Un breve discorsetto ai fanatici del disegno

Un breve discorsetto ai fanatici del disegno ARTI ED ARTISTI Un breve discorsetto ai fanatici del disegno A proposito della mostra « Il disegno italiano contemporaneo» aperta alla <Bussola» sarebbe facile (ed anche noioso) ripetere per l'ennesima volta che il disegno è il linguaggio più ~ spontaneo, più pronto e più sincero dell'artista, il mezzo che meglio rivela la sua personalità. Ciò è discutibile. Accade che un artista si esprima più compiutamente col colore che col segno, o viceversa. Sono due modi espressivi dell'idea plastica, di qualità diversa, tutt'al più complementari. Per esempio Carrà, pittore geniale, è debole disegnatore: e qui lo si vede. S'egli avesse soltanto disegnato e non dipinto, ben poco peso avrebbe sull'arte moderna italiana. Il disegnino di De Chirico non ci offre la minima misura della sua originalità. Le firme di Fontana e di Soldati (citiamo a caso) sono su questi fogli intercambiabili. L'arte degli astrattisti si riduce a piccoli grovigli, macchie, ghirigori. Non ci fosse l'indicazione dei nomi, nove volte su dieci si sbaglierebbe l'attribuzione; o si tirerebbe a indovinare. Nella categoria «'disegno» si ha poi di solito il torto — appunto in base alla suddetta spontaneità e sincerità — di includere, come prova d'arte, anche ciò che per uno scrittore ha soltanto funzione di appunto mnemonico sul taccuino; e se si tratta di un autore famoso, si accetta qualsiasi sgorbio (che magari il presuntuoso autore ha firmato e datato) come un capolavoro o come un dato di estremo interesse per la «storia» di codesto autore; mentre quei quattro segni su un pezzo di carta possono tutt'al più aver soltanto valore di « curiosità » da collezionista: al modo stesso che una prova d'impasto coloristico sulla tavolozza, sia pure di Picasso o di Braque, non è creazione artistica, non significa nulla. Perciò anche nella mostra alla «Bussola» — una mostra con un titolo molto impegnativo — bisogna distinguere fra disegni bellissimi, che hanno veramente una loro compiutezza stilistica e svelano un intento di poetica espressione (Menzio. Viani, Casorati, Cantatore, Paulucci, Manzù, Guttuso. Calandri, Birolli, Aimone, Bartolini, Tornea, Martini, ecc.) e disegni — se così si possono chiamare parecchi rapidi accenni a una forma qualsiasi — che valgono soltanto per una firma. Ma questo breve discorso non convincerà i soliti fanatici a proposito, poniamo, di quel niente che reca in calce «Morandi 1960». Infatuazioni, del resto, naturali. Batti oggi batti domani, il chiodo affonda. Si espone Perini, Pomodoro, Crippa, Burri; che poi Massimo Quaglino pubblichi adesso un album di sessanta eccellenti disegni presentati da Angelo Dragone e Francesco Rosso, Vacanze in Spagna. non conta nulla. Quaglino nella mostra n^n c'è; egli è fuori moda. * * E poiché si parla di disegni, eccone un gruppo di splendidi esposti con litografie e bronzetti da Pelici» Fazzini alla « Cavurrina ». Fazzini è uno dei più sensibili e fantasiosi scultori italiani d'oggi, e questi fogli dimostrano la varietà e la libertà della sua ispirazione. Disegni, inoltre, che nello studio del movimento vivacissimo ben s'accordano con la sua scultura, della quale vediamo qui un vertice: lo stupendo Gatto che si avrebbe il torto di definire «arcaico» o « egiziano ». in quanto è opera magnifica assolutamente fuori, e al di sopra, d'un determinato tempo. La piccola mostra è completata dai gioielli modellati dallo scultore Giuseppe Tarantino in oro ed amdsndcstsnnslLtzMtcc«tsllelnnvtddlc argento, di solito senza gemme e perciò affidati al senso d'invenzione, pezzi unici di gusto raffinato. * * Fino a venticinque anni fa nessuno badava alle litografie di Pierre Bonnard (1867-1947), che nel gruppo dei Nabis era stato soprannominato — tanto amava la grafica giapponese — «le Nabis très japonnard ». Oggi le sue stampe vanno alle stelle, rivaleggiano (non soltanto per i prezzi, ma per l'arte) con quelle di Toulouse Leutrec. Giustamente: La petite blanchisseusc, 1896, è senza dubbio, come scrisse RogerMarx, « un capolavoro della litografia a colori»; e così le copertine per la Revue Bianche di Thadée Natanson. «L'Art Ancien» ci offre un'antologia bonnardiana che nella sua squisitezza e anche un delizioso documento di costume, lo specchio fedelissimo di una epoca, di un clima poetico: dall'ultimo Maupassant a Verlaine e Rimbaud, dall'Impressionismo al Simbolismo. Quale la virtù somma di Bonnard? L'attitudine a cogliere la verità del mondo e della vita con una discrezione pudica, e a ricrearla In immagini di una grazia commovente. mar. ber.

Luoghi citati: Pelici, Spagna