Kruscev ricorda ai cinesi con sferzante ironia L'America sarà una «tigre di carta», ma con denti atomici di Enzo Bettiza

Kruscev ricorda ai cinesi con sferzante ironia L'America sarà una «tigre di carta», ma con denti atomici Un discorso di tre oro davanti al Soviet Supremo Kruscev ricorda ai cinesi con sferzante ironia L'America sarà una «tigre di carta», ma con denti atomici Il capo del Cremlino ha spiegato la «ritirata» a Cuba - «Gli Stati Uniti avevano convogliato attorno all'isola 183 navi, alcune con armi nucleari, 180 mila uomini e migliaia di aerei. II mondo era sull'orlo dell'abisso. Un compromesso era l'unica via d'uscita » - Pechino, ha detto Kruscev, dà lezioni di intransigenza anti-imperialista a tutti, ma dall'India si è ritirata e iol Iera centri di colonialismo come Macao e Hong-Kong - Era presente al discorso il maresciallo Tito, applaudito dall'assemblea (Dal nostro corrispondente) Mosca, 12 dicembre. Kruscev ha rotto l'incanto nella più clamorosa delle circostanze: ha pronunciato la parola proibita — Cina — alla presenza di Tito, ospite d'onore a questa seduta del Soviet Supremo trasformato in un tribunale contro Pechino. Tito, Rankovic e Veselinov, accolti da un fragoroso applauso di tutti i deputati delle due Camere riunite, in piedi, hanno preso posto sulla tribuna dei membri del praesidium mesco- landosi fra i massimi dirigenti russi. Kruscev si è seduto tra il maresciallo jugoslavo ed un esponente del governo cubano, Carlos Rodriguez, arrivato qui per barattare con una contropartita economica la revoca dell'aiuto militare sovietico alla sua isola. Già questa trinità ideologica assisa in quel modo simbolico davanti al mondo ha fatto intuire che per Kruscev era venuto il momento della verità. Quando egli si è alzato all'attacco, Tito Ita assistito imperturbabile, con una increspatura di soddisfazione appena percettibile all'angolo della bocca, al suo ultimo trionfo: ha udito e veduto Kruscev pronunciare, nel cuore del Cremlino, una requisitoria sferzante contro la linea di Mao. Il capo sovietico ha accusato i sostenitori dell'autolesionismo cinese di voler «.giungere al comunismo mediante la morte di decine di milioni di nomini» e li ha paragonati contemporaneamente a Trotzky a ad Adenauer. Senza eccessivo rispetto per i nessi, logici, clic non sono il suo forte, è saltato dai « cinesi » agli « albanesi » «i « dogmatici » mescolandoli alla rinfusa nella polemica; dei dirigenti albanesi anagraficamente tali ha detto che hanno <le mani sporche di sangue». L'interpretazione da dare alla ritirata dai Caraibi, alla coesistenza pacifica, ai rapporti col inondo capitalista, è stata al centro del discorso durato dalle cinque alle otto di stasera. Prendendo l'avvio da Cuba, Kruscev ha ripetuto che l'umanità si è trovata sull'orlo del baratro u che la scelta era limpida: o salvare nel compromesso la rivoluzione cubana o scatenare un conflit to che, senza volitare le altre parti del mondo, di Cuba non avrebbe lasciato neppure uno scoglio. « Tutto il mondo — ha detto — era sótto il controllo armato degli Stati Uniti, decisi alla guerra. Attorno a Cuba furono convogliate 183 navi da guerra, con 180 mila uomini e migliaia di aerei con l'ordine di coprire lo sbarco. Sappiamo che sulle portaerei americane c'erano pure armi atomiche ». Più aranti ha rivelato: « Il 27 ottobre i nostri amici cubani ed altre fonti ci avvertirono che l'aggressione era solo questione di ore». Il compromesso, in quella situazione, era runica via d'uscita. Ritirando > missili e i bombardieri dai Caraibi l'Urss ha scongiurato non solo la guerra mondiale, ma ha strappato agli Stati Uniti l'impegno di non toccare Cuba. •< Figuriamoci per un momento ciò che sarebbe accaduto se nessuna delle due parti avesse voluto fare delle concessioni; sarebbe avvenuta la stessa c che avviene quando due caproni • scontrano su un ponticello e precipitano ambedue in acqua ». Nel periodo della crisi perà cominciarono a levarsi voci di scontento, * anche da una parte che si richiama al marxismo-leninismo ». Perché gli albanesi si misero a gridare più forte di tuttiT Krnseev lo ha spiegato con una parabola autobiografica: « Voi sapete che ilo passato una parte della mia infanzia e adolescenza in miniera, la Cambridge dell'operaio. Ricordo che c'erano laggiù uomini abituati a dire parolacce volgari, pesanti. Insegnavano ai figli a ripeterle davanti alle madri. Dicevano: eccoti 3 copeki, va a dire queste parole a tua madre. E il bambino andava dalla mamma a ripetere le parolacce che gli erano state insegnate. I dirigenti albanesi mi ricordano quei ragazzacci. Gli insegnano le parolacce e poi li spingono a dirle alla loro madre, l'Unione Sovietica. Qùa.v do sono bravi prendono 3 copeki, ma quando sono molto bravi ne prendono anche 5 e vengono elogiati ». Le questióni' controverse devono essere risolte con la guerra t «No!» r la risposta perentoria di Kruscev. Sulla famosa « tigre di cartone » agitatu dui cinesi per significare l'interna debolezza americana, Kruscev ha una . trovata felice: « E' vero, la natura del- acLcgcl l'imperialismo non è cambiata,:dmentre lo sono le forze dell'imperlalismo oggi più deboli. Ma non e vero che l'imperialismo sia una tigre di carta: qoloro che lo affermano sanno bene che questa tigre di carta ha denti atomici. « C'è gente che urla e bestemmia Bisogna stare molto attenti a non scagliare accuse irresponsabili, dicendo che gli uni sono tiravi perché attaccano l'imperialismo, mentre gli altri non lo sono perché ripiegano; che gli uni sono rivoluzionari e gli altri disfattisti » L'India, per esempio, ha liberato Clou: dopo un lungo periodo di pazienza, ha spazzato con un colpo di mano i portoghesi. La domanda ch> Kruscev a questo punto omette si ricostruisce ila sé sulla base della continuazione logica del suo ragionamento sfuggente: la Cina rivoluzionaria, che ci dà tante lezioni d'intransigenza unti - imperialista, perché non spazza anch'essa con un colpo come l'India borghese quei covi di colonialismo incastrati nel suo corpo e che si eli l'umano Macào e Hong Kangt E qui, per la prima volta, si rompe il velo dell'ipocrisia: « Da Macao e da Hong Kong viene un odore non certo migliore dell'aroma coloniale di Goa; ma fórse qualcuno osa accusare la Cina di non voler spazzare via I due punti in questione? Osa forse qualcuno spingerla ad atti che la Cina stessa ritiene intempestivi? Sarebbe assurdo accusarla di questo: gli amici cinesi pazientano non perché abbiano, verso il colonialismo, un odio minore degli indiani; no, i nostri amici cinesi di odio ne hanno abbastanza! Potremmo accusarli quindi, in relazione al problema, di scarso marxismo-leninismo? No, sarebbe stupido! ». « La vita — ha concluso sar donicamente Kruscev —■ è fatta così. Uno, a volte, è costretto a vivere fra le spine invece che fra le rose o, ad dirittura, accanto al cesso co lonialista: quando verrà tem po, gli amici cinesi diranno la loro parola; ma noi non li incitiamo ad affrettarla». Dopo averli lisciati contropelo, Kruscev ha accomunato i cinesi a Trotzky e al trotzkismo: un decreto di pace fu il primo del pof : sovietico do po la rivoluzione. Lenin avviò subito le trattative coi tedeschi e inviò Trotzky a Brest-Li tovks. Trotzky si dichiarava anche lui rivoluzionario, ma frustrò in modo provocatorio le trattative e se ne andò: allora Lenin mondò. Cieerin e la pace si firmò (Kruscev sem plifica un po' troppo la storia) « Chi cedette? Òggi la ban asnèfLctantcmdn[lnmlmiilfdfglcct—lagntrtdtacinsv«dscticaeMolant diera del socialismo sventola a Berlino, mentre gl'imperiali sti tedeschi di quella volta sono sottoterra. Si capisce, non è ' possibile fare un paragone fra Cuba e la pace di BrestLitovsk; però, alcuni dogmatici sono scivolati su posizioni trotzkiste. Evidentemente gli albanesi e coloro che li incitano, non vedono più la prospettiva di una via pacifica al socialismo, e forse non avevano mai creduto in una possibilità del genere. La follia di sostenere che solo per la guerra si [lassa al comunismo non solo non attirerà a noi le masse del mondo, ma al contrario le allontanerà. In sostanza, i dog- matici sono rimasti male per iiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii il fatto che la guerra termonucleare non è stata scatenata e per questo ci rovesciano addosso fango a secchioni. Albanesi e certi imperialisti cercano consolazione nel mondo: se dobbiamo morire, moriamo a suon di musica, anche se la musica è atomica. Noi. non vogliamo morire né con né senza musica; vogliamo realizzare in pace il comunismo ». Fra le risa della sala Kruscev ha esclamalo: «Nessuno finora è tornato dall'aldilà per dirci che si sta meglio che di qua! ». Salutando poi, come atto di ragione e di saggezza, la conclusione del conflitto cino-indiano, ha voluto tuttavia malignamente « nubanizzare » a rovescio la ritirata cinese dall'India. « C'è chi dirà ch« i cinesi si sono ritirati, chs hanno fatto concessioni all'imperialismo... Gli azzeccagarbugli non mancano, sono sempre pronti a sparlare per offendere i sentimenti nazionali dei compagni cinesi... Noi comunque speriamo che loro non abbocchino alla provocazione...». Sulla Jugoslavia l'intervento si è concluso. Kruscev è stato largo sulla concessione ideologica di fondo, ma chiuso su quelle del prestigio personale nella, diffìcile trattativa in corno col maresciallo Tito. Rintuzzando le tesi dei cinesi, i quali annunciano la restaurazione del capitalismo in Jugoslavia, Kruscev ha sostenuto che chi pensa cose del genere fa dell'accademia marxisteggiante, mentre la realtà insegna che *la Jugoslavia non ha industrie private né proprietari terrieri». Dopo avere dato soddisfazione a Tito facendolo assistere di persona alla requisitoria anticinese, dopo avere ammesso che il revisionismo non è più peccato mortale, Kruscev non ha potuto non tentare di salvare la faccia. Lo ha fatto però in maniera poco diplomatica e poco coerente, affermando che « le responsabilità della nota frattura ricadono su Stalin » ma che « anche i compagni jugoslavi sono responsabili dì certe attività svolte in quel periodo». Nel 'SS, a Belgrado, aveva dato tutta la colpa a Berta. Sì comprende il suo sforzo di rivendere ad un mìnimo prezzo decente la patente « socialista» a Tito. Si capisce meno il tentativo di distribuire equamente le colpe tra Stalin e Tito, pur di salvare intatto il prestigio d'una Mosca che proprio per l'impulso della destalinizzazione si riavi-icina fatalmente a Belgrado. La coerenza, ne a Mosca, né a Pechino, non brilla. Enzo Bettiza iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii II premier russo Kruscev parla durante la riunione del Soviet supremo (Tclef.)