rubens Vaz. Intervenne nuovamente l'esercito, ma questa volta « papà Getulio » non volle dare le dimissioni; scrisse un testamento e si sparò una rivoltellata al cuore. «Non posso darvi altro (aveva scritto), se non il mio sangue. Ero lo schiavo del popolo, ma questo popolo di cui ero lo schiavo non sarà più schiavo di nessuno. Ho lottato contro lo sfruttamento del Brasile, ho lottato per il popolo. Vi ho dato la mia vita, ora vi offro la mia morte ». Proiettate in una luce più attuale, quelle parole potrebbero essere pronunciate da Leolàj'zzol'^ dall'ex ministro Pinheiro Neto, anche dal presidente Joan Goulart, che non sono soltanto i leaders del partito fondato dal vecchio dittatore, ma sono gli ideali prosecutori della sua opera. Poiché i piani di redenzione sociale promessi dal despota gaucho sono sempre rimasti vane parole, si insinua il sospetto che anche i suoi eredi facciano altrettanto. Inoltre, mentre il paese è sommerso dall'inflazione e non ottiene più crediti èsteri, i nuovi economisti pensano anch'essi di migliorare la situazione interna promettendo un aumento dei salari, già ampiamente superato dal rialzo vertiginoso dei prezzi. Per galvanizzare l'opinione pubblica rinfocolano il nazionalismo dei brasiliani e mentre Leonel Brizzola incendia le masse contadine del Nord-Est, affamate e analfabete, con discorsi an- ii-yankee, il presidente Goulart ripresenta al congresso i vecchi progetti vargasiani per nazionalizzare le imprese straniere ed una legge contro la riesportazione degli utili sui capitali esteri investiti in Brasile. Molti osservatori affermano che non sono questi i mezzi più idonei per risollevare il Brasile dalla profonda crisi economica che lo travaglia, e considerano le esplosioni unti-yankee un diversivo dalle necessarie riforme di base, come quella agraria e fiscale, che colpirebbero i loro interessi personali. Altri, invece, pensano che Goulart, Brizzola, Pinheiro Neto, Furtado siano sinceri e che chiedano ai brasiliani di ritornare al presidenzialismo per avere il potere necessario per attuare quelle riforme contrastate dal Congresso, in maggioranza conservatore. Giovane, ricchissimo e ambizioso, il quarantenne Joan Goulart vuole entrare nella storia brasiliana come il presidente del popolo, convinto che soltanto la sua politica può svuotare il comunismo e salvare il paese dalla rivoluzione. I suoi avversari lo definiscono il Kerenski brasiliano, il comunista agropecuario (possiede fazendas sterminate nel Sud-Est) per diffondere lo scetticismo sulla sincerità delle sue intenzioni progressiste. Se fosse sconfitto nella battaglia istituzionale del 6 gennaio, né lui né il suo partito potrebbero mai più sperare in un ritorno al governo; arbitri della situazione, i conservatori del Congresso che, fatto singolare in un paese dominato dalla miseria, ottengono sempre la maggioranza, nominerebbero un presidente puramente decorativo e continuerebbero all'infinito nella politica ciecamente reazionaria che può condurre il Brasile alle soglie del castrismo. Goulart, suo cognato Brizzola, i suoi amici hanno compreso che il Brasile non può continuare all'infinito con una esigua classe di ricchissimi che dominano, e milioni di brasiliani privi di tutto, dal pane, alle medicine, alle scuole, che ubbidiscono supina¬ mente La violenza con cui impostano la lotta politica può dargli una tinta estremista, ma per parlare a milioni di analfabeti il solo linguaggio comprensibile è la demagogia. Se fossero sconfitti il 6 gennaio, cosa molto improbabile, fallirebbe anche il loro programma di riforme e il Brasile tornerebbe ad essere dominato dai feudatari dell'economia. C'è da chiedersi che cosa farebbero gli operai comunisti di Luiz Carlos Prestes ed i milioni di contadini affiliati alle leghe di Francisco Julian. I conservatori contano sul lealismo delle forze armate per difendere i loro privilegi, ma anche l'esercito brasiliano è diviso in molte fazioni e rimane la grossa incognita nella drammatica situazione politica in cui si dibatte il Brasile. Francesco Rosso Inseguiti dalla polizìa