Marino Moretti fra due secoli

Marino Moretti fra due secoli "Tutti i ricordi,, di nno scrittore scanzonato e amabile Marino Moretti fra due secoli Nelle pagine di memorie passano, in ritratti gentili e caustici,i letterati di ieri e dell'altro ieri - Ma un incanto particolare hanno le rievocaziojii dell'infanzia: la campagna romagnola d'un tempo lontano, la Firenze dove viveva la cognata del tarducci Tra i molti personaggi che Moretti ha felicemente inventato o (come si diceva in altri tempi) tratto dal vero e romanzato poi, ve n'è uno che li vale tutti, ed è lui stésso, il ixamanziere, lo.^anittore: -a Ma- sia venuto atteggiandosi per darsi un'appariscente e contraffatta figura, per crearsi un mito personale; ma a poco a poco dalla realtà della sua natura, di un temperamento timido, delicato, intimamente fantastico e coloristicamente romagnolo, egli è venuto sempre meglio esprimendo, caratterizzando, perfezionando, con lucidità crepuscolare e patetica malizia, il poeta che è in lui. Vero autoritratto di protagonista; lo ritroviamo acidulo, candido, delizioso, nelle mil¬ le pagine e più. di Tutti i ricordi (Mondadori ed.). Nel grosso volume sono raccolte prose di memoria, d'evocazione commossa, bozzetti, capricci in margine alla, vita, che, con la storia sentimentale ''e \m'$rcàh*'*dell''autore, ci offrono il quadro di un'età, dalla fine dell'Ottocento a oggi. Paesaggi, ambienti, tipi, macchiette; i titoli dei vari gruppi di racconti sono: Mia madre, Il tempo felice, Via Laura (famosa e incantevole). Fantasie olandesi, Umori e segreti, Pane in desco, I grilli di Pazzo Pazzi, Ritratti letterari. Ci sono trasparenti atmosfere provinciali, Cesenatico, il porticciolo, la casa paterna, e la campagna ardente e morbida, e i piccoli « accelerati » o?isimanti e le stazioncine sperdu¬ te; e c'è Firenze nei primi anni del Novecento, nitida, secca, aerata come in un quadro, e ci sono donnette, ragazzi, popolani, vecchine, e nomi celebri da Tommaso Salvini alla Dhsp, da Carducci, a Gozzano, Ojetti, Fanzini, Papini.' Moretti si aggira nel tempo passato, ascolta, ripete, fa eco alla voce di quei' cari fantasmi, ne saggia il timbro, il fraseggio, ne segna aspetti lievi e fuggevoli, e via via la sua consistenza di memorialista e di artista si fa sempre più concreta, e il giovinetto diventa uomo, e il sommesso ironista si muta in narratore principe, e l'autore deZJ'Andreana e della Vedova Fioravanti, ecco, ci è davanti intero, con la nostalgia ansiosa e l'affettuosa solitudine, e quel fervore pe- renne, quasi soffocato, che è il suo dono ed il suo segreto; Moretti lo sa, che scrive: « Esso (il pubblico) vuole calore e io gli dò quel grado tra caldo e freddo che mi par si confaccia tanto alla mia arte: ij tepore ». Così, in un'età < letteratissima », di scrittura sorvegliata k di pagine bellissime, Moretti, con il fare ingenuo ma scaltro, è riuscito a una sua prosa originale, nel minuzioso cesello libera, impulsiva, improvvisa, che riproduce, non senza acerbità, il denso, l'oscuro e il chiaro dell'esistenza: uomini e cose. E' divertente leggere questo libro, e se ne trae una specie di patetica saggezza: simpatia e distacco. Si legga il ritratto, tra commosso e crudele, di Sergio Corazzini, qualche giorno prima che il giovanissimo poeta morisse: è devozione, amore, anzi una specie di struggimento d'amore, e tuttavia lucido, penetrante: < Sergio entrò elegantissimo, un po' con l'aria di entrare in scena... >. Nell'osservazione precisa, senti una tristezza che diventa stupore. Tale il suono' della prosa di Moretti, che ti pare scanzonata ed è estremamente soave. Tommaso Salvini se ne va per via Gino Capponi, a Firenze, verso la sua caina borghese, e Moretti ragazzo, ch'era allora alla scuola di recitazione di Luigi Rasi, l'i accanto, lo segue, incantato e curioso. < Così alto, vestito di nero, senza una piega, senza.una macchiolina, col sussiego di quel cappello che stava a mezzo fra il cilindro e il tubino > passava e non si accorgeva di nulla, non vedeva nulla. C'erano sui muri gli avvisi di certi spettacoli d'allora, la Dame de chez Maxim, Fioretti et Patapon: «Chi era mai questa Dama? Chi era Massimo? Chi era Fioretta e Patapon? Saul passava senza volgere il capo con un'altera mossa alfleriana, un'aria da Misogallo ». E questa par proprio un'irriverente monelleria; ma poco dopo racconta di una festosa recita alla scuola del Rasi in onore del < Nestore degli at tori italiani», il quale rimane sempre impassibile, anche tra gli applausi scroscianti, «ma in realtà io vidi muoversi 1 muscoli di quel viso di statua classica, per non so qual com mozione, non so qual tenerezza, come se uno scatto del cuore... ». Il contrappunto di Moretti, narratore che sempre entra nel racconto con la sua dichia rata dimensione di uomo, è sussurrante, lepido, poetico. E' il Moretti che incontra in un alloggetto da nulla, la cagna tu di Giosuè Carducci, la so rella della signora Elvira, la sora Amalia, una vecchietta dal parlare armonioso. « Diceva che il Carducci avrebbe do vuto sposarlo lei da principio, e che Giosuè in un primo tem pò era suo. Poi, come avvie ne, si innamorò di quell'altra e la fortuna toccò alla serena e docile Elvira». E la vecchina corre a frugare tra certe sue carte e torna con un foglietto ingiallito: « La guardi, la guardi. Non c'è la data qui sotto t Codesti versi deve averli scritti verso il '60. Fu quando... ». Afa a questo punto un altro ragazzo (ed era Annibale Ninchi, bellissimo giovinetto) insiste: *Quandot». E allora la vecchina ha y.n moto brusco^ <r. La dia qua, la dia qua. Le son cose che non ho mai mostrato a nessuno ». E tu lettore non sai bene se questo lieve nodo in gola te l'abbia dato la cara cognata del Carducci o quel ragazzo — Marino Moretti — che sta come sospeso e rapito davanti a lei.

Luoghi citati: Cesenatico, Firenze, Gozzano, Misogallo