Per le 14 regioni da istituire una spesa annua di 200 miliardi

Per le 14 regioni da istituire una spesa annua di 200 miliardi II ministro del Bilancio a ««Tribuna politica** Per le 14 regioni da istituire una spesa annua di 200 miliardi Non sarebbe un altro onere per il contribuente, ma sostituirebbe servizi attualmente a carico dello Stato - I dipendenti non potranno superare il numero di 8500, provenienti dalle amministrazioni locali e da quella centrale -1 nuovi Enti disporranno di poteri e funzioni minori delle regioni a statuto speciale e potranno esercitare su queste un'influenza moderatrice {Nostro servizio particolare)^ Roma, 5 dicembre. Nel corso della trasmissione televisiva di « Tribuna politica > il ministro del Bilancio La Malfa è stato questa sera intervistato dai giornalisti Magnano, Forcella e Trionferà sui problemi finanziari ed amministrativi delle regioni a statuto ordinario. In una breve premessa La Malfa ha ricordato come quello delle Regioni sia un problema vecchissimo: della loro istituzione furono sostenitori nel Risorgimento sia uomini di parte repubblicana come Cattaneo e Ferrari, sia uomini di parte liberale come Cavour e Minghetti. In questo secolo la causa del regionalismo fu tenacemente e calorosamente difesa dal movimento politico dei cattolici, a cominciare da Luigi Sturzo. Lo stesso Giolittl, in un discorso del giugno 1921, parlò dell'opportunità di « rappresentanze elettive delle singole Regioni ». Non è quindi un caso se, caduto il fascismo, la Costituente si pronunciò per l'istituzione delle Regioni, distinguendo per altro fra Regioni a statuto speciale (le quattro già costituite più la Friuli-Venezia Giulia), per alcune materie di poteri legislativi autonomi, e regioni a statuto ordinario, capaci di legiferare solo nell'ambito delle leggi dello Stato. Altra differenza sostanziale: le Regioni a statuto speciale, tutte periferiche e con problemi loro propri a causa dell'insularità (Sicilia e Sardegna) o della presenza di genti alloglotte, sono create con leggi costituzionali; per quelle a statuto ordinario è invece sufficiente una legge ordinaria. E neppure è un caso se le forze politiche che sostengono l'attuale governo si sono pronunciate per l'attuazione dell'ordinamento regionale: non si tratta di un residuo antimonarchico o antiliberale come ha. sostenuto qualcuno, ma di uno strumento di sviluppo democratico, destinato a completare l'intelaiatura costituzionale dello Stato repubblicano. Con ciò — ha detto La Malfa — si darà finalmente soddisfazione all'esigenza delle popolazioni locali di veder discussi e risolti i loro problemi in una sede più vicina (e più competente) dove la loro voce è più ascoltata. La persistente polemica c contro Roma » trae alimento e giustificazione dagli eccessi dell'accentramento politico e burocratico di origine napoleonica. Lungi dall'essere un istituto vecchio, le Regioni — ha detto ancora il Ministro — sono una articolazione moderna dello Stato democratico: con nomi diversi, le si trovano in quasi tutti i Paesi di più solida democrazìa; d'altra parte, senza di esse qualunque politica di programmazione rimarrebbe sospesa nel vuoto per mancanza di « interlocutori validi » sul piano locale. La riprova è stata offerta nei giorni scorsi dal Commissario al piano francese, Pierre Masse, il quale ha additato nella regionalizzazione uno degli obiettivi del piano in corso di applicazione nel suo Paese. Quanto al costo delle Regioni, La Malfa ha detto che il metodo di calcolo adottato dalla Commissione Tupini può considerarsi corretto: le quattordici Regioni da istituire, proprio per il fatto che dispongono di minori poteri e di minori funzioni di quelle a statuto speciale, dovrebbero comportare una spesa di circa duecento miliardi l'anno; si tratta per giunta di una spesa sostitutiva e non aggiuntiva, in quanto alla maggior spesa delle Regioni per l'assunzione di servizi prestati dallo Stato, dovrebbe corrispondere una riduzione analoga a vantaggio del bilancio statale. Quel che vale per i servizi dovrebbe valere per il personale: esiste una norma costituzionale che consente per le Re gioni a statuto ordinario di bloccare ■ il numero dei dipendenti entro il limite prefissato dello 0,2 per ogni mille abitanti; le nuove Regioni non potranno quindi avere nel complesso più di 8500 dipendenti, tutti provenienti — è questo un punto fondamentale — dall'am¬ mgnnmRMpshgeemvsv ministrazione dello Stato o dagli Enti locali. Dopo avere affermato che le nuove Regioni a statuto ordinario avranno una influenza moderatrice nei confronti delle Regioni a statuto speciale, La Malfa ha detto di sperare che possano venire istituite nel corso della presente Legislatura; ha quindi concluso invitando gli ascoltatori a non avere una eccessiva « paura del nuovo » e a saper affrontare con animo non prevenuto quelle prove e quelle esperienze che costituiscono tanta parte della vita democratica. ar. b. 11T11111M111111MI ! 1111111111M11 < 1111111M11 1M111

Luoghi citati: Friuli, Roma, Sardegna, Sicilia, Venezia Giulia