Romeo cuoco italiano ha successo a New York di Antonio Barolini

Romeo cuoco italiano ha successo a New York LO ONORA ANCHE LA SIGNORA KENNEDY Romeo cuoco italiano ha successo a New York (Dal vostro corrispondente) New York, dicembre Intenditori generosi è disinteressati (notate gli aggettivi)'di cucina italiana a New York, ne conosco due : Giuseppe Prezzolini c Paolo (Monelli. Il primo è famoso per il suo saggio sugli spaghetti. 11 secondo, per essere un sottile buongustaio di ogni boccone ben fatto (metaforico c no) al mondo, e creatore di una incomparabile pasta e fagioli, consacrata alla storia della letteratura culinaria con il nome di « Pasta e fagioli'alla Monelli ». I due esperti concordano — ritengo — nel dire che, salvo casi numerabili sulla punta delle dita, veri e ben fatti piatti italiani, a New York, se ne trovano pochi. Per lo più, passano per italiani alcuni piatti che gli indigeni, di bocca buona, esaltano Ala, di italiano, quei piatti, non hanno che il colore: bianco, rosso e verde: molto pomodoro affogato in una gelatina di grasso biancastro, con isole varie di erbe aromatiche pestate e no. L'abbondanza americana ha fatto credere a troppi cuochi improvvisati, che possono impunemente diventare untuosi anche i cibi che non debbono esserlo, per loro natura, nati ih paesi poveri, per diete povere; e perciò saporiti con erbe aromatiche, parchi e sani. Affogati nel grasso, diventano veleni. Romeo Salta, amico « provato » di Monelli, e una delle rare eccezioni alla cattiva regola. Vale la pena di parlare di lui perché, oltre ad essere un benemerito del buon nome dei nostri piatti nazionali in questo paese, è certamente un personaggio unico della nostra colonia italiana, qui: è un tipo classico, ma alla rovescia di quel che potrebbe essere Trimalcinnc, tanto sa ben dosare le ricette sue. Nei giorni scorsi, la stampa americana gli ha dedicato particolare attenzione, per un suo libro di ricette (300 circa) che, tradotto in italiano, ha per titolo: // piacere della cucina italiana, ed è stato or ora edito dalla Macmillan, di Londra e New York. Per festeggiare l'avvenimento, Romeo mi ha telefonato, e mi ha detto: «Caro collega, va bene scrivere (sono scrittore anch'io), ma, dal dire al fare c'è di mezzo il mare. Ho deciso d: offrire alla stampa di New York, e anche a lei, un saggio della mia 'cucina. Tenga intanto presente che la prima Bresavola, in America, l'unica degna di questo nome, l'ho importata io. Io sono ancora il fornitore di Bresavola e di grissini della Casa Bianca. Vuol saperne una? La signora Kennedy ha già autografato con la sua firma (caso unico) una copia del mio volume. Un'altra copia l'ha subito spedita in cucina, al suo cuoco, perché la ponga tra i manuali di continua consultazione di piatti classici italiani. Purtroppo, non si fa più in tempo, ormai, a far venire Monelli: è tardi, adesso. Ma lei non manchi, la prego. Lasci in pace Castro ( Romeo mi legge tutti i giorni su La Stampa, che riceve per via aerea) e pensi che, una volta tanto, vale la pena di barattare la sporca politica con un piatto di cose autentiche e pulite ». Aveva ragione lui: sono andato al suo ricevimento. Romeo è nato cuoco, trenta e più anni fa. in un sottomarino italiano: far bene da mangiate ai suoi compagni, era il suo modo di farsi amare: e, ancor oggi, il suo vero modo di farsi amare. Dopo la prima guerra mondiale, e emigrato qui: prima in California e poi a New York. Ha fatto fama e fortuna. Nasce Saltalamacchia, di nobili- lignaggio, con blasone sul « menu ». Suo padre, povero in canna, per unica ricchezza, aveva tre figli : « Non vi posso dare nemmeno un nome intero — disse loro, mandandoli per il mondo. — Dividetelo in tre e farete ciascuno la vostra fortuna! ». Così sono nati i tre fratelli Salta. Lama e Macchia. Ciascuno h.a fatto la sua buona fortuna: « A me — conclude Romici, alludendo al suo mestiere — è rimasta la parte del sale (Ma ho anche "saltato" neh!)», aggiunge, con un guizzo negli occhi. II suo ristorante, come la più parte a New York, è un buco lungo; una pancia di sottomarino: iz tavole in tutto, 80 coperti (« Duemila dollari, più di un milione di lire di tasse, ogni anno, per ogni tavolo! » mi sussurra in un orecchio); 150, in media, gli ospiti respinti ogni sera. «Sa — dice — aumentare le tavole, è presto detto! Dove li trovo i cuochi? Adesso ne ho sei tutti di primo rango: averne di più sarebbe una pazzia! Un atto di presunzione e d'incoscienza, di irresponsabilità professionale Capirà... non si vive di solo pane! » conclude. Il giorno della festa cui ero stato invitato, fra i trofei del nuovo libro fresco di stampa, mi son visto i sei cuochi in fila, schierati. Sei bianchi sacerdoti davanti ad altrettanti fumanti altari sacrificali: certo, non eran tavoli di solo pane! Giovanni Raikovich, il capo. Quindi, Giovanni Secondo e Felice, specialisti in paste: canelloni, gnocchi, lasagne, tortellini, fcttuccinc di casa. Gaetano trionfava davanti ad arrosti di carni rosse e a piatti di legumi. Carlo: polli, agnelli, pesci e, soprattutto, frutti di mare. Ma gli « scampi alla Romeo » son di pertinenza di Rodolfo: questi è anche un esperto di dolci e di gelati. I suoi mandarini in sorbetto e la sua torta di mascarpone, appena messi in tavola, sono scomparsi come neve al sole. « E la pasta Monelli? » chiesi a Romeo. « Ma non era cosa per oggi, caro amico! Questo è un buffet, per gente in piedi ». Però, alla chetichella, un piattino di « pasta e fagioli alla Monelli », quel giorno, me l'ha fatta 1:1 ■ < ' > ■ 11 e 11111 ! 1111 r 11 r1111111111 {11J111r 11111 e ! 1e gustare: «Due coppe di fagioli bianchi secchi, un osso di carne di bue, tre quarti d'acqua, mezza coppa di olio d'oliva, due spicchi di aglio tritato, mezzo cucchiaino di rosmarino, un cucchiaio di farina e due di conserva di pomodoro, una coppa di brodo di carne, due cucchiaini di sale, mezzo di pepe nero appena tritato, una coppa di pasta abbastanza minuta ». « Caro lei, questi son gli ingredienti! Ma, per farla, ci vuol la religione: tre ore di pràtiche attente. Non son cose da tutti, è ovvio! A ogni buon conto, lo scriva a Monelli: è ambrosia si o no? ». « E' ambrosia » dissi. E non lo scrivo, qui, soltanto per Monelli; ma per quanti, leggendomi, credono ancora nei rozzi doni degli dèi e nelle supreme arti degli uomini che li sanno trasformare in raffinate delizie. Antonio Barolini >11r1e11 [ 1 i 1111111111111[ 11111 liti 11r11h j i 11